mercoledì 30 settembre 2020

x Huffgton Post by Angela Mauro - Il ritorno di Rutte. L'Olanda minaccia lo stop al Recovery fund

 


Gli olandesi bocciano la mediazione italo-tedesca sullo stato di diritto, pronti a bloccare il piano anti-crisi nel loro Parlamento. Esattamente come Orban, ma per motivi opposti. La Commissione presenta il primo rapporto sulle violazioni in Ue

Mark Rutte torna alla carica sul recovery fund. Ora il premier olandese, capofila dell’offensiva dei paesi frugali contro il ‘Next generation Eu’, minaccia di bloccare il piano anti-crisi nel Parlamento de L’Aja se non verrà migliorata la parte di condizionalità legata allo stato di diritto. Oggi, nella riunione degli ambasciatori dei 27 Stati membri, l’Olanda ha votato no sulla mediazione italo-tedesca sullo stato di diritto, esattamente come hanno fatto gli altri frugali (Finlandia, Danimarca, Austria) e anche Polonia e Ungheria. I primi la ritengono troppo blanda, i secondi troppo severa.

Contrari anche Belgio e Lussemburgo. La proposta è passata a maggioranza qualificata, ma, avvertono fonti olandesi, se rimarrà tale, l’Olanda bloccherà l’erogazione dei fondi. 

Come? Non approvando la parte del recovery fund che necessita della ratifica da parte dei Parlamenti nazionali. Vale a dire il capitolo sull’introduzione di nuove risorse proprie, digital tax, carbon tax e tasse sulle transazioni finanziarie che servono per ripagare il debito comune da recovery fund, che altrimenti sarebbe in parte scoperto. E’ esattamente la stessa minaccia di Viktor Orban, a conferma che, a due mesi dalla nascita, il recovery fund è vittima di veti incrociati nell’Ue. Tanto che, si apprende da fonti europee, molto probabilmente i leader ne dovranno riparlare al consiglio europeo del 15 ottobre.

Gli olandesi criticano la proposta di mediazione avanzata dalla Germania e sostenuta dalla maggioranza dei paesi europei tra cui l’Italia perché, a loro dire, limiterebbe gli spazi di manovra della Commissione europea per far rispettare lo stato di diritto in Europa. “Se la proposta rimarrà tale – dice una fonte diplomatica olandese – allora il nostro Parlamento non approverà la parte sulle risorse proprie”. E ancora, aggiunge la stessa fonte: “La Commissione è guardiana dei trattati, dovrebbe avere spazio per prendere una decisione” rispetto a chi li viola, “limitare il suo spazio di manovra è sbagliato”.

La speranza olandese, viene spiegato dalle stesse fonti diplomatiche, è che sia il Parlamento europeo a bocciare la mediazione italo-tedesca nella trattativa in corso con la presidenza tedesca (all’Eurocamera spetta la parola finale sul bilancio pluriennale europeo a fine anno, bilancio che è legato al recovery fund). In effetti, il testo non piace ai negoziatori dell’Eurocamera che lo ritengono troppo vago o comunque difficile da applicare, perché bloccherebbe l’erogazione dei fondi europei solo in caso di violazioni accertate dello stato di diritto, clausola difficile da dimostrare. Si pensi solo che il Consiglio europeo ha dossier aperti su Polonia e Ungheria da tempo ma ancora non riesce ad aprire procedure. Il Parlamento chiede che sia sufficiente appurare una situazione “generalizzata” di violazioni per bloccare i fondi Ue.

Dunque, ora tocca al Parlamento europeo che, con la levata di scudi olandese, si vede rafforzato nella trattativa. Ma il rischio di ritardare l’erogazione del recovery fund si fa sempre più concreto. “E’ aumentata la mia preoccupazione che, col dibattito acceso sul meccanismo sullo stato di diritto nell’Ue e al Consiglio, si vada sempre più incontro ad un blocco sull’insieme dei negoziati sul Bilancio - dice l’ambasciatore tedesco presso la Ue, Michael Clauss - Il programma continua ad essere ritardato. Già ora, saranno molto probabilmente inevitabili ritardi con conseguenze per la ripresa economica dell’Europa”. 

Da parte italiana, si temono ritardi nella ratifica della parte sulle risorse da parte dei Parlamenti nazionali. Il che vorrebbe dire far slittare il pacchetto di aiuti. In teoria, le ratifiche nazionali dovrebbero essere completate entro il primo gennaio. Fonti socialiste dell’Europarlamento rilevano un uso strumentale dello stato di diritto nella nuova trattativa. Secondo loro, gli olandesi brandiscono il tema solo per ritardare il recovery fund, pacchetto che in fondo Rutte ha dovuto ingoiare a luglio: ancora oggi si ritrova a doverlo giustificare di fronte all’opinione pubblica olandese e agli attacchi dell’opposizione in Parlamento. E’ un sospetto che a Roma diventa quasi una certezza: gli olandesi fanno “ostruzionismo per allungare i tempi del pacchetto in quanto a marzo hanno le elezioni politiche”, dice una fonte Ue.

Ad ogni modo, l’accusa degli olandesi, secondo cui la proposta italo-tedesca spoglia la Commissione europea di poteri contro chi viola lo stato di diritto, ha un suo fondamento. Già prima di questa proposta, l’esecutivo di Palazzo Berlaymont non poteva decidere granchè su queste – e anche altre – materie: tutto demandato agli Stati membri. La nuova mediazione di fatto cristallizza questa situazione di impossibilità ad agire.

Proprio oggi la Commissione ha presentato il primo rapporto sul rispetto dello stato di diritto negli Stati membri. E’ una mappa completa, non ci sono solo i casi più chiacchierati di Polonia e Ungheria, per ogni paese dell’Ue vengono elencati i punti critici, già segnalati in passato da Bruxelles. Ma non è l’anticamera di nuove procedure: quelle restano nelle mani degli Stati membri. Piuttosto, dice il commissario alla Giustizia Didier Reynders, il rapporto ”è uno strumento aggiuntivo” per arrivare ad un “dialogo” con gli Stati membri sui problemi riscontrati.

L’Italia finisce nel mirino per: giustizia lenta e ingolfata e scarsa indipendenza dei media e anche per gli attacchi alle associazioni non governative. “L’indipendenza politica dei media italiani resta un problema a causa della mancanza di un efficace sistema che prevenga i conflitti d’interesse in particolare nel settore audio-visivo”, scrive la vicepresidente della Commissione europea Vera Jourova nel rapporto.

Spicca comunque l’Ungheria, dove preoccupa “l’indipendenza della magistratura”, anche se il sistema giudiziario “funziona bene per quanto riguarda la lunghezza dei processi e ha un alto livello di digitalizzazione”, e la lotta alla corruzione: “Quando emergono accuse serie, c’è una sistematica mancanza di azione determinata per indagare e perseguire i casi di corruzione che riguardano politici di alto livello o il loro inner circle”. E poi scarso “pluralismo dei media”, anche perché, oltre alla concentrazione della proprietà, il governo esercita una “influenza politica indiretta” sui media grazie alla pubblicità. I media indipendenti, si legge, devono fronteggiare “intimidazioni sistematiche”, mentre la tendenza ad acquistarli “solleva ulteriori preoccupazioni”. In generale “la debolezza delle istituzioni indipendenti e l’aumentata pressione sulla società civile indeboliscono ulteriormente i pesi e contrappesi” necessari in democrazia.

Ecco: c’è tutto questo sullo sfondo del nuovo braccio di ferro sul recovery fund. Sembrava fatta, a luglio. E invece no: Rutte non si dà per vinto.

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