In Africa sembra essere in atto un secondo processo di decolonizzazione, dopo il primo tentativo dopo la Seconda Guerra Mondiale, per certi versi fallito. Vi avevamo dato recentemente conto del cambio di equilibrio in diversi Stati del Sahel, tra cui il Niger che ha sottratto il monopolio dell’uranio ai francesi, oltre al Mali e al Burkina Faso.
Il cambiamento in Senegal
A questi tre Stati ne va aggiunto un terzo che fa parte dell’Africa occidentale: il Senegal. Facciamo un passo indietro.
Nel marzo scorso si erano tenute le elezioni presidenziali che avevano portato ad un risultato storico: la vittoria del 43enne outsider Bassirou Diomaye Faye contro Macky Sall, che aveva ricoperto la carica di Presidente fin dal 2012. Un esito dirompente perché Faye è rappresentante del partito PASTEF, movimento socialista panafricanista.In particolare il PASTEF si pone l’obiettivo di emancipare il Senegal dalla dipendenza subita dall’ex padrone coloniale francese, riducendo allo stesso tempo lo sfruttamento delle risorse naturali da parte di multinazionali occidentali.
Il nuovo Presidente si è però trovato subito di fronte ad un ostacolo: l’assemblea legislativa, composta ancora secondo le logiche della tornata elettorale precedente, stava facendo muro a tutte le iniziative e proposte di legge. Si arriva così a settembre quando Faye ha deciso di sciogliere il Parlamento e indire elezioni anticipate.
Gli obiettivi antioccidentali del PASTEF
L’appuntamento è per la seconda metà di novembre e a trionfare è ancora una volta il PASTEF con una larga maggioranza: 54,9% di voti contro il 14,6% del partito dell’ex Presidente Macky Sall. La maggioranza in Parlamento può così dare gli strumenti per attuare il programma politico del PASTEF.
In cima alla lista dei desideri c’è la riforma dell’ECOWAS, Comunità economica dei paesi dell’Africa occidentale, garantendo innanzitutto il rientro dei Paesi espulsi: Mali, Niger e Burkina Faso. E poi eliminando la sudditanza che questa organizzazione ha nei confronti dell’occidente e della Francia in particolare.
Sul piatto delle proposte c’è poi la revisione di tutte le concessioni di sfruttamento delle risorse naturali del Paese ora in mano straniera. Il Senegal è, tra le altre cose, ricco di oro, la cui estrazione è per lo più affidata Sabodala Gold Operations, che fa capo alla canadese Endeavour Mining. Nel Paese sono stati poi recentemente scoperti nuovi e importanti giacimenti di petrolio e gas, per il momento gestiti anche questi da multinazionali estere. Ricordiamo infine che la valuta del Senegal è il franco CFA, moneta la cui emissione e circolazione è in buona parte controllata dalla Francia.----
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