A cura di Enrico Vigna, settembre 2018
Nonostante il silenzio dei media il figlio di Muammar Gheddafi ha confermato la sua candidatura alle prossime elezioni per la presidenza della Libia.
In nome di Allah e con la benedizione di Allah, dichiaro al nostro caro popolo che ho deciso di candidarmi per le elezioni presidenziali”.
بسم الله وعلى بركة الله اُعلن لشعبنا العزيز أنني قررت الترشح لانتخابات الرئاسة
Saif al-Islam Gheddafi è tornato. Dopo essere stato rilasciato nel luglio 2016 dalle milizie di Zintan e dopo essere tornato libero a Tobruk nel giugno 2017 grazie alle trattative condotte dal Generale Haftar, il figlio di Muammar Gheddafi, sotto la spinta di tutte le forze popolari e patriottiche libiche, della Resistenza Verde e del Consiglio delle Tribù libiche ha accettato di presentarsi alle elezioni presidenziali e legislative che si dovrebbero tenere alla fine del 2018 in Libia. Le elezioni dovrebbero tenersi sotto l’egida delle organizzazioni internazionali, se verrà trovato un accordo tra la parte retta dalle forze islamiste a Tripoli, controllate dalle potenze occidentali e il governo di Tobruk, guidato dal Generale Haftar, il quale, pur tra complesse contraddizioni, rappresenta quasi tutte le istanze della società libica, che affiancano la volontà popolare di liberazione e il ripristino di una società laica, indipendente e sovrana...

Saif prigioniero

Va ricordato che su Saif al Islam Gheddafi pende tuttora un mandato d’arresto della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja per crimini di guerra; amnistiato in Libia dal Governo di Tobruk, dove vive in libertà.
Sette anni dopo il truce assassinio di suo padre, Saif al Islam, arrestato nel novembre 2011 e torturato per anni dai terroristi sostenuti dalla NATO, ha ricevuto il sostegno ufficiale del “Consiglio Supremo delle Tribù libiche”, che rappresentano l’80 per cento delle tribù e clan del paese; questa notizia è stata comunicato dal portavoce ufficiale della famiglia Gheddafi,Basem Al-Hashimi Al-Soul al giornale Al Arabiya.
Anche Mohammad Gomaa, analista dell’Ahram Center for Strategic Studies del Cairo, ha confermato ad Arab Newsquesta ipotesi che conferma, secondo lui, la sempre più crescente influenza della forze della Jamahiriyah nel paese, sia a livello politico che militare.
Infatti Saif al Islam sarebbe arrivato a questa decisione dopo aver visitato in clandestinità il paese occupato, e incontrato segretamente vari leader e rappresentanti della Resistenza al governo di Tripoli.
L’Agenzia araba Mashreq ha riportato informazioni sul programma che Saif al Islam avrebbe sviluppato per ricostruire il potere popolare. Il progetto del figlio di Gheddafi, sostenuto dal Movimento di Liberazione Nazionale e altre le forze patriottiche, è anche stato approvato in numerosi incontri tribali in tutto il paese.
Secondo le informazioni trapelate in molti media arabi, le tribù Warfalla, Orishvanh, Tarhuerna, e Almgarhh, Qadhadhfa, Toubou, Tuareg e persino tribù Amazigh sono già pronte a combattere i terroristi e i criminali di Misurata protetti dall’Occidente.
Anche altre tribù minori e meno potenti avrebbero dato il loro sostegno al progetto di Saif, ma per vari problemi evidenti dato il contesto critico del conflitto in Libia, non sono state rese pubbliche.
Ashraf Abdel Fattah, membro e figura rilevante del Consiglio Supremo della Tribù libiche ha dichiarato pubblicamente in una intervista ad Al Arabiya che “ci sono incontri quotidiani tra gli anziani leader delle tribù più importanti, per concordare un elenco definitivo per le loro candidatura alle elezioni legislativeC’è un consenso generale a sostenere Saif al-Islam Gheddafi come candidato alle elezioni presidenziali, poiché è la figura più importante e popolare nel paese, in grado di avere successo nelle elezioni e nella gestione del paese, specialmente dopo che le Nazioni Unite hanno aperto la porta a tutte le fazioni politiche per partecipare alle elezioni anticipate”, ha aggiunto il leader tribale.
Sempre ad Al Arabiya, Abdel Fattah ha dichiarato che essi ritengono “naturale che i difensori del vecchio sistema siano invitati a partecipare alle elezioni perché rappresentano la maggioranza in Libia, soprattutto dopo aver indicato Saif al-Islam Gheddafi, che è attualmente la figura più popolare in Libia, e ha sostenitori in tutto le regioni libiche. Molti ormai vedono questo come l’unica soluzione per salvare la Libia da questa situazione caotica e unire le forze popolari ed eliminare il terrorismo”, ha aggiunto.
Infatti l‘inviato speciale delle Nazioni Unite in Libia, Ghassan Salama, nei mesi scorsi aveva annunciato che il nuovo processo politico aprirà le porte agli “esclusi e ai discriminati, a quegli esponenti politici a cui è stato finora impedito di partecipare al processo politico in corso e prendere così parte al processo di ripristino della pace in Libia”, riferendosi ai sostenitori della Jamahiriyah, il sistema politico di cui era leader Muammar Gheddafi.
Saif Gheddafi, ha dichiarato Ayman Abu Ras, il suo portavoce elettorale, ha lanciato un appello di unirsi a lui a “tutti coloro vogliano il bene della Libia sul piano nazionale e internazionale”. Saif sarà il candidato del “Fronte Popolare per la Liberazione della Libia”, un movimento politico formato nel dicembre 2016, impegnato nella creazione di un fronte comune di tutti gli attivisti patrioti libici, sia musulmani che laici, per “liberare il Paese dal controllo delle organizzazioni terroristiche e dagli stranieri”.
Il FPLL si prefigge l’obiettivo di un processo di riunificazione e centralizzazione della Resistenza politica e militare nel paese, ritenendo possibile una strategia di ripresa del potere popolare a medio termine. E in questa fase il ruolo del Generale Haftar (non da tutti i gheddafiani accettato, viste le sue scelte passate) che controlla l’Esercito Nazionale Libico(in cui vi sono molti militari e fedeli della Jamahiriyah) e il Governo di Tobruk, imprescindibili per un percorso di liberazione della Libia e di fatto uniche reale alternative ai mercenari di Tripoli. Il fatto che il Generale Haftar sia stato determinate non solo nella salvezza di Saif al Islam, ma anche nel suo effettivo sdoganamento politico, permettendo il suo ritorno all’attività pubblica e la protezione della sua vita, potrebbe essere un segnale determinate per gli sviluppi futuri della Libia. Ma trattandosi di figure spregiudicate occorrerà vedere i futuri sviluppi, primo per esempio se anche lui intenderà presentarsi alle prossime elezioni con un rischio di un contrasto.
Certamente la figura di Saif, dimostratosi durante la guerra un leader equilibrato ma deciso e in seguito un prigioniero in grado di sopportare la dura detenzione con estrema dignità, gli ha conferito un immagine forte e prestigiosa tra la popolazione, ma anche tra le figure tribali e politiche non legate alla vecchia Jamahiriyah. E questo in culture con un passato guerriero, come quelle delle tribù libiche, ha un peso forse superiore alle diatribe o dialettiche politiche.
Questa immagine di Saif potrebbe essere utile alla causa della liberazione, senza dimenticare che nella rivalità storica tra Cirenaica e Tripolitania, egli rappresenta di fatto una conciliazione tangibile, avendo la sua famiglia e tribù le proprie radici nel Fezzan, che da sempre svolge un ruolo di equilibrio nei confronti delle ambizioni delle altre due.
Anche gli esiliati della diaspora sono diventati molto attivi e visibili: dal 2012 ad oggi, si calcola che possano contare su oltre trentamila sostenitori. In ogni manifestazione nei paesi arabi limitrofi e africani, lo slogan centrale urlato e sugli striscioni è ormai sempre “Ricostruiamo la Jamahiriya”.
  1. Su quali forze del paese può contare il figlio del Colonnello Gheddafi?
Testimonianze dalla Conferenza del consiglio supremo delle tribù e delle città libiche.La liberazione è in marcia. Avanti, rivoluzione, rivoluzione” – Mathaba Media , 10 min · Sud della Libia, 09.09.2018
La Conferenza del Consiglio Supremo delle tribù e città libiche, qui riunito, invita alla formazione di un governo provvisorio per il ritorno della Jamahiriya araba libica.
I leader tribali libici si sono incontrati il ​​9 settembre 2018 per creare un governo provvisorio in Libia.
La Libia è vittima dal 2011 di un’occupazione militare delle milizie criminali takfiriste sostenute dalla NATO e dalle monarchie del golfo.
In questa conferenza, i leader tribali fanno appello per la liberazione della Jamahiryah araba libica, per il ripristino dell’esercito, della polizia e della giustizia. Una tabella di marcia è stata elaborata per formare un governo provvisorio e studiare le modalità per il suo riconoscimento in tutte le regioni libiche.
Noi leader tribali ribadiamo la necessità di fermare qualsiasi interferenza straniera nella politica interna libica, ricordando che solo i libici sono in grado di far uscire il paese dalla crisi. Imputiamo ai cosiddetti paesi occidentali e all’ONU di essere responsabili della situazione catastrofica del popolo libico”.

Il Consiglio Supremo delle Tribù e delle città libicheha invitato tutte le tribù a unirsi al Fronte Popolare per la Liberazione della Libia.

Il Consiglio Supremo delle Tribù e delle città libiche (composto dalla maggioranza delle tribù locali), ha invitato tutte le tribù ad unirsi per liberare la Libia. In una dichiarazione, resa pubblica dal sito Afrigate, il Consiglio ha affermato che il sostegno delle tribù al Fronte sarà il modo decisivo per ricreare uno stato civile in cui prevalgano la sicurezza, la sovranità nazionale e la giustizia. Solo lo scorso anno, il Consiglio Supremo delle Tribù libiche definì Saif come unico legittimo rappresentante del paese.
Il Consiglio Supremo delle Tribù ha sottolineato che ciò è possibile solo attraverso la creazione di una forte struttura militare unitaria, in grado di eliminare le milizie islamiste oscurantiste, imbracciando le armi e liberando così il paese dai mercenari protetti dagli stranieri.
Diversi leader popolari nella regione di Ghat, dei villaggi di Owaynat, Tahala, Albirkit, Fayyot e la città di Ghat hanno già annunciato lo scorso anno il loro sostegno al Fronte Popolare per la Liberazione della Libia, guidato da Saif Al-Islam Gheddafi.
Il FPLL ha annunciato in un comunicato stampa che prosegue il lavoro politico organizzato in patria e all’estero, in un quadro nazionale di allargamento della lotta, che unisca tutti i militanti libici per liberare il paese dal controllo delle organizzazioni terroriste, che usano la religione come copertura, ma che sono agenti delle potenze straniere. Il Fronte riafferma che questo movimento è una chiamato a riconquistare l’indipendenza nazionale, la sicurezza e la sovranità della Libia per mezzo di istituzioni legittime in uno stato i cui cittadini sono legati al vincolo della stessa appartenenza statale.
Uno Stato che rispetti le differenze e la diversità, che tuteli i diritti e gli obblighi, dove prevalgano la magistratura e lo stato di diritto, e dove il solo popolo libico ha il diritto di scegliere liberamente il proprio sistema politico.
Il Consiglio delle autorità della Tribù Tuareg di Ghat e villaggi circostanti ha rilasciato una dichiarazione ufficiale di sostegno alla sua campagna elettorale.
Un video di luglio mostra una folla di sostenitori di Gheddafi a Ghat, città sud-occidentale dominata dalla minoranza Tuaregh in Libia, che ascolta un discorso di Saif al-Islam.

Il Consiglio sociale della tribù Fayed (Aharabi) in Cirenaica ha pubblicamente annunciato già nel 2017 la sua adesione al processo di liberazione della Libia
وجاءفينصالبيانالذيتمإعلانهالجمعةالماضيمنمنطقةالفائديةشرقليبيا: «نعلنالمجلسالاجتماعيلقبيلةفايد(الحرابي), وتفعيلدورهالاجتماعي, واستعدادهلكافةأشكالالتعاونالبناءمعالمجالسالاجتماعيةللقبائلالليبية, وذلكفيجميعالقضاياالتيتدعمالاستقرار, ولمالشمل, والمصالحةالوطنيةe واستعادةالدولةالليبيةلعافيتهاوهيبتها».
وأكدالبياندعمقبيلةبنفايدللمؤسساتالشرعيةفيالدولةالليبية«وعلىرأسهاالبرلمانالمنتخبوالمؤسسةالعسكريةالمنبثقةعنه, وقيادتهاالعامة» معلنةمباركته«لهاانتصاراتهاعلىالإرهابوالفساد».
كماأعلنالبيانرفعالغطاءالاجتماعيعلىكلمنتسوللأنفسهالخروجعلىالقانونوالشرعيةوالعبثبمقدراتالدولةالليبيةوكلمنينخرطفيالتنظيماتالإرهابيةأويساندها.
وأشارالبيانإلىأنقبيلةفائد«قدمتمايناهزالأربعينشهيدادفاعاعنالوطدووحدةالترابالليبي».
Comunicato pubblico del Consiglio sociale delle Tribù di Zliten in patria e all’estero.
Nel nome di Allah, misericordioso e compassionevole. Lode a Allah, la preghiera e la pace sono le più nobili delle creazioni di Allah, Allah dice nel Sacro Corano: “cerca rifugio in Allah per sfuggire a Satana. All’inizio cercavano di provocare la sedizione e le difficoltà, fino a quando la Verità è venuta e il decreto di Allah è stato reso manifesto, nonostante essi”.
Durante le difficili circostanze vissute dalla nostra usurpata Jamahiriyah e dalla frode politica sul potere popolare, che ha squarciato il nostro tessuto sociale, ha venduto la patria e ha imposto le milizie oscurantiste che hanno provocato il caos nel nostro amato paese. Sono diventati quotidiani la desolazione e la distruzione, la perdita di vite nel sangue, imprigionate e torturate, vite che erano state una volta uomini e donne liberi. Hanno violato le sacralità e calpestato l’onore delle donne e dei bambini. Fatti come quelli accaduti in questi ultimi anni, non avvenivano nella nostra storia dalle epoche degli ottomani e delle occupazioni italiane del nostro paese, oggi questa tirannia viene riprodotta da questi loro nipoti e discendenti.
Perciò:
Noi, il Consiglio Sociale delle Tribù Zliten in Patria e all’estero, percorreremo la via dei nostri martiri, dei nostri scomparsi, dei nostri imprigionati, dei nostri feriti e dei nostri sfollati che hanno fatto terribili sacrifici per il loro paese, prezioso e prezioso oltre ogni altro triviale guadagno di qualsiasi altra vita. Come il nostro grande leader e simbolo di lotta, il colonnello Muammar Gheddafi e suo figlio, il Mujahid Saif al-Islam Muammar Gheddafi, che noi guardiamo come il faro che illumina la nostra strada.

Ci riconosceremo solo nella bandiera Verde, come simbolo, scuola di pensiero e nostro ideale. Noi affidiamo il nostro impegno a ciò che è stato esposto nella dichiarazione del Fronte Popolare per la Liberazione della Libia e invitiamo le tribù e le città libiche a unirsi per la liberazione della Libia dalla spazzatura e dalla contaminazione e di purificarla dalle criminali bande e milizie oscurantiste…
Chiediamo a Allah di benedire i nostri martiri, di restituire i nostri scomparsi, di sconfiggere i nostri oppressori, di guarire i nostri feriti e di riportare i nostri sfollati.
Viva l’Al-Fateh, la lotta, la resistenza come una luce per chi cerca una guida e il fuoco su chiunque vuole la guerra.
Allah è più grande delle macchinazioni degli aggressori
Avanti ..La lotta rivoluzionaria continua! La pace, la misericordia e le benedizioni di Allah siano su di noi”.
Il Consiglio Sociale delle Tribù di Gharyan ha annunciato il proprio sostegno al FPLL 
Il Consiglio ha rilasciato una dichiarazione in cui annunciava il pieno appoggio al Fronte Popolare per la Liberazione della Libia, affermando che questo progetto nazionale rappresenta le aspirazioni e le speranze del popolo libico, augurando ad esso e al figlio fedele della Libia Saif al -Islam Gheddafi la piena vittoria.
La dichiarazione sottolineava anche il tormento causato dalla minoranza dei figli di Gharyan che si era infatuata della cospirazione. Il Consiglio delle tribù di Gharyan ha confermato che Gharyan sarà al fianco delle tribù e delle città libiche nel loro progetto nazionale guidato da Saif al-Islam Muammar Gheddafi.

Va ricordato che i Consigli Sociali delle Tribù e Città di al-Ajaylat, al-Siaan, al-Jmail, Rigdaleen, Zultin, al-Asah, Ras Jadeed, Ghat, al-Asabiaa e, Misallatah avevano già annunciato la loro adesione e il pieno sostegno al FPLL.
La possibilità di un ritorno al potere non è supposto solo dai sostenitori di Gheddafi in Libia, anche fuori dal paese, nella diaspora degli esiliati, c’è un crescente fermento e attivismo pubblico.
Ahmad Qadhaf al-Dam, uno degli ex leader della Jamahiriyah, così come altri membri in esilio del precedente governo stanno lavorando con energia rinnovata per mobilitare e coinvolgere i sostenitori di Gheddafi, nelle prossime elezioni. “Saif al-Islam Gheddafi ha il diritto di esercitare il suo ruolo di guida nei confronti del suo popolo, soprattutto dopo che è diventato libero in virtù dell’amnistia approvata dal parlamento di Tobruk, in parte anche riconosciuto a livello internazionale”, ha affermato in una nota alla stampa.
Nel paese in questi anni sono andati formandosi molti movimenti o organizzazioni resistenti, non sempre in relazione tra loro, data anche la situazione frammentata del paese; il più rilevante, seppure sia difficile quantificarne le forze militari effettive, è il “Movimento Popolare Nazionale libico”.
Si tratta di un organizzazione fondata da ex membri del precedente governo, guidato da Kweldi al Humeidi, uno dei partecipanti alla Rivoluzione del 1969 e già membro del Consiglio Rivoluzionario (sua figlia sposò uno dei figli di Gheddafi, Saadi). Il braccio armato è guidato dal Generale Ali Suleiman, mentre Saif ne è il Segretario generale. Il movimento è considerato fuorilegge e non ha potuto presentarsi alle precedenti elezioni libiche. Ha un attività informativa e di propaganda, è molto attivo sul web ed è legato alla “Resistenza Verde”, che attua anche azioni militari o di propaganda armata.
La Settima Brigatauna milizia per molto tempo affiancata all’esercito libico di Tripoli, ha subito negli ultimi anni un progressivo distacco dal governo fantoccio di Sarraj e ora è apertamente schierata per il cambiamento e per il ripristino di una Libia laica e indipendente, senza più presenze straniere. Un cambiamento legato anche all’incorporamento di numerose milizie formate da ufficiali e soldati sostenitori di Muammar Gheddafi e della Jamahirya, tra cui i combattenti della 32esima Brigata di Khamis Gheddafi, l’altro figlio di Muammar assassinato nel 20111, che era una unità di elite del Esercito Popolare della Jamahirya. Inoltre ha avuto l’appoggio di Haftar. Il suo quartier generale è a Tarhuna a sud di Tripoli, un’area storicamente culla della Rivoluzione gheddafiana del 1969 e da sempre base del consenso alla Jamahirya; il suo comandante Abdel Rahman Al Kani ha recentemente espresso profondo rispetto per Saif.
Il giornalista Cremonesi del Corriere della Sera, che ha visitato la Brigata, così li descrive:
“…È stata sufficiente una mezzoretta per capire tante cose. In un attimo ci siamo ritrovati di fronte a quello che per lungo tempo, sino alla rivoluzione del 2011, è stato il miglior braccio armato del vecchio regime. Stesse uniformi con i pantaloni attillati e le camice larghe, stessi modi di fare bruschi, aggressivi, stesse capigliature scarmigliate e barbe malfatte. Soldati ben addestrati, magri, nervosi, muscolosi, i coltelli alla vita. Nulla a che vedere con l’aria trasandata, per nulla marziale delle milizie legate alla rivoluzione. Ce lo aveva ben raccontato più volte durante le nostre interviste Khalifa Haftar, l’uomo forte della Cirenaica che era stato alto ufficiale di Gheddafi: «Con me stanno arruolandosi i militari del vecchio esercito libico. Non ci saranno più milizie, non più caos, solo un nuovo esercito unito rinato dalle ceneri del vecchio che obbedisce ad un’unica autorità centrale». Ed infatti eccoli qui: erano di Gheddafi e adesso combattono per Haftar. Ai tempi di Khamis erano 10 mila, il fiore all’occhiello delle forze della Jamariah. Oggi sono circa 7.000. Come allora vengono da Bani Walid, Sirte, Tawargha, Tarhuna, Tripoli, Zintan. Con loro sono le tribù più fedeli: Warshafanna, Gheddafi, Warfallah… Nomi noti, sembra di ripercorrere le tappe della lotta contro la rivoluzione. Sette anni fa avrebbero certamente fatto a pezzi le rivolte: addestrati, disciplinati, con cecchini ottimi. Mentre i ribelli sprecavano tonnellate di munizioni, loro sparavano precisi, metodici. Attaccarono Bengasi, accerchiarono Misurata, si lanciarono contro i quartieri di Tripoli che protestavano. Già a metà marzo 2011 sarebbe bastato molto poco per tornare al vecchio status quo precedente il 17 febbraio. Gli uomini di Khamis stavano facendo il loro dovere. Ma intervenne la Nato, con i suoi jet sofisticati, i radar, le bombe ad alta precisione, i satelliti e i missili intelligenti. Le milizie ribelli rimasero a guardare, mentre le forze straniere combattevano per loro. Ogni volta che venivano lasciate sole, venivano battute. Ma in realtà la 32esima Brigata venne fatta a pezzi dall’aria. Subì forse oltre 8 mila morti, si disse….non ci sono dubbi: la Settima Brigata non ha avversari degni di questo nome, la sua potenza militare è superiore. E oggi non ci sarà la Nato o chiunque altro a difendere le vecchie milizie della rivoluzione, il loro fallimento è scritto sui muri. Il premier Sarraj non ha i mezzi per contrattaccare…”. (da il Corriere.it, 6/9/018)
Negli scorsi anni fu annunciata la nascita nel paese di una milizia composta da ex fedeli di Gheddafi chiamata “Brigata dei fedeli” (Katibah al Awfiyah), attiva in totale clandestinità nell’area di Tripoli.
Quando Saif fu condannato a morte nell’agosto 2015 dal tribunale fantoccio di Tripoli, furono organizzate una serie di manifestazioni indette dai partigiani di Gheddafi a Bengasi, Tobruk, Sebha e Bani Walid, dove la gente sventolava apertamente, a rischio della vita, le bandiere verdi della Jamahariyah.

Uno dei precedenti comandanti dell’Esercito Popolare della Jamahiriyah, Ali Kana, ha anche proclamato la costituzione di un Esercito di liberazione a sud, nel Fezzan.
L’Assemblea Nazionale Libica per la Riconciliazione Nazionale, che comprende anche figure fedeli al governo di Muamar Gheddafi e ora al figlio Saif, ha tenuto in agosto la sua seconda conferenza e ha annunciato l’intenzione di nominare candidati per le prossime elezioni libiche e per qualsiasi proposta “per salvare il paese”, riferisce il Libya Observer.
Con lo slogan “Un solo Paese. Tutto per Tutti”, l’incontro ha invitato tutti le forze interessate libiche ad attivare una nuova roadmap fondata sugli interessi del popolo libico, che vada ad integrarsi con il piano dell’UNSMIL, in modo da poter coinvolgere tutti i componenti e le parti sociali libiche in un ampio consenso.

“…Chiediamo una conferenza nazionale che includa tutti i libici per ottenere la riconciliazione per il miglior interesse del paese e per unire istituzioni come la sicurezza e le forze armate, la banca centrale e altri, che porrebbe fine alla divisione tra i concittadini. Gli attuali organismi sulla scena non hanno la legittimità di prendere decisioni fondamentali e accordi, che richiedono un reale consenso popolare..”.
Qualcuno potrebbe obiettare che tutte queste forze potrebbero solo essere espressione di rivalse di vecchi funzionari gheddafiani estromessi e cacciati, e che non abbiano alcun seguito reale nel paese. A questo dubbio si potrebbe ribattere con un’altra domanda: allora come mai l‘ONU (sicuramente informato, con dati certi e verificati sul campo) ha deciso da due anni di invitare e consultare rappresentanti e ufficiali del vecchio governo popolare per trovare una soluzione alla crisi libica, che appare senza una via d’uscita?
Negli stessi stati limitrofi della Libia cresce l’insofferenza per la situazione di caos totale e incontrollabilità del paese, oltre al rifiuto delle istanze radicali fondamentaliste, che proliferano oggi nel paese. In più dichiarazioni pubbliche gli esponenti dei governi limitrofi sottolineano la necessità di ricostruire uno Stato centrale in quanto questa situazione libica crea instabilità e insicurezze sociali, che alimentano la violenza criminale e il terrorismo islamico.
In particolare l’Egitto ha oggi un ruolo fondamentale in scenari futuri: non è un mistero per nessuno che il supporto più consistente, sotto tutti gli aspetti, dal riconoscimento politico e statuale a quello militare, al Governo di Tobruk lo sta dando proprio il governo di Al Sisi, ormai un partner ufficiale di Haftar per la stabilizzazione della Libia.
Ma anche Algeria e Tunisia hanno spesso pubblicamente sostenuto la parte alternativa al governo islamista di Tripoli, osteggiando le sue milizie. In questa lettura va tenuto conto che sono centinaia di migliaia i libici scappati dalle violenze delle milizie islamiste e rifugiatisi soprattutto in questi paesi, dove non sono stati respinti bensì accolti.
Altro dato da non sottovalutare è la nuova presenza della Russia nell’area ed il suo rapporto privilegiato e sancito pubblicamente con il Generale Haftar ed il Governo di Tobruk, pur mantenendo anche relazioni diplomatiche con Tripoli.
Per chiunque segua con correttezza e in profondità la realtà effettiva del paese libico, non quella dei media e dei giornalisti “mainstream” non sfugge la possibilità di un processo di ricostruzione di un sistema politico e sociale associato alla precedente forma della Jamahiriyah, anche se sicuramente senza una sua riproposizione meccanica. Soprattutto quante parti della società e del popolo libico lo ritengono accettabile e guardano ad esso per uscire dalla tragica situazione in cui è finita la Libia, dopo l’aggressione occidentale e delle bande terroriste islamiste: un caos sociale e di violenza generalizzata che rende la vita quotidiana un inferno.

Quello che non ci dicono e non ci fanno vedere.

In questa Libia odierna la persecuzione continua dei sostenitori della Jamahiriyah è sistematica e violentissima, persino il colore verde è bandito.
Tuttavia il popolo libico, anche nei luoghi più pericolosi, dove vige la decapitazione da parte dei fondamentalisti islamici e la gente viene lapidata se non rispetta i dettami integralisti, scende nelle strade a manifestare per Saif; le manifestazioni colorano di verde le strade a Bengasi, Tripoli, Sirte, Kufra, Al Joufrah, Gath e in molti altri luoghi. Una fiera e orgogliosa sfida da parte delle forze autenticamente popolari, contro i traditori della Libia e i servitori dell’occidente.
Uno spettro s’aggira sulla Libia.
Lo spettro del ritorno della Jamahiriyah Araba socialista.
Una speranza di futuro per il popolo libico.
Un incubo per gli aggressori e i loro servi.
A cura di Enrico Vigna, SOS Libia/CIVG –