martedì 2 ottobre 2018

Marco Travaglio - “Mangino brioche”, tutto quel che si dice e si scrive sul reddito di cittadinanza

(pressreader.com) – 
Da profano assoluto, mi faccio una cultura appuntandomi tutto quel che si dice e si scrive sul reddito di cittadinanza.
1. “Meglio spendere soldi per creare lavoro che darli a chi non ne ha uno”. Bellissima frase. Purtroppo la sentiamo ripetere da anni, da tutti i governi che spendevano miliardi per creare lavoro e regolarmente non ci riuscivano, intanto i disoccupati e i poveri aumentavano. Forse, in attesa che qualcuno inventi la ricetta per creare 5 o 6 milioni di posti di lavoro, è il caso di provare a dare qualcosa a chi lo sta cercando.
2. “I Centri per l’impiego non funzionano”. Vero, infatti si parla di riformarli. Ma è curioso che a ripeterlo a pappagallo, a un governo insediato da meno di quattro mesi, siano quelli che hanno governato fino a maggio e avrebbero dovuto far funzionare i Centri per l’impiego.
3. “Il reddito cittadinanza toglie dignità ai giovani del Sud, è un insulto” (Antonio Tajani, vicepresidente di FI). Strano, perché il presidente di FI, Silvio B., il 22 dicembre scorso annunciò: “Noi coi 5Stelle condividiamo il reddito di cittadinanza per i cittadini che non hanno nessuna entrata: è la prima preoccupazione”...
E il 27 dicembre aggiunse: “Quando il centrodestra tornerà al governo affronterà l’emergenza di quei 4 milioni 750 milioni di italiani (erano già aumentati in 5 giorni, ndr) in povertà assoluta, un dato cresciuto del 165%, impressionante e inaccettabile. Lo Stato dovrà versare un reddito di dignità per arrivare ai livelli garantiti da Istat: 1.000 euro mensili”. Ma ora che i gialloverdi lo fanno, FI strilla all’“assistenzialismo” e il Giornale al “comunismo”. Mah.
4. “Reddito di cittadinanza vuol dire dare uno stipendio per stare a casa e non far nulla”. Questo è Matteo Renzi. Purtroppo non spiega perché lui e il suo Pd abbiano fatto altrettanto, lanciando il Rei, cioè il “reddito di inclusione” (con pochi soldi, 2 miliardi, e per poche persone, 900 mila) varato nel 2017 dal governo Gentiloni e così annunciato il 24 novembre dal sito Pd: “Parte il reddito di inclusione, la prima misura nazionale di contrasto alla povertà fortemente voluta dai Governi Renzi e Gentiloni”. A fine marzo, perse le elezioni anche per l’esiguità del Rei, Gentiloni dichiarò: “Bisogna rafforzare Rei con nuove risorse. Non buttando a mare il lavoro che è stato fatto, visto che funziona”. Che c’è di male se il governo Conte lo amplia, con 10 miliardi l’anno per 6 milioni di italiani? Mistero.
5. “Questo governo di cialtroni promette redditi di cittadinanza a chi vuole stare sul divano senza lavorare”. L’ha detto Renzi domenica in piazza. Ma, a parte il fatto che potrebbe dirlo anche del suo Rei, forse non sa che chi sta sul divano è escluso dal reddito di cittadinanza, vincolato – come il Rei – a molti obblighi. Quali? In attesa del Def, fa testo il ddl presentato dal M5S: “fornire immediata disponibilità al lavoro presso i centri per l’impiego“ (con la possibilità di rifiutare una sola offerta), “partecipare a corsi di formazione, colloqui individuali e altre iniziative finalizzate al miglioramento delle sue competenze lavorative”, “offrire la disponibilità a lavorare per progetti comunali utili alla collettività” e “mettere a disposizione 8 ore settimanali per lavorare, in coerenza col profilo professionale, a progetti di pubblica utilità”. Se non si rispetta anche un solo obbligo, si perde il diritto al reddito.
6. “È assistenzialismo da Prima Repubblica”. Ma nella Prima Repubblica la disoccupazione era molto inferiore, l’economia globale era molto diversa e non c’erano sussidi del genere. In compenso, un reddito minimo esiste in tutti gli Stati membri della Ue, Grecia inclusa e Italia esclusa. Forse Germania (dove il reddito va anche a chi rifiuta due offerte di lavoro), Francia, Scandinavia ecc. sono figlie della Prima Repubblica italiana? O semplicemente han capito prima di noi che, dopo la crisi del 2009, complici la globalizzazione e la robotizzazione, la piena occupazione è una chimera e per aumentare i consumi e disinnescare le bombe sociali bisogna supportare chi non ha lavoro, purché lo cerchi?
7. “Il Def non aiuta i giovani”. Può darsi, vedremo. Ma se alcuni milioni di disoccupati avranno un reddito minimo di 780 euro al mese (o di più con figli a carico) e molti i disoccupati sono giovani, parrebbe che i principali beneficiari siano anche e soprattutto i giovani. I quali, fra l’altro, potrebbero trovare più facilmente lavoro, nei posti liberati da chi andrà prima in pensione grazie alla “quota 100” rispetto alla scadenza fissata dalla legge Fornero. O no?
8. “Anche gli 80 euro di Renzi dovevano aumentare i consumi, che invece restarono fermi”. Ma gli 80 euro sono sgravi fiscali in busta paga a chi uno stipendio ce l’ha e risparmia di più. Il reddito di cittadinanza sarà destinato ai consumi (alimentari, medicinali…), perché caricato sul bancomat o – per le spese via bonifico (canoni di affitto, bollette…) – su un’app, escludendo scommesse e sale giochi.
9. “È una pacchia per chi lavora in nero, ma risulta disoccupato e nullatenente”. Certo, ci vorranno severi controlli a campione. Ma il lavoro nero (e l’evasione fiscale) trucca le carte di tutto il Welfare: per evitare che i furbastri e i ladri ne approfittino, che facciamo? Aboliamo pure la cassa integrazione, i sussidi di disoccupazione, gli sgravi per non abbienti in ospedali, asili, scuole e università?
10. “Chi cerca lavoro lo trova”. L’ha detto pure Macron al giovane disoccupato che lo contestava in piazza: “Attraversa la strada e un impiego te lo trovo io”. Versione 2.0 dell’uscita di Maria Antonietta dinanzi al popolo che chiedeva pane: “Che mangino brioche”. Lei finì sulla ghigliottina. Macron, dopo un anno o poco più, sta già sulle palle a due francesi su tre. Avanti il prossimo.---
“Mangino brioche”, di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 2 ottobre 2018

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