martedì 21 aprile 2020

x Huffington Post By Giuseppe Alberto Falci - Conte ...in aula senza una decisione!

Italian Premier Giuseppe Conte addresses the lower Chamber of Deputies, in Rome, Monday, Dec. 2, 2019....

Alla vigilia del discorso in parlamento, Conte non ha un programma sulla “fase due”. E sul Mes è costretto a evitare il voto per le spaccature nella maggioranza. Al vertice di maggioranza anche i ministri Pd mostrano una certa irritazione.


By Giuseppe Alberto Falci

 A  meno di 24 ore dal suo ingresso in Aula, Giuseppe Conte è stremato dagli incontri con i capi-delegazione di maggioranza, dalle posizioni dei Cinquestelle che gli intimano di non firmare accordi che prevedano il Mes, e dalle accuse che gli vengono rivolte di essere indietro sulla ripartenza del Paese. Eccolo allora il presidente del consiglio prima del grande giorno, chiuso nel suo fortino a preparare il lungo discorso dell’informativa sul Consiglio europeo di giovedì ai tempi del Covid-19, dove i capi di Stato si giocheranno la vera partita sul Mes della discordia senza condizionalità, sui Recovery bond o su quel “piano Marshall” al quale stanno lavorando la presidente della Ue, Ursula Von Der Leyen, e il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel.... 
 Ci arriva “assediato” all’appuntamento segnato in rosso sull’agenda. Con i cinquestelle che da qualche ora gli hanno recapitato un doppio messaggio. Il primo suona più o meno così: “Sul Mes non abbiamo cambiato idea. Per noi è no. Punto”. Ma è il secondo pizzino che rappresenta una novità: “E’ facile chiudere tutto, ma non c’è uno straccio di piano sulla ripartenza”. E se ha messo in conto che le opposizioni lo accuseranno di non aver avuto il coraggio di mettere ai voti la decisione del Mes senza condizionalità, ora ci sono pezzi del mondo democratico che sotto traccia, senza clamori, mostrano una certa irritazione e iniziano a rumoreggiare. Non a caso un ministro importante che pretende l’anonimato esprime così il suo malcontento: “I giorni passano e siamo ancora a carissimo amico. Non possiamo presentare solo le riaperture del 4 maggio, ma urge un calendario complessivo: ristoranti, bar, teatri, cinema. E poi un piano.”
Sia come sia Conte proverà a fronteggiare l’assedio interno ed esterno con parole che non si discosteranno dalle recenti interviste. Tenendo il punto su un fatto: “Io non voglio far votare finché non ci sarà un accordo complessivo”. Prenderà tempo, certo, convinto che si debba ragionare in una logica di pacchetto complessivo  e che non potrà non prescindere dagli eurobond. Solo a quel punto, ricorderà, si ripresenterà al Senato e alla Camera per una comunicazione che prevederà un voto di una risoluzione. Insomma, si tratterà di un arringa nella quale sottolineerà l’inadeguatezza del Mes che risulta “uno strumento insufficiente ad affrontare questa sfida epocale”.
E poi? E poi ripeterà il ragionamento che ha già scolpito in una intervista al Suddeutsche Zeitung: “Qui serve tutta la potenza di fuoco dell’Unione europea attraverso l’emissione di titoli comuni che consentano a tutti i Paesi di finanziare in maniera equa e adeguata i costi di questa crisi”. Tradotto, viva gli eurobond. La sua è una strategia che correrà su un doppio binario. Da un lato infatti cercherà di mettere dei puntellare l’Europa e i suo attori del Nord agitando lo spettro del veto con l’obiettivo di contenere il malessere diffuso dentro la galassia dei cinquestelle. Dall’altro, come ha già fatto nell’intervista al Giornale, house organ di Forza Italia, tenderà la mano a quell’opposizione “responsabile”, vale a dire agli azzurri di Silvio Berlusconi. Ed è una mossa quest’ultima utile non solo a dividere il centrodestra ma più a spaventare chi dentro al Movimento non può digerire un accordo sul Fondo salva stati. Né tantomeno un cambio di maggioranza con dentro il partito del capo del Biscione. D’altro canto, sussurrano, “nella narrazione grillina Berlusconi è l’uomo della P2, lo psiconano, il Cavaliere nero”. 
Sullo sfondo c’è l’altro fronte scoperto, la fase due. Ecco perché farà una serie di passaggi non richiesti su questo dossier che ormai è diventato l’oggetto del dibattito. Ed è a questo punto che si rivolgerà più alla sua maggioranza che all’opposizione. La ragione è legata allo stato di irritazione che oramai dilaga dentro la compagine di governo. Non a caso nel corso del confronto di oggi con i capidelegazione, durato ore e definito dagli spin interni “interlocutorio”, Conte si è ritrovato la ministra renziana, Teresa Bellanova, battere i pugni: “Se questa fase non viene governata in modo sapiente rischiamo di trovarci con un Paese allo stremo”. Non solo. Anche dal fronte grillino si sono registrati malumori. “Non c’è uno straccio di piano per la ripartenza”, è il refrain pentastellato. E anche dalle parti del Nazareno serpeggia una certa irritazione. In questo contesto si muoverà l’indeciso Conte. E c’è una battuta che forse non lo è tanto che circola nei corridoi di Palazzo Madama: “L’ultima volta che è venuto qui a parlare sul Mes tre grillini hanno lasciato il Movimento per approdare alla Lega”. Già, la Lega dell’avversario Salvini. 

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