mercoledì 9 settembre 2020

Alessandro De Angelis x Huffington Post - Scissi. La separazione fra sinistra e parte del suo popolo

 Sinistra

Da un lato l'arrocco da Palazzo di Franceschini. Dall'altro lato l'"andate a cagare" di Saviano e la delusione delle Sardine per il Pd subalterno ai 5 stelle. Per “non perdere” contro la destra, forse la prima cosa sarebbe “non perdersi”







Ecco, comunque vada, anche se il centrodestra dovesse vincere le Regionali 4 a 2, 5 a

 1, 6 a 0, Caporetto o non Caporetto, il Governo andrà avanti. Andrà avanti se vincono

 i No al referendum o se vincono i Sì e, se dunque, il popolo vorrà un Parlamento più 

snello che sostituisca l’attuale, ma potrà averlo solo tra tre anni. Andrà avanti a

 prescindere, come ha spiegato Dario Franceschini in una monumentale

 intervista alla Stampa, che neanche Bettino Craxi. Il quale avrà anche invitato la gente 

ad andare al mare, ma poi prese atto che il paese non aveva fatto il bagno, ma aveva

 mandato al diavolo chi si era arroccato nel Palazzo, e ne trasse le conseguenze. Andrà

 avanti anche a costo di una lacerazione a sinistra, già in atto, profonda e dolorosa.

Occhio che questa, tecnicamente, si chiama “scissione”: politica, sentimentale, tra sinistra

 e popolo, sinistra e un pezzo del suo popolo. Leggetela bene l’intervista di Franceschini e 

leggete bene le parole di Roberto Saviano, il suo “andate a cacare, voi e le vostre bugie” 

perché il “Pd vota Sì solo per la sopravvivenza del Governo e il suo obiettivo è esserci

sempre, comunque e a ogni costo”.

Leggete anche l’ultimo post delle Sardine, foto di Zingaretti e Di Maio che si stringono

 la mano con la scritta “non ci fidmaio”, un autentico e impietoso manifesto di sfiducia 

verso il partito e il gruppo dirigente nel quale iniettarono sangue vivo nelle vene ai tempi

 delle elezioni in Emilia Romagna. Oggetto della sfiducia un “partito che continua prendere

 dei pali nei denti da parte di un leader populista”: “La riforma della legge elettorale che 

Bonaccini dava per certa si è già arenata perché Renzi non la vuole, i correttivi che Bersani 

dà per ovvi sono ancora tutti da discutere, la grande stagione di riforme che Zingaretti vede

 alle porte non la vede nessun altro, la revisione dei decreti sicurezza che Delrio annunciava

 mesi fa è rimasta un miraggio, alle regionali invece di fare fronte comune tocca sperare 

nelle sardine perché “siamo disperati”, il Mes che ci servirebbe come il pane non lo

 possiamo usare e Dulcis in fundo: se a inizio ottobre cadesse il Governo si andrebbe a 

votare con i listini bloccati e le rinunce pilotate e allora sì che la Kasta avrà vinto per

 davvero!”.

 

Parole dure, addolorate, rumorose quanto il silenzio con cui sono state accolte da un gruppo

 dirigente che, con questi mondi vive un rapporto, più che d’amore, di palese strumentalità.

 Per cui “viva Saviano” se al Viminale c’è Salvini, ma scompare anche dalle prime pagine 

dei giornali se gli stessi valori che animano l’invettiva sono rivolti verso un gruppo dirigente

 poco avvezzo a mettersi in discussione. E “viva le Sardine”, quando arrivano in soccorso

 per vincere le elezioni – ricordate il percorso comune, la contaminazione, l’idem 

sentire – poi però, quando diventano lo specchio rotto della propria coerenza, meglio girarsi

 

dell’altra parte.

Parlateci con le Sardine, lodate, stralodate, così educate, politicamente corrette, quando

 facevano inziative buoniste - gli striscioni sui marciapiedi e le poesie nelle scuole - senza 

disturbare il manovratore. Vi racconteranno che sono imbarazzate, arrabbiate, deluse, per 

questo atteggiamento di partito guida che non guida, che, proprio in queste ore, chiede aiuto 

quasi come un riflesso d’ordine di fronte al “pericolo della destra”, senza aver accolto una

 sola istanza, un consiglio, un suggerimento.

Quel post vuole dire anche questo. Vuole dire: in questi mesi abbiamo risuscitato Bonaccini,

 senza ricevere neanche un grazie, abbiamo fatto un tour in tutta Italia senza chiedere niente,

 siamo partiti da casa Matteotti, poi passati per casa Pertini, con manifestazioni in tutte le

 Regioni dove si va al voto, tranne la Campania dove il rischio sovranista non c’è perché “

c’è un sovrano” (copyright di Jasmine Cristallo). In questi mesi abbiamo chiesto un fronte

 largo e, invece di trovare candidati per costruirlo, avete riconfermato tutti gli uscenti, non 

tanto potabili neanche per i nostri. E ciononostante abbiamo fatto manifestazioni in Puglia 

dove Emiliano nelle liste ha imbarcato mezzo centrodestra e anche il sindaco di Nardò che

 non si offende a essere bollato come fascista. E sabato prossimo saremo in Toscana, a 

Cascina, dove la Ceccardi da sindaco vinse con la caccia agli immigrati, ci andiamo per 

darvi una mano perché il candidato vostro, lo dicono tutti, non tira, lo sanno anche i sassi, 

fa fatica a riempire le sale e annoia anche in tv.

Insomma, non ci avete ascoltato su nulla, sul Parlamento, sull’immigrazione e ora, proprio

 ora, ci chiedete aiuto senza ascoltare un sentimento che va nella parte opposta alla direzione 

che avete intrapreso. Perché, per “non perdere” contro la destra, forse la prima cosa è “non 

dividersi”, Emilia Romagna docet. Diciamolo, il problema è enorme, squadernato nella sua

 drammaticità: il cuore pulsante di un partito di sinistra è un’idea di cambiamento, più o

 meno moderato, più o meno radicale, ma cambiamento. Dire “qualunque cosa non cambia 

nulla”, non per i prossimi tre mesi ma per i prossimi tre anni, è proprio il segno di una

 mutazione genetica. È il Palazzo, scisso dalla realtà.

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