mercoledì 10 ottobre 2018

Filippo Facci contro Mimmo Lucano: “Ha compiuto reati sapendo di compierli”



(Filippo Facci – Libero Quotidiano) – 
Se garantismo significa rispetto delle regole, il caso di Domenico «Mimmo» Lucano sarebbe un caso di garantismo all’ incontrario, inchinato alla morale del «non dovete toccarlo perché piace a noi». Non solo: è un caso in cui un indagato ha disinvoltamente compiuto dei reati sapendo di compierli (di questo c’ è fonte di prova e l’ ammissione del pur rigoroso giudice) al punto che molti dei personaggi che lo difendono non ne reclamano l’ innocenza, ma il diritto a una sorta di «disobbedienza civile» che però non paghi pegno. Come se voi pretendeste di non pagare il fisco senza che accada nulla. «Per disattendere queste leggi balorde, vado contro la legge» ammette Lucano in un’ intercettazione telefonica.
«Disobbedienza civile: questa è l’ unica arma che abbiamo per difendere non solo i diritti degli immigrati, ma i diritti di tutti» ha detto per esempio Roberto Saviano. Ma l’ inventore della disobbedienza, il filosofo Henry David Thoreau che rifiutò di pagare le tasse per la guerra, fu arrestato. Il padre di tutti i disobbedienti, Ghandi, fu arrestato. Danilo Dolci, soprannominato il «Gandhi italiano» perché durante il fascismo strappava i volantini del regime, fu arrestato....

I disobbedienti civili, come i Radicali, fanno ampissima pubblicità ai loro gesti e alle loro conseguenze penali, e spesso vengono arrestati. Lucano invece si vantava genericamente: ma non esplicitava. Ma che volete che sappiano, di questo e delle carte, i vari lobotomizzati e i grandi nomi che firmano manifesti a orecchio.
I FATTI
Proviamo, ergo, a ri-raccontarla da capo, attenendoci all’ ipotesi che Lucano sia un cittadino come gli altri. Più di due anni fa una commissione prefettizia denunciò che a Riace c’erano delle irregolarità che strutturavano un sistema studiato per andare oltre l’accoglienza di breve periodo. Al tempo c’era un altro governo e sicuramente non c’era questo, tantomeno c’era Matteo Salvini al ministero dell’ Interno: lo precisiamo perché Domenico Lucano, tempo fa, ha fatto uno sciopero della fame contro Salvini perché non riceveva più soldi dal 2016.
L’indagine della magistratura comunque deriva dalla citata relazione prefettizia, ma la prima azione che coinvolge direttamente Lucano è di meno di un anno fa: lo indagano per truffa, concussione e abuso d’ufficio. Perquisiscono il Comune e casa sua. Ma non lo arrestano.
Anche perché la magistratura di Locri, nei confronti di Lucano, ha avuto solo comportamenti proceduralmente esemplari, e parte della magistratura associata l’ha anche sostenuto: Magistratura democratica propose addirittura «di riconoscere Riace come patrimonio culturale immateriale dell’ umanità».
Dopodiché l’indagine è di un paio d’anni fa (si chiama «Xenia») durante i quali, con molta calma, lo stesso sistema giudiziario non ha fatto arresti, ma ha smontato autonomamente le accuse più gravi sostenute dai pubblici ministeri e dalla Guardia di Finanza: cioè l’associazione per delinquere, la truffa aggravata e la concussione.
MOLTE OMBRE
Il giudice, però, nelle sue 132 pagine, aveva ammesso e intravisto che nel «sistema Lucano» c’erano una «tutt’altro che trasparente gestione», «estrema superficialità e diffuso malcostume», «gestione quantomeno opaca e discutibile dei fondi destinati all’ accoglienza dei cittadini extracomunitari», Lucano, sì, «soggetto avvezzo a muoversi sul confine tra lecito e illecito, pacificamente superato nelle vicende relative all’affidamento diretto dei servizi di pulizia della spiaggia di Riace e al matrimonio fittizio».
Ma niente che l’abbia indotto ad arrestarlo. E giustamente. Però l’indagine è proseguita, sinché Lucano, molto tempo dopo, cioè la settimana scorsa, è stato accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di illeciti nell’affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti.
E il 2 ottobre è stato messo agli arresti (lo prevede la Legge) ma colle modalità più blande possibili: ai domiciliari, ma con piena libertà di comunicare col mondo e di fare, per dire, dirette televisive di 25 ininterrotti minuti come ha fatto domenica sera su La7, parlando del suo caso senza contraddittorio.
Unica cosa che sembra cattiva: siccome parte dei reati li avrebbe compiuti con la compagna, il gip ha deciso che lui non deve stare in domicilio coatto con lei, ma è normale. Domanda da garantista: ma, anche se blandi e anche se domiciliari, gli arresti erano proprio necessari?
La risposta la fornisce il giudice: Lucano «creava una fitta rete di contatti personali che ne agevolavano, chi più chi meno consapevolmente, le perpetrazioni sopra indicate, e sulla quale tuttora potrebbe fare affidamento per tornare a delinquere è ancora fertile il retroterra sfruttato dall’ indagato (a oggi sindaco di Riace) per porre in essere comportamenti penalmente stigmatizzabili l’incarico attualmente ricoperto e la copiosa presenza di stranieri sul territorio potrebbe costituire occasione propizie per l’adozione di atti amministrativi volutamente viziati o per la proposizione a soggetti extracomunitari di facili e illegali scappatoie per ottenere l’ingresso in Italia». Vero? Falso? Motivato, diciamo.
TUTTO È PERMESSO
Dalle carte comunque emerge che Lucano avrebbe organizzato dei matrimoni di convenienza tra cittadini italiani ed extracomunitarie per farle rimanere nel Paese: e di questo ci sono già fonti di prova, intercettazioni comprese. Secondo il gip – stessa figura che in passato aveva escluso altre accuse – il sindaco e la sua compagna avevano «architettato degli espedienti criminosi, tanto semplici quanto efficaci, volti ad aggirare la disciplina prevista dalle norme nazionali per ottenere l’ingresso in Italia».
La seconda accusa – aver violato il Codice dei contratti pubblici affidando senza gara due contratti pubblici a cooperative che non ne avevano i requisiti – è materia più cavillosa. Tre dipendenti del Comune, ritenuti attendibili dal giudice, accusano il sindaco di irregolarità per gli anni 2014, 2015, 2016 e 2017. Dicono che l’avevano avvertito, ma che lui ha tirato dritto.
È anche il giudice ad ammettere che Lucano faceva reati sapendo di farli: «Il Lucano, che già sapeva di essere indagato, non faceva mistero neanche di fronte a persone estranee al suo entourage di trasgredire intenzionalmente quelle norme civili e amministrative delle quali proprio lui era in realtà tenuto per primo a garantire il rispetto».
Lo sapeva lui, e tra gli amici lo sapevano tutti: e se tu fai questo, e poi la rivista Fortune (2016) ti inserisce ridicolmente tra le «50 personalità più influenti al mondo», forse qualche megalomania comincia ad ombreggiare. Tipo: essere al di sopra della legge, in missione e per conto dell’umanità.----

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