lunedì 15 ottobre 2018

Antonio Socci - Dal “Bagaglio ideologico” del Pci, al “Bagaglino” del Pd

(Antonio Socci – libero quotidiano) – 
Proprio mentre Nicola Zingaretti lanciava la sua candidatura alla segreteria del Pd (il simbolo della sua “Piazza grande” è una freccia, che però si dirige verso destra: l’ennesima gaffe?) gli è arrivata fra capo e collo la dichiarazione di Piero Fassino.
Non si sa come l’abbia presa il governatore del Lazio non potendo neanche mettersi le mani nei capelli per carenza di materia prima tricologica.
L’ex sindaco di Torino ha detto: “Ho parlato con Nicola, gli ho chiesto se stavolta sia determinato ad andare sino in fondo. L’ho visto molto deciso”. Le ultime parole famose. Proprio ieri “Il Fatto quotidiano” titolava: “Minniti aspetta il ritiro di Zingaretti per correre”.
Nell’entourage del governatore si teme che pure questa “profezia” di Fassino si avveri e Zingaretti vada davvero “sino in fondo”. Proprio in fondo… Sono ormai memorabili infatti gli altri vaticini fassiniani. Hanno fatto storia proprio perché si sono avverati tutti. Al contrario....

Anni fa a Grillo, che voleva prendere la tessera del Pd per partecipare alle primarie, disse con tono di sfida: “se Grillo vuol far politica, fondi un partito, si presenti alle elezioni e vediamo quanti voti prende. Perché non lo fa?”
Sappiamo com’è andata… Da Sindaco di Torino un giorno replicò alle dure critiche della consigliera d’opposizione Chiara Appendino, grillina, dicendole: “Io mi auguro che un giorno lei si segga su questa sedia e vediamo se poi sarà capace di fare tutto quello che oggi ha auspicato di poter fare. E comunque lo decideranno gli elettori”.
Di lì a poco gli elettori lo hanno preso in parola e hanno eletto sindaco di Torino Chiara Appendino, mandando a casa proprio lui, Fassino.
Subito dopo le elezioni del 4 marzo, non essendo uscita una maggioranza parlamentare definita dalle urne, lanciò l’ennesima sua sfida: “Hanno vinto Di Maio e il centrodestra? Eh, sono loro che hanno l’onere della prova: dicano con che governo vogliono governare il Paese (…). Allo stato attuale mi pare difficile perché c’è un’incompatibilità molto grande. Dopodiché vedremo”.
Appena risuonarono queste parole subito iniziarono le trattative e si formò il governo Lega-M5S.
A Salvini, che prospettava trent’anni di governo, rispose: “nulla impedisce di sperare, però poi bisogna vedere se gli elettori gli daranno i voti”. Detto fatto la Lega vince anche nelle amministrative e nei sondaggi è schizzata vicino al 35 per cento.
Arrivati i Mondiali di calcio, poteva Fassino far mancare la sua predizione? No. Infatti ritenne di impartire una lezione alla Nazionale italiana che non si era qualificata e indicò, come esempio da seguire, la squadra multietnica (“grazie alla legge sulla cittadinanza”) della Germania: “per voltare pagina io credo che l’esperienza tedesca possa insegnare”.
Subito la Germania fu eliminata: al primo girone come non era mai accaduto. Il fine analista subalpino non sbaglia un colpo. Zingaretti già trema. Non gli resta che sperare in un’esternazione di Fassino a favore di Minniti.
Il quale Minniti da “sor Tentenna” non ha ancora deciso se candidarsi o no. Pare aspetti anche l’uscita del suo libro (un altro scrittore…) intitolato “Sicurezza è libertà”. Di sicuro nelle librerie andrà via come il pane, ma il governatore toscano Rossi sostiene che, con Minniti segretario, Salvini resta vent’anni al potere.
Del resto Minniti, alle ultime elezioni, perse (arrivando terzo) nel collegio blindato di Pesaro dove vinse l’esponente grillino che aveva addirittura rinunciato alla candidatura avendo rotto col suo partito. È a questo che alludono i fedelissimi di Zingaretti quando sibiliano: “Basta vedere chi ha sempre vinto le elezioni e chi no”.
Ma com’è venuta fuori questa candidatura? E’ stata lanciata da alcuni sindaci renziani che però oggi non vogliono più essere identificati con Renzi (perfino Dario Nardella, “tu quoque”). Neppure Minniti, infatti i suoi dicono: “Non sarà il candidato di Renzi”.
Fino a ieri erano tutti renziani, oggi il senatore di Scandicci è trattato con lo slancio con cui si guarderebbe un appestato.
“Sic transit gloria mundi”. Soprattutto nel Pd dove “amici e compagni” sono sempre pronti a rinnegarsi.
E allora Renzi si diverte a fare dispetti e si mette a far concorrenza a Fassino: “Tra poche ore Minniti ufficializzerà la sua candidatura. La cosa è decisa”.
Se dovesse saltare sapremo che c’è un nuovo Fassino e parla fiorentino.
Del resto ci sono pure altri concorrenti per la segreteria. Pare che arrivi una fondamentale candidatura dell’area Orfini in attesa della quale tutto il mondo trattiene il respiro, ci sarà Cesare Damiano a nome e per conto di Cesare Damiano, poi un certo Dario Corallo in qualità di “giovane rottamatore” (già sentita) e il valente Francesco Boccia, un po’ ammaccato da Dagospia che ha ironizzato sul cognome (Boccia di vino), ma dopo che l’interessato aveva già infierito su se stesso facendosi un selfie a torso nudo, salvo poi tuonare contro il Pd renziano che, “con qualche selfie di troppo, è riuscito a passare per il partito che era vicino ai potenti, alle banche, agli industriali, alle grandi organizzazioni”.
Pare che la sua candidatura sia appoggiata dal governatore pugliese Emiliano che non finisce mai di fare a botte via twitter con Calenda.
Giorni fa Emiliano lanciava la sfida: “Chi avrebbe le palle di cacciarmi nel Pd?”. Rispondeva Calenda: “Michele fossi il Segretario è la prima cosa che farei. Hai passato gli ultimi anni ad accusare i nostri governi di qualsiasi nefandezza con insulti vergognosi. Fai politica per un altro partito. È una questione di rispetto per se stessi. Se non lo hai tu lo deve avere il PD”.
Ed Emiliano replicava: “Tu fai politica curando con attenzione gli interessi economici di pochi e sei il loro portabandiera. Per questo sei un avversario mortale della Costituzione e del Popolo italiano, del principio di eguaglianza e della libertà dal bisogno. Torna da Monti e da Confindustria”.
A questo dibattito amichevole, cordiale e pieno di stima reciproca partecipa pure un altro candidato alla segreteria (anche lui un tempo renziano): Matteo Richetti.
Ha incassato l’endorsement di Alba Parietti che ne apprezza l’alto profilo politico: “Richetti attirerebbe moltissimo l’elettorato femminile che è un pò annoiato. Abbiamo bisogno di una rappresentanza anche estetica del partito, Al di là delle capacità di Richetti che tutti conosciamo, lo scelgo perché anche fisicamente è rappresentativo. Mi ricorda Jamie Dorman, l’attore di Cinquanta sfumature di grigio”.
A proposito di grigiore l’attuale segretario reggente Martina si aggira per i convegni in attesa che a qualcuno venga in mente di candidare lui.
Nel frattempo, non si sa che fine abbia fatto il povero Roberto Giachetti che il 18 settembre aveva iniziato uno sciopero della fame per ottenere la data del Congresso. Che ne è di lui? Sarà morto di stenti? Avrà ripreso a nutrirsi?
Un’altra cosa è sparita, fa sapere l’intellettuale editorialista di Repubblica: “il bagaglio ideologico e ideale” della sinistra. E va bene. Il Pd non ha più il bagaglio, ma in compenso sembra il Bagaglino. Più divertente.
Antonio Socci

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