L’incertezza che si proietta sull’Italia è il riflesso della babele di voci nella maggioranza, dove gli scontri, pubblici, sono ormai all’ordine del giorno. Per alcuni «il tema non è se cambierà il governo, ma quando cambierà»
Puntellato per necessità più che per convinzione, il governo vive un momento di quiete dentro la tempesta. Ma i contatti tra maggioranza e opposizione sono l’indizio di una svolta. Da settimane ormai l’Italia vive alla giornata. È attaccata al respiratore della Bce, che compra i suoi titoli di Stato. Attende i soldi del «bazooka» promessi da Conte che — come ha scritto Enrico Marro sul «Corriere» — ancora non ci sono. E sulla «fase due», tra una moltitudine di comitati, commissari e task force, non vede l’orizzonte: per ultimo ieri il capo dei grillini Crimi si è sentito di dire che «non si sa se il lockdown finirà il 4 maggio»...
L’incertezza che si proietta sul Paese è il riflesso della babele di voci nel governo e nella maggioranza, dove gli scontri sono ormai all’ordine del giorno. E sono pubblici. Dopo che i grillini avevano recapitato al premier un’insidiosa interrogazione sui servizi, il democratico Borghi si è chiesto se il limite posto alla presentazione degli ordini del giorno in Parlamento sia dovuto al fatto che «non si debba disturbare il manovratore». Con un linguaggio da opposizione, non ha attaccato solo Conte ma anche il ministro dell’Economia Gualtieri, nei riguardi del quale sale il malcontento nel partito. Al punto che la componente di «base riformista» si prepara a presentare una serie di emendamenti al decreto Liquidità, per «andare incontro alle esigenze delle imprese». E rispondere positivamente all’appello del neo presidente di Confindustria Bonomi, il cui discorso di insediamento ha invece irritato il titolare di via XX Settembre.
È vero, i nuovi equilibri faticano a realizzarsi. E c’è chi — come Fico — legittimamente lavora a contrastarli: «Sarebbe irresponsabile disarcionare Conte». Ma c’è un motivo se «Franceschini si sta muovendo», come rivelano dal Carroccio. Non è dato sapere cosa abbia detto il capodelegazione dem a Giorgetti, è certo che il dirigente della Lega ha affrontato l’argomento anche con il capogruppo del Pd Delrio: «Hai sentito l’aut-aut posto da Bonomi alla politica? Questo governo è troppo lontano dalle istanze dei ceti produttivi». Si sa che Giorgetti è sostenitore di un gabinetto di unità nazionale guidato da Draghi, un convincimento rafforzato dagli eventi: «Così la situazione non può reggere. A breve, per salvare il Paese, tutti saremo chiamati a un compito più grande di noi».In simili condizioni, non si sa quanto possa ancora reggere l’esecutivo: «Un mese — ipotizza Casini— forse due. Poi i gravi problemi economici imporranno di correre ai ripari. O non si salverà nessuno, di maggioranza e di opposizione». Le parole dell’ex presidente della Camera, coincidono coi ragionamenti di autorevoli esponenti del Pd, secondo i quali «il tema non è se cambierà il governo, ma quando cambierà il governo». Considerazioni che si affacciano anche nei colloqui informali tra rappresentanti di partiti avversari, e che rendono il premier assai sospettoso: «Ormai Conte — racconta un grillino di rango — vede complotti dappertutto».
L’emergenza è un magnete al quale le forze politiche non potranno sfuggire. Ecco perché, nonostante le profonde differenze, non sorprendono la coincidenza tra le tesi di esponenti della maggioranza e dell’opposizione, i loro discorsi sul «governo modello Ciampi», dove i ministri erano tecnici scelti dal premier e dal capo dello Stato e i sottosegretari espressioni dei partiti. E mentre discutono tengono sempre lo sguardo rivolto verso il Colle..
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17 aprile 2020 (modifica il 18 aprile 2020 | 08:33)
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