mercoledì 27 novembre 2019

MAURIZIO BLONDET - DI NUOVO TUSK – E GLI ALTRI RINOCERONTI

Appena decaduta dalla importantissima carica di “Presidente del  Consiglio Europeo” (seconda solo al presidente di Commissione,   Juncker),  Donald Tusk  si è subito fatto rieleggere Presidente del Partito Popolare  Europeo, ossia della formazione partitica più grossa dello (pseudo) Parlamento UE, insomma posizione altrettanto decisiva per conformare la politica dell’oligarchia.
Votato da 491 europarlamentari PPE   contro 37. Trionfo della democrazia? Niente  affatto: Tusk ha concorso a questo posto senza  un oppositore o  concorrente che glielo contendesse. Insomma, tutto preparato in anticipo: come del resto era preparata in anticipo la “scelta” di Gentiloni come rappresentante italiota  nel “governo” Von der Leyen, e David kippà   Sassoli come  presidente dell’europarlamento. Tutti scelti per la loro ferrea  – anzi, cementizia – adesione  ai “valori  UE”, anche i più discutibili:  in qualche modo, l’euro-garchia   reagisce ai sintomi di disfacimento arroccandosi e indurendosi nel rifiuto negazionista di ogni spiffero di critica e democrazia....

Infatti subito, nel suo primo discorso programmatico  come capo del PPE, Tusk ha tenuto un discorso di guerra;  ha chiamato alla “lotta” contro “autocrati e populisti”,  che “ portano le persone a credere che la libertà non possa conciliarsi con la sicurezza. “Che la protezione dei nostri confini e del nostro territorio non può essere conciliata con la democrazia liberale e una governance efficace con lo stato di diritto”, ha aggiunto, definendo questo conflitto “l’essenza del dibattito interno” all’interno del PPE.
Donald Tusk ha messo in guardia contro quei “politici emergenti sul palco principale” che, approfittando del “caos migratorio”, avevano iniziato a “stabilire sicurezza e ordine contro l’apertura e la libertà”. Ha sottolineato che nessuno nel PPE ha il diritto di attaccare la democrazia liberale.
Ovviamente tutti han capito che Tusk ha  attaccato  l’ungherese Orban  – senza nominarlo, questo è lo stile  – il cui partito Fidesz è  parte del PPE: evidente annuncio della prossima espulsione.
All’espulsione autoritaria  dell’illiberale, si oppone un lieve problema, illustrato dal sito Euronews:  se Fidesz fosse escluso dalla famiglia, il PPE perderebbe 13 poltrone, riducendo i suoi seggi nello (pseudo) europarlamento a 169, che è scomodamente vicino ai 154 mandati del secondo partito più grande, i socialdemocratici. Se, d’altra parte, Fidesz rimane, vi è il rischio che i membri del Benelux e dei partiti scandinavi passino al partito liberale-conservatore “Rinnova l’Europa”, il che potrebbe anche ridurre il numero di politici del PPE di oltre 20” .

Una  kommissione di guerra – alla democrazia

Con Donald Tusk a  capo del PPE, la Kommissione  Van der Leyen (che  molto faticosamente sta per insediarsi)  è  sicura che non le verrà nessuna critica e nessun  rischio di destabilizzazione  democratica dei “nostri valori”  (essenzialmente, “diritti civili”  LGBT cui ha alluso Tusk e apertura dei confini all’immigrazione) .
Discorsi di guerra, bellicisti, hanno infatti temuto la Von der Leyen sia il suo vice, il “ministro degli esteri” che succederà alla povera Mogherini  (anima persa: messa  lì da Renzi, non ha mai avuto un governo italiota da cui ricevere istruzioni) : parliamo dello spagnolo Josep Borrell,  72  anni, vecchio arnese del PSOE in politica  da 50, e che è statopure presidente dell’Europarlamento dal 2004 al 2007: sono sempre gli  stessi che si ridistribuiscono le cariche, non lasciano un buco, uno strapuntino che possa essere occupato da “llliberali”  . Ebbene, Borrell ha subito  dichiarato il suo programma: la credibilità  UE in politica  estera si gioca innanzitutto nella  sua capacità di aiutare  l’Ucraina “contro l’espansionismo russo”,  quindi  la UE non toglierà  le sanzioni contro Mosca  – fra  gli applausi frenetici degli oligarchi –    (la povera Mogherini  era, sospettata dai polacchi e baltici di essere  filo-Cremlino).
Non solo: in obbedienza   alla parola d’ordine della signora Von der Leyen  “è ora che la UE impari il linguaggio della potenza”, Borrell ha rincarato: la UE deve ora ” imparare a usare il linguaggio della forza ”   nel mondo. Quindi è   necessario rafforzare le capacità militari, in particolare   rendendo operativi  i “gruppi di battaglia”, quei  battaglioni multinazionali sono stati creati nel 2004 ma non sono mai stati utilizzati. Mancano i fondi? Borrell non ha mancato di sottolineare che potremmo benissimo finanziare tutto questo con il Fondo chiamato “European Peace Facility” ( Orwell, decisamente),  dotato di  10,5 miliardi di euro.
Del resto, il socialista (sic) Borrell è quello che mesi  fa ha provocato un  incidente diplomatico con Mosca dichiarando che ““la Russia , il nostro vecchio nemico, è tornata a essere una minaccia “. Mentre nello stesso tempo,in ossequio al politicamente corretto dell’euro-garchoia, Borrell   ha dichiarato che lui “odia il nazionalismo  e i confini”  (ossia:  Orban, Salvini e Le Pen), ma forse sintomo di una volontà di potenza imperiale  che   gli eurograchi stanno covando.
“Problemi di dentizione”, ha definito sarcastico il Financial Times le difficoltà della Von der Leyen a insediarsi davvero, con ritardo:    denti da latte per fami imperialiste che si sono accompagnate – dicono i funzionari anonimi – al fatto che la signora “non capisce come funziona la casa” che le è stata  assegnata. Per curare la sua insicurezza,  si è   data , o le sono stati assegnati, tre vicepresidenti che ben conosciamo: Frans Tmmermans, l’olandese, già nella stessa posizione di vicepresidente  sotto Juncker;  Marghrete Vestager,   la ottusa ma imperiosa danese che, come  commissaria alla concorrenza, ha inflitto danni  incalcolabili a risparmiatori e correntisti nella  ristrutturazione di Banca EtruriaBanca MarcheCariferrara e Carichieti :  vietando come”aiuto di stato” l’intervento del Fondo Interbancario per la Tutela dei Depositi  (che essendo appunto un  accordo fra banche non  era aiuto di Stato, come ha confermato il tribunale UE) e  nemmeno chiedendo scusa
Il terzo vice presidente è un altro che conosciamo troppo bene: Valdis Dombrovskis,  piazzato alle costole  (come un secondino)    del commissario in quota all’Italia,   Gentiloni,  di cui comunque non su fidano in quanto “italiano”: non  capiscono quanto si sbagliano, non riconoscono nemmeno i loro maggiordomi.
A parte forse Timmemans, gli altri due sono sperimentati per la loro ostilità preconcetta all’Italia e la volontà di farci pagare  il nostro debito pubblico o farlo declassare dai mercati come insostenibile (la linea Weidmann). Per noi la nuova Kommissione prospetta di essere anche peggiore di quella di Juncker .
Ma affiancati da questi tre vice,   ciascuno dei quali controlla  “le tre principali famiglie politiche”  eurocratiche (gruppi  di oligarchi-funzionari e pacchetti di voti  nell’europarlamento)  per   la  presidente insicura di come funziona la casa che le è stata regalata, “sarà come gestire un governo di coalizione tedesco”.
L’arroganza, la presunzione e  l’autismo che regna in questa oligarchia arroccata è mostrato dal fatto che ha aperto una procedura d’infrazione contro la Gran Bretagna per non aver presentato un suo candidato commissario –  per  semplice buonsenso,  visto che fra qualche Londra uscirà (speriamo) da questa gabbi di dementi.
Insomma sarà una Kommissione di  Guerra:  dove comandano esattamente quelli di prima, con ambizioni ancora maggiori di euro-militaris,op e “forte”, e  ancora più incattiviti dalla sensazione che il progetto burocratico sia  in disfacimento: cosa dio cui danno la colpa ai “sovranisti” , ai “populisti” e a  tutti gli europei che votano quelli, e non loro.
Come abbiamo visto, la Treccani  (fondazione in cui è deus Giuliano Amato) sta già definendo il “sovranismo psichico” come una malattia mentale:
E’ uno degli atti  di guerra contro le opposizioni, a cui non viene riconosciuta più  la minima legittimità, nemmeno mentale. In   attesa  degli infermieri, il vostro cronista vi invita a ricordare
IIl capolavoro di Eugène Ionesco, i Rinoceronti: narrava  di una città dell’Europa centrale dove i cittadini si trasformano, uno ad uno, in rinoceronti. Una volta cambiati, fanno ciò che fanno i rinoceronti, infuriando  attraverso la città e devastando tutto . All’inizio le persone   restano  alquanto perplesse,  su   come trattari con i loro concittadini  che uno dopo l’altro di punto in bianco si mutano in rinoceronti;  ma abbastanza rapidamente, anche quella lieve perplessità svanisce. Presto, è la Nuova Normalità. Presto, è semplicemente  il modo naturale di essere … anzi, un  modo buono, in fondo. Bèrenger, perde  gli ultimi amici, Dudard che  ritiene suo dovere diventare rinoceronte per seguire i capi e i compagni, Daisy che di colpo trova il rinoceronte bello,  ne ammira l’energia… Soltanto   Bérenger  resiste al richiamo della rinocerontità – e  quella scelta non gli porta altro che   sofferenza, e  dubbio esistenziale, dato che è   assolutamente – profondamente – solo.
Jonesco satireggiava così, ferocemente e disperatamente,  i totalitarismi  dell’Est.  Ma ciascun lettore, ne sono sicuro, sta sperimentando in questi mesi la solitudine  e il dolore di Bérenger: amici che credono a Greta,   alla necessità di ridurre il Co2 , di lottare contro “l’odio” con la Kommissione Segre, di fermare Salvini col le sardine,  alla  necessità di essere  in Europa, che trovano normale i gay-pride; e con i quali non si può più  parlare perché a  loro sembra   naturale,  progressista, giusto e  bello,ciò che a noi continua a parere mostruoso e demente.

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