martedì 9 ottobre 2018

Cgil, addio unità interna. Colla non accetta l'indicazione di Landini segretario per il post Camusso. Parte la fase calda della campagna congressuale

Susanna Camusso Secretary General of CGIL trade union with Maurizio Landini during  anti-fascist garrison in front of the Republic's headquarters, After the threats addressed to L' Espresso and La Repubblica, by the neo-fascists after the attack by Forza Nuova on the editorial staff of Repubblica di Roma on December 6,2017 with slogans against the newspaper is throwing smokeguns against employees.on December 11, 2017 in Rome, Italy. (Photo by Andrea Ronchini/NurPhoto via Getty Images)


Il segretario: "In noi c'è una evidente tentazione di non osare"


C'era una volta l'unità interna in Cgil. O meglio, il feticcio dell'unità interna. Invece per un po' di tempo dobbiamo abituarci a un sindacato diverso dal solito, in cui la dialettica interna corre il rischio di travalicare le silenziose stanze di Corso d'Italia. In Cgil, nei momenti più delicati, di solito quelli di transizione da un segretario all'altro, si è sempre preferito lavare i panni sporchi in famiglia, che tradotto significa arrivare al congresso con un nome condiviso. Stavolta però non sarà così. In nottata il segretario uscente, Susanna Camusso, ha proposto come proprio successore il segretario confederale Maurizio Landini. La scelta è stata accolta dalla grande maggioranza della segreteria con favore ma non ha raccolto l'unanimità, anzi si sono levate alcune voci critiche, tra cui principalmente quella dello sfidante dell'ex capo della Fiom ovvero l'altro segretario confederale Vincenzo Colla. Il quale ha fatto trapelare di non voler assolutamente abbandonare la corsa per conquistare la poltrona al quarto piano di Corso d'Italia. Insomma, da oggi parte una calda campagna elettorale per la successione alla Camusso che finirà al congresso di Bari che si terrà a gennaio. Lì sarà l'assemblea dei 450 delegati a decidere il match, ma sia Colla che Landini sanno bene che è adesso che devono conquistare i voti sia a livello territoriale che di categoria....

Ma come si è arrivati a questo showdown? Per capirlo bisogna riavvolgere il nastro alla primavera scorsa, quando la Camusso ha iniziato il suo percorso di consultazione con le strutture interne per individuare il profilo giusto per la sua successione. Non è un mistero che il segretario avesse le idee chiare per il futuro del proprio sindacato: sarebbe servita una figura garante di un salto generazionale, fortemente innovativa, capace di portare aria fresca e un nuovo modo di leggere la realtà nelle stanze della confederazione. Camusso aveva anche un nome oltre al profilo: Serena Sorrentino, donna, quarantenne, capace di andare in video, apprezzata segretaria della Funzione Pubblica. Purtroppo però durante la consultazione non c'è stata quella convergenza necessaria, in altri termini non c'erano i numeri, anche perché alcune categorie non hanno voluto gettare il cuore oltre l'ostacolo. Del resto anche oggi la Camusso si è lamentata di come "ci sia una tentazione evidente del gruppo dirigente di richiudersi in ciò che conosce e poco coraggio di osare". A quel punto la Camusso ha preferito virare su un candidato che potesse essere più unitario, Landini, pur sapendo dell'esistenza di un altro dirigente non disposto a mollare la presa ossia Colla.
Ora davanti alla base e alla burocrazia interna della Cgil si apre un interessante bivio. Perché alla fine i due candidati rappresentano davvero due modelli di sindacato nonché di interlocuzione con la politica. Partiamo da Colla. Lui è il classico dirigente emiliano, in passato segretario della Cgil Emilia Romagna, che rappresenta una scelta in continuità con la tradizione cigiellina. Crede molto in un riformismo dall'alto, basato su una concertazione verticale con le imprese. E può contare sul sostegno di categorie "popolose" come i pensionati, senza dimenticare gli edili e i chimici. Da un punto di vista politico, non ha mai nascosto di preferire un interlocuzione con la sinistra del Pd e con Leu. Landini invece è molto più popolare fra la base, visto che incarna il prototipo del sindacalista di fabbrica, molto attento alle spinte dal basso. Basta fare una passeggiata con lui nelle vie del centro e il termometro dei selfie s'impenna, per dire. E come tale più capace di intercettare e avviare un confronto con la pattuglia pentastellata al governo.
Insomma, si prevedono tre mesi di fuoco e una certezza. In ogni caso il popolo della Cgil avrà fatto una scelta che peserà parecchio sul futuro prossimo e remoto del primo sindacato italiano.



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