“Amore mio…, oggi sono esattamente 3 anni di noi, 3 anni. A prenderci e lasciarsi in continuazione… avevo la mia vita come tu avevi la tua.. ma non abbiamo mai smesso di amarci.. dopo 3 anni ti stavo vivendo ma la vita mi ha tolto l’amore mio più grande la mia piccola. Non posso accettarlo, perché Dio non ha chiamato me? Perché proprio a te amore mio.. non riesco più a immaginare la mia vita senza te.. non ci riesco”.
Così il “trans di Caivano”, col cuore spezzato, saluta – ovviamente su Istagram – la fidanzata Paola Gaglione, 18 anni, uccisa dal fratello che non voleva che si fidanzasse col trans.
Immediata l’alt accusa dell’Arcigay di Napoli, devotamente raccolta da Repubblica:
“Chiaro ed evidente che si tratta di un’azione che ha portato una ragazza innamorata di un ragazzo trans a subire la condanna di una cultura patriarcale inevitabilmente assoggettata al predominio, una forma di padronanza della donna, e a Ciro di essere vittima di transfobia. In questa situazione confluiscono due concetti fondamentali e purtroppo violenti. Uno è il femminicidio e l’altro è la transfobia”. Così parla Daniela Falanga, “presidente dell’Arcigay Napoli e prima donna transessuale a presiedere il circolo”.
Repubblica commenta: “Ora più che mai si è giunti ad un punto di non ritorno, dove la legge contro l’omolesbobitransfobia, è diventata necessaria.
Sicuramente il governo varerà la legge così invocata. Il fratricidio, per così dire, è stato provvidenziale per la Causa LGBT. Al punto che si sta mettendo tra parentesi il fatto veramente rivoluzionario:
in tutto il mondo, un transessuale è uno che concupisce i maschi; che prende ormoni femminili per farsi crescere il seno, e mette da parte i soldi per farsi operare e dotarsi di una falsa vagina. A Caivano, abbiamo il trans che ama, concupisce, si fidanza con una donna. Insomma il trans eterosessuale. Un’altra geniale invenzione napoletana, pari solo al turco napoletano dell’immortale principe De Curtis.
Il fatto è stato ritenuto increscioso solo da Arcilesbica Nazionale, la quale ha postato: “La transessualità non si autocertifica, ci sono passi da fare ben precisi. Il fatto al momento non smentito è che Cira Migliore non ha mai iniziato alcun percorso di transizione. In caso questo venga ufficialmente rettificato, provvederemo a chiamarlo Ciro, trans ftm, da femmina a maschio”.
Lasciamo volentieri la polemica a loro, e ci chiniamo invece su Ciro: cosa lo ha indotto a considerarsi trans benché etero, ad essere accettato come trans dalla famiglia, e tale anche dal fratello della sua ragazza? E dalla povera ragazza stessa , che ha postato immagini di sé seduttiva da discoteca?
Senza atteggiarci a psichiatri, ci pare di notare qui una confusione generale a Caivano: un”trans” è uno che va cogli uomini. Per definizione. Punto. Oso ipotizzare che Ciro e l’intera Caivano non abbiano quel minimo di cultura generale che occorre anche per vivere in questa modernità perverso-polimorfa; che siano stati suggestionati dal discorso pubblico totalitariamente pro-LGBT che echeggia da tutti i media progressisti, e che loro non hanno i mezzi intellettuali per capire davvero. Come la maggioranza degli italiani crede davvero che il virus li minacci perché lo ripetono i media, e accetta confinamenti disastrosi per il suo benessere economico e sanitario, così non è strano che una comunità ai margini della propaganda ideologica LGBT la beva e se ne “senta parte”. Della propaganda, Ciro ha colto questo: che dichiararsi trans dà dei diritti, e quindi li ha rivendicati. Magari non esclude, in futuro, di ottenere un reddito-gay che i 5Stelle possono benissimo decretare per la categoria
Un mio recente a casuale conversare con una quindicenne mi ha mostrato che è proprio così: nel piccolo branco, si parla molto del tema, e improvvisamente ci sono molti maschietti che si fidanzano con le ragazze, ma si dicono omosex, ed esigono rispetto per “la mia scelta di vita”, o “la mia identità”o cose del genere. La quindicenne, benché intelligente , non coglieva la falsità della situazione, e ovviamente ha difeso i suoi compagni “omosessuali” contro le obiezioni di papà e del sottoscritto, accusandoci di nutrire pregiudizi, di essere omofobi … come è inevitabile in gente “così vecchia”.
Impressionante la permeabilità di una propaganda che dovrebbe essere, semplicemente, inaccessibile ad adolescenti in difficoltà-rivolta puberale. L’effetto, purtroppo, è quello descritto crudamente da D’Agostino:
LA PEGGIO GIOVENTÙ – DAGO: “SI DÀ IL CASO (MA NON È UN CASO) CHE L’ANNO DEL COVID HA MESSO IN SCENA LA GIOVINEZZA PIÙ STRONZA; TALMENTE VILE E IDIOTA CHE FA VENIRE VOGLIA DI GETTARLA NELL’OLIO BOLLENTE, COME UN SOFFICINO FINDUS. COME MAI, DA ELVIS A GINSBERG, DAI BEATLES A FRANK ZAPPA, SIAMO FINITI A QUESTI CRETINI SENZA PASSATO NÉ FUTURO – ROMPIBALLE DI GIORNO, INSOPPORTABILI DI POMERIGGIO, PERVERSI DI NOTTE, CAPACI SOLO DI AVERE I “NASI COMUNICANTI’’ PER UN TIRO DI COCA?”
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Roberto D’Agostino per VanityFair.it
Che comincia con una citazione di Vasco Rossi, il cantante per senttire il quale i “giovani” si muoivono in 250 mila pagando 50 euro a testa :
“A un giovane fan che l’aveva perculato su Instagram (“Da ‘vita spericolata’ a vita in mascherina che tracollo che hai fatto. Brutta fine”), il 68enne Vasco Rossi ha replicato a martellate: “Io la mascherina la metto anche sulle mani e pretendo che la indossino tutti quelli che per qualsiasi motivo mi avvicinano. A tutti gli squilibrati, negazionisti, terrapiattisti, complottisti e socialmentecatti vari impegnati a insultarmi quotidianamente sul web dico di nuovo di andare allegramente a farsi fottere!’’
Ggiovani che Carlo Verdone descrive così_: “Mi fa incazzare l’omologazione che avvolge i giovani. Sono tutti uguali: nei capelli, nei tatuaggi, nel gergo. Nessuno riesce a distinguersi davvero”.
Ragazzi che “s’imbottigliano in discoteca a mezzanotte, e si mettono a nanna alle otto del mattino, “strippati” e lessi. – rompiballe di giorno, perversi di notte, insopportabili di pomeriggio, capaci solo di avere i “nasi comunicanti’’ per un tiro di coca?
Al di là del fatto che anche D’Agostino crede alla realtà del contagio (è un obbligo se non vuoi essere bandito dai salotti cafonal dei Ricchi di Stato romaneschi), mi sento di sottoscrivere la sua proposta rieducativa:
Dopo averli mandati a svacanzare in Sardegna o a Panarea, ora portateli a visitare gli ospedali. La repressione del vociare e dell’allegria sarebbe automatica, fin dall’entrata. Fategli vedere, per gradi, a seconda dell’età, tutto: sale operatorie, obitorio, oncologia, aids, parto, grandi ustionati, bambini, pronto soccorso, rianimazione. Imparino che la gioventù non è una stagione della vita, è solo uno stato mentale.
Perché l’ignoranza e la pochezza ha già prodotto un fratricidio . Per un eqquivoco.
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