2 Ottobre 2025 Pubblicato da Marco Tosatti
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offriamo alla vostra attenzione due interventi relativi ala caso della Sumud Flotilla piratata nel mare di Gaza dalla marina israeliana. Buona lettura e diffusione.
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Il primo è questo post pubblicato su facebook da Alessandro Volpi:
Una domanda ingenua:
Ma perché Israele ha bloccato la Flottilla e arrestato i suoi membri?
Secondo il diritto internazionale e le deliberazioni Onu, il blocco che Israele ormai esercita dal 2009 è illegale.
Così come è illegale il blocco degli aiuti umanitari ed è illegale il divieto posto da Israele persino di circolazione di pescherecci a largo di Gaza.
Dunque, Israele non ha alcun diritto di bloccare e arrestare i membri della Flottila nei cui confronti è posta la richiesta esplicita, di fatto, di sconfessare il gesto pena un ulteriore trattenimento in detenzione nelle carceri israeliane.
Ma se non ha il diritto di bloccare la Flotilla, esiste almeno un pericolo costituito dalla Flotilla stessa?
Sembra davvero impossibile anche solo immaginare una ipotesi del genere.
Piccole imbarcazioni ormai vivisezionate dagli stessi israeliani possono davvero essere lo strumento di Hamas?
Alla luce di tutto ciò, di un genocidio in atto, di un gesto che ha il valore simbolico di ripristinare la libertà del mare e di rendere possibile un corridoio continuo di aiuto al popolo palestinese è possibile definire gli attivisti di Flotilla dei nemici del popolo italiano, è possibile usare un’espressione come “week end e rivoluzione non vanno d’accordo”?
E’ possibile alimentare lo scontro interno ad un paese accusando i sindacati che proclamano uno sciopero di sostegno alla Flottila e contro la violazione del diritto internazionale di essere dei fannulloni o peggio degli eversori responsabili di impedire agli italiani “buoni” di lavorare?
E’ possibile scendere a questo livello di violenza verbale che può davvero generare manifestazioni di odio profondo all’interno di una popolazione già provata da una crisi strutturale della propria capacità di avere un lavoro e un reddito dignitosi?
E, peraltro, è possibile accusare i membri di Flotilla e i loro sostenitori di ritardare un piano di “pace”, concepito da un criminale di guerra?
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Il secondo è questo commento di Andrea Zhok:
Due parole sulla vicenda della “Flotilla”, con una considerazione politica generale.
Che nella Flotilla ci fossero (ci siano) personaggi in cerca di notorietà personale è sicuro (almeno uno si è palesato).
Che questo tipo di iniziative abbia un carattere eminentemente mediatico, con elementi di spettacolarizzazione, e che sia un passo indietro rispetto ad eventuali iniziative politiche, pressioni, sanzioni, ecc. è sicuro.
Che alcuni cerchino di strumentalizzare la vicenda per colpire i rispettivi governi in carica – quasi ovunque appiattiti su una posizione sionista – è decisamente plausibile.
Che a questa iniziativa partecipino molti soggetti che su altri temi sociali importanti hanno manifestato nel recente passato una consapevolezza politica carente o nulla è un fatto.
1) Tra fare qualcosa e non fare un cazzo c’è sempre un abisso. Dunque onore a chi, di fronte al male, si sbatte per fare qualcosa.
2) Nel caso specifico dei rapporti con Israele – stato canaglia notoriamente privo di qualunque scrupolo e dotato di mezzi finanziari e militari colossali – chiunque si profili come ostile alle politiche di Israele comunque mette in campo almeno un pochino di coraggio. E in un’epoca dove i capi di stato o della chiesa – gente con il culo straordinariamente al caldo – abbozzano, fischiettano, quando non supportano senz’altro un genocidio, anche a questo, piccolo o grande coraggio civico, va dato atto.
3) Per come è configurata oggi la politica in Occidente, i margini di intervento dall’esterno del potere istituzionale sono estremamente ridotti. Il potere istituzionale oggi è più solido ed impermeabile che mai, con sistemi di controllo, sorveglianza, condizionamento e repressione storicamente inediti. Dunque – per quanto entrare nel gorgo della “società dello spettacolo” sia sempre a grave rischio di manipolazione – passare per le strade dell’apparenza, della manifestazione, della rappresentanza ad uso dei media è in qualche modo una via obbligata (non la sola, ma non evitabile).
4) E infine. Molti pensano che aver colto sì la drammaticità della vicenda palestinese, ma essersi lasciati sfuggire gli ultimi vent’anni almeno di degrado politico-culturale in Occidente non parli a favore della vigilanza critica di MOLTI di coloro i quali oggi si sono attivati.
È vero.
Sulla vicenda palestinese si sono attivate parti critiche del cervello che in molti erano assopite da tempo. Questo perché si tratta di una vicenda antica, che copre più generazioni, e per la quale spesso il terreno interpretativo era già predisposto.
Ma – come si dice – tardi è comunque molto meglio che mai, e tra niente e qualcosa, meglio qualcosa.
Per quanto non scontato, forse questa vicenda segna l’inizio, l’alba, di una nuova presa di coscienza interna all’Occidente di cosa l’Occidente stesso sia divenuto: neocolonialismo doppiopesista, neoliberalismo spacciato per libertà, retorica dei diritti come travestimento per il loro abuso sistematico, monopolismo privato spacciato per libero mercato, esplosione della forbice sociale interna, bullismo internazionale, cancellazione del passato, svuotamento del futuro e sostituzione di ogni identità – personale e di gruppo – con etichette brandizzate.
L’odierna politica di Israele, in stretta connessione con gli USA, e con l’asservimento dell’Europa, mette sotto la lente di ingrandimento una configurazione del potere neoliberale occidentale che, forse, inizierà a presentarsi per quello che è, come una configurazione unitaria, non un accidente.
Forse, e dico forse, con ciò si aprirà nelle menti la strada alla rottura di quella contrapposizione paralizzante, oggi ampiamente fittizia e strumentale, tra destra e sinistra, che nel gioco delle parti copre la profonda involuzione del sistema.
Non è affatto detto, ma forse questo è uno di quei momenti storici in cui la coscienza collettiva assopita si risveglia.
Forse.
Diamogli una chance.
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