Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offriamo alla vostra attenzione – con un certo disgusto – alcuni elementi di valutazione su quanto è in corso in Medio Oriente, e sul livello di degrado a cui è giunto un certo giornalismo di casa nostra. Buona visione.
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Dopo quelle di Roccella e Incoronata Boccia, dal convegno dell’Ucei è uscita appena fuori l’ultima mostruosità.
E forse è la più mostruosa di tutte.
Mario Sechi, direttore di “Libero”, con una spaventosa nonchalance ha spiegato:
“Pallywood racconta menzogne: "A Gaza non ne ho visti tanti dimagriti… Mi pare che le prove siano là a parlare.”
Nel caso ve lo steste chiedendo, sì, lo ha detto davvero.
Ha messo in dubbio la carestia, ha negato la presenza di migliaia di civili denutriti, scavati, morti per la fame. Persino con stampato in faccia il ghigno soddisfatto di chi pensa di aver svelato una grande verità.
Il tutto senza aver messo piede neanche per un secondo a Gaza.
In giacca e cravatta, dallo scranno di questa riunioncina di filo-israeliani militanti, tutti riuniti a fare a gara a chi la sparava più grossa, Mario Sechi ha vinto a mani basse il premio disumanità dell’anno, forse del secolo.
Raramente ho visto partorire un tale concentrato di orrore come quello partorito in meno di 48 ore da questo convegno.
Resterà tutto, non dimenticheremo nulla, nessuna parola.
Risponderete di tutto davanti al tribunale della Storia.
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Questo post de L’Espresso su Instagram:

Incoronata Boccia detta Cora, capoufficio stampa Rai, continua ad alzare l’asticella a sorpresa, perché se c’è la possibilità di dire qualcosa di sbagliato nel momento meno opportuna la giornalista sarda batte tutti. «Non esiste una sola prova che l’esercito israeliano abbia mitragliato civili inermi. Vergogna per il suicidio del giornalismo che si è piegato alla propaganda dei set di Hamas. Ad Hamas dovrebbero dare il premio Oscar per la miglior regia» ha detto Boccia. E l’ha detto davvero, come prova il video scovato dal Grande Flagello e pubblicato sui social, col tono di chi la sa lunga, neanche fosse l’ex vicedirettrice del Tg1, perché si sa come sono fatti i bambini di Gaza, che per anni si sono ostinati a spararsi da soli.
L’occasione del delirio è stato il convegno organizzato in occasione dell’anniversario del 7 ottobre e promosso dall’Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei) e dal Cnel dal titolo apodittico: “La storia stravolta e il futuro da costruire”. E sulla storia stravolta in effetti c’è stata coerenza anche perché parliamo dello stesso convegno in cui la ministra Roccella ha definito “gite antifasciste” i viaggi d’istruzione ad Auschwitz.
D’altronde Incoronata Boccia detta Cora è una ragazza di provincia, come spesso ama definirsi parlando di sé in terza persona («Cora è una ragazza di provincia che ce l’ha fatta con le sue forze»), e se avesse bisogno di una colonna sonora sarebbe “Ci son cascato di nuovo”, declinato al maschile che tanto «Il linguaggio di genere deve essere una scelta, non un obbligo».
L’articolo di Beatrice Dondi continua sul sito de L’Espresso.
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Questo post su Instagram fa capire come la battaglia si stia spostando sulla negazione del genocidio commesso. Al Jafarawi è l’ultimo dei giornalisti uccisi da Israele o da suoi affiliati a Gaza, oltre trecento.

L’account verificato del giornalista palestinese Saleh al-Jafarawi, seguito da oltre 4,5 milioni di persone, è stato rimosso da Instagram poche ore dopo la sua morte a Gaza, domenica 12 ottobre. Secondo fonti locali, Al-Jafarawi è stato rapito e ucciso da milizie armate operanti in coordinamento con le forze israeliane.
Al-Jafarawi era diventato una delle voci più seguite nel documentare il genocidio di Israele a Gaza.
Negli ultimi mesi Saleh aveva denunciato più volte episodi di censura e limitazione della visibilità dei contenuti di account palestinesi da parte delle principali piattaforme social. Il suo account Instagram era un vero e proprio archivio digitale di decine di bombardamenti sui civili, estremamente utile come documento dei crimini di Israele su Gaza.
Anche le copie archiviate della sua pagina sulla Wayback Machine — il più grande archivio pubblico del web — sembrano essere state rimosse o rese inaccessibili rendendo impossibile recuperare le sue testimonianze.
La scrittrice palestinese-americana Susan Abulhawa sottolinea che la cancellazione della pagina di Saleh su Wayback Machine potrebbe segnare “una nuova fase negli sforzi per cancellare le prove dei crimini di guerra israeliani da Internet”.
#gazagenocide #platforms #israel #salehajafarawi
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Poi c’è questo post su X, relativo all’intervento di Paolo Mieli:
È semplicemente scandaloso. Paolo Mieli, con la sua consueta arroganza colonialista, si è lasciato andare, durante la trasmissione di Lilli Gruber su La7, a un discorso indegno sulla liberazione di Marwan Barghouti.
Ha dichiarato testualmente: “Marwan Barghouti va liberato, ma non adesso. Va liberato come Mandela, cercando di liberarlo e trovando degli accordi. Altrimenti, se lo liberiamo subito, è uno che può creare molti problemi a Israele”.
Oltre alla menzogna storica sulla liberazione di Mandela, che non fu rilasciato perché faceva comodo, ma perché il mondo intero si era schierato contro il regime di apartheid in Sudafrica, bisogna ricordare che la pressione della società civile mondiale e l’embargo internazionale avevano reso impossibile la sopravvivenza del regime.
Mandela fu liberato solo dopo che il sistema dell’apartheid era crollato, come atto conclusivo della sua fine.
Rendiamoci conto di ciò che ha detto: Barghouti, prigioniero politico da anni, incarcerato ingiustamente per ragioni esclusivamente politiche, secondo Mieli non dovrebbe essere liberato “subito” perché la sua libertà disturberebbe Israele.
In altre parole, Mieli ammette implicitamente che Barghouti sia detenuto per motivi politici, ma allo stesso tempo giustifica la sua detenzione finché il potere coloniale non lo riterrà “opportuno”.
Questa è l’essenza del pensiero colonialista: riconoscere l’ingiustizia, ma accettarla come “necessaria” per tutelare l’ordine imposto dal più forte.
Paolo Mieli, con il suo linguaggio apparentemente moderato, perpetua la logica del dominatore che decide tempi, libertà e dignità degli oppressi. Non è analisi politica, è complicità morale con il colonialismo.
Paolo Mieli è, senza mezzi termini, un colonialista.
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Poi c’è questo post su X (cliccate per il video):

Ernesto Galli della Loggia è un editorialista del Corriere della Sera.
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15 Ottobre 2025 Pubblicato da Marco Tosatti
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