lunedì 4 novembre 2024

BYOBLU24 - CONFLITTO MAGISTRATURA-POLITICA? È LA DEMOCRAZIA – Domenico Gallo, ex Presidente Corte di Cassazione

 

Domenico Gallo, ex Presidente Corte di Cassazione:"Da parte nostra l’unica cosa che possiamo fare è smettere di alimentare una guerra inutile, tra l’altro contraria all’articolo undici della Costituzione italiana, continuando a mandare armi e munizioni all’Ucraina”.

In esclusiva su Byoblu, parla il magistrato ed ex presidente della Corte di Cassazione Domenico Gallo. Ospite di Max Rigano nella Rassegna stampa “Sempre sul pezzo”, il magistrato affronta la questione “magistratura vs politica”. Il casus belli l’ha creato, ultimamente, la questione immigrazione, con particolare riferimento al protocollo con l’Albania.

Il tutto si gioca sulla fattispecie del “paese sicuro“: quello che per il Governo italiano è “sicuro” per la magistratura non lo è. Per la maggioranza dunque, la magistratura starebbe esondando dal proprio ruolo, comportandosi da organo politico.

Quale rapporto c’è tra le due istituzioni, allora? E soprattutto le leggi europee hanno priorità e quindi è l’Europa che deve stabilire quali sono i paesi sicuri? Oppure è lecito da parte dell’Italia poter stabilire da sé quali sono i Paesi sicuri e dove potranno essere rimpatriati gli eventuali migranti intercettati dalle nostre forze militari e poi accompagnate in Albania?

Magistratura vs politica

“Il punto di partenza sono le direttive europee, risponde Gallo. “Ci sono due direttive europee, una del 2005 e un’altra del 2013, che attribuiscono agli Stati nazionali la facoltà di determinare una lista dei Paesi sicuri ai fini, diciamo così, del trattamento accelerato dei richiedenti asilo e del rimpatrio accelerato.

Però se gli Stati nazionali hanno la facoltà di stabilire questa lista di Paesi sicuri, la determinazione del Paese sicuro non è affidata alla discrezionalità politica, ma deve seguire rigorosamente i presupposti indicati dalla normativa europea.

Ecco, è molto semplice, non si può definire qualunque Paese un Paese sicuro. Uno Stato non appartenente all’Unione europea, così dice la direttiva, può essere considerato paese di origine sicuro se sulla base del suo ordinamento giuridico, dell’applicazione della legge all’interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che in via generale e costante non sussistono atti di persecuzione o di tortura, né pene o trattamenti inumani o degradanti e via dicendo.

Vorrei spiegare che la scelta del Paese sicuro non è affidata a una discrezionalità politica assoluta, ma si tratta di una discrezionalità tecnica nell’ambito delle linee guida.

Ovviamente il primo organo che deve vigilare sul rispetto di questi criteri di discrezionalità tecnica è il giudice, perché il giudice italiano è anche un giudice europeo, in virtù del diritto europeo. Quindi il primo organo dell’Unione europea che deve verificare se sono stati rispettati i criteri stabiliti dalle direttive che sono state recepite nell’ordinamento italiano, ebbene, il primo organo dell’Unione europea è il giudice, perché il giudice è anche giudice del diritto europeo e quindi la pretesa di qualificare come politico l’intervento del giudice è assolutamente sbagliata.

Non è un intervento politico, è un intervento di controllo perché il giudice un’autorità di controllo e questo controllo poi in questo caso è finalizzato al rispetto dei diritti umani fondamentali. E mi spiego meglio questa lista dei Paesi sicuri viene, diciamo così, predisposta per facilitare il rigetto delle domande di asilo e il rimpatrio dei richiedenti asilo, perché comporta una serie di limitazioni, una forte compressione del diritto di asilo.

E quindi chi viene da un Paese sicuro o porta con sé le carte di una sentenza che dimostra che è stato condannato a morte, oppure inevitabilmente viene rispedito indietro nel paese sicuro, la sua domanda di asilo non viene accolta.

I tempi sono strettissimi e per giunta il richiedente asilo che proviene da Paesi sicuri non ha diritto di restare sul territorio nazionale durante l’espletamento dei mezzi di impugnazione, quindi se la domanda di asilo viene rigettata e il richiedente asilo propone impugnazione, comunque può essere rimpatriato, mentre nella procedura normale il richiedente asilo non può essere rimpatriato fino a quando non siano stati esauriti tutti i mezzi di impugnazione.

Quindi può bastare anche sei mesi, un anno 2 anni. Invece c’è una procedura, diciamo così, espressa e questa procedura espressa intanto può essere costituzionalmente ammissibile. Teniamo presente che il diritto d’asilo, il diritto garantito dai principi fondamentali della nostra Costituzione, intanto può essere ammissibile, in quanto può essere sicuro sia veramente sicuro.

Ora noi abbiamo visto che con decreto legge è stato dichiarato paese sicuro l’Egitto, dove si è verificato la barbara uccisione, tortura di Regeni e in cui tra l’altro non si possono nemmeno perseguire i responsabili di quella di quella tortura e di quella uccisione che pure sono stati individuati dalla e dalla magistratura italiana.

E quindi come si fa a definire l’Egitto un Paese di sicuro? È come se qualcuno volesse dire che i cani sono gatti oppure i gatti sono cani? La legge non può tutto, non può cambiare la natura delle cose, non si può cambiare la natura di un regime autoritario e violento e persecutorio come l’Egitto, dichiarando “no, non esiste persecuzione, non esiste niente”.

Domenico Gallo si pronuncia anche sulla dichiarazione di alcuni giudici del Tribunale di Bologna che hanno affermato che per l’Italia anche la Germania nazista sarebbe stato un Paese sicuro. Dichiarazione che ha generato non pochi malumori.

“Quella la questione del riferimento alla Germania nazista è un paradosso che crea una sorta di violenza ermeneutica, cioè tende ad aprire il pensiero estremizzando dei concetti. Ora, quando il governatore del Friuli dice che è pericoloso per la democrazia lo scontro giudici politica, ha ragione, ma non è che i giudici si scontrano contro qualcuno.

C’è un’aggressione all’esercizio indipendente del potere di controllo giudiziario: il potere di controllo investe tutto, perché finalizzato poi alla tutela dei diritti umani fondamentali. Chi deve tutelare i diritti umani fondamentali? Solo il giudice lo può fare. E allora c’è un’insofferenza, diciamo così, da parte dei poteri politici e da parte dei media, che corteggiano questi poteri politici, nei confronti dell’esercizio del controllo di legalità, in questo caso di legalità costituzionale e di diritto europeo, effettuato dai giudici.

Dove non c’è questo conflitto, parliamoci chiaro, non c’è la democrazia. Si può immaginare in Egitto un conflitto fra la magistratura che vuole processare gli assassini di Regeni e il governo che di questi assassini è il mandante? No. E impossibile, cioè in uno Stato non democratico non esiste conflitto perché la magistratura è un organo del potere politico.

Chiaramente, il rischio di esondare è sempre possibile, perché è possibile un provvedimento giudiziario sbagliato. Esistono dei rimedi all’interno del sistema giudiziario, quindi, se il governo non condivide una sentenza o un decreto di un magistrato, l’unica cosa che può fare è fare appello, fare ricorso in Cassazione a seconda dei casi, quindi attivare i rimedi interni al sistema giudiziario.

Ma non si possono aggredire i magistrati e anche sul piano personale, perché questa è una forma di intimidazione e lì è il potere politico che tende a esondare nel momento in cui vengono intimiditi i magistrati e viene svilito il loro potere di controllo.

Il potere di controllo è un potere che segna dei limiti all’esercizio dei poteri di tutti, insomma, sia dei poteri politici che dei poteri economici. Non parliamo poi dei poteri criminali, quindi è chiaro che l’esercizio, in alcuni casi indipendente, di questo potere può dare fastidio e può costituire anche un ostacolo a dei progetti politici che non tengono conto di quelli che sono i diritti fondamentali delle persone.

La magistratura non esonda dal suo potere quando contesta una legge e la rinvia alla Corte costituzionale, anzi, in questo modo, diciamo così, funzionale alla garanzia dell’ordinamento.

Autonomia differenziata: il problema della scuola

Non solo politica e magistratura. Nel corso dell’intervista l’ex presidente della Corte di Cassazione ha toccato anche il tema dell’autonomia differenziata. Secondo la Lega si tratta di un elemento di garanzia per i bisogni dei cittadini; per altri, invece, si rischia di privare il Parlamento del suo libero esercizio, svuotando addirittura la stessa riforma del premierato. Che tipo di impatto potrebbe avere allora questa riforma sul nostro sistema legislativo?

Per Gallo sarebbe un disastro.

“Si romperebbe l’unità dell’ordinamento giuridico, nel senso che, ad esempio, potremmo avere venti leggi differenti sugli appalti per dire. Ma soprattutto si romperebbe l’unità spirituale del popolo italiano, perché venti sistemi scolastici differenti, romperebbero la visione di se stesse e degli italiani come cittadini dell’Italia, non di una singola Regione.

Diceva Concetto Marchesi nell’Assemblea costituente, “la scuola non deve preparare il sardo, il lombardo, il veneto, deve provare a preparare il cittadino italiano”. Quindi rompere l’unità sul tema della scuola significa praticamente smembrare il popolo italiano e tornare indietro rispetto al Risorgimento”.

Politica estera e norme

E sul conflitto Russia Ucraina, ma soprattutto sul ruolo della Nato, Gallo ha una posizione molto netta: la guerra deve finire.

“Il problema non è tanto il diritto dei russi di rispondere, ma il fatto che i russi potrebbero sentirsi aggrediti direttamente dalla Nato e attuare delle risposte militari appellandosi all’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, che prevede il diritto naturale di autotutela.

Perché in effetti, indubbiamente la Russia il 24 febbraio del 2022 ha iniziato un’aggressione nei confronti dell’Ucraina, ma non ha mai aggredito nessun Paese della Nato. Quindi se ricevesse da atti di ostilità diretta da parte di Paesi della Nato, potrebbe legittimamente rispondere a questi atti di aggressione in base all’articolo 51.

Il rischio è che se si continua a fornire armamenti sempre più performanti all’Ucraina e che colpiscono sempre più in profondità la Russia alla fine si possa arrivare a uno scontro diretto Nato-Russia. E uno scontro del genere, inevitabilmente si trasformerebbe in una guerra nucleare, quindi sarebbe un disastro inimmaginabile per tutti noi. Quindi l’auspicio è che finisca quanto prima questo conflitto.

Da parte nostra l’unica cosa che possiamo fare è smettere di alimentare una guerra inutile, tra l’altro contraria all’articolo undici della Costituzione italiana, continuando a mandare armi e munizioni all’Ucraina”.----------


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