sabato 8 giugno 2019

Peones, boiardi e nomine: il Lotti Party dentro il Pd


HA PERSO POTERE E ANCHE IL PIENO SOSTEGNO DI RENZI, MA RESTA ANCORATO A UN GRUPPO DI PARLAMENTARI E A CHI GLI DEVE RICONOSCENZA
 (di Stefano Feltri e Carlo Tecce – il Fatto Quotidiano) –
 Col solstizio d’estate, il 20 giugno, Luca Lotti compie 37 anni con un grande avvenire dietro le spalle. Non soltanto per i dopocena con i magistrati per confabulare sui capi delle Procure, ma perché il fu prodigioso consigliere comunale di Montelupo Fiorentino – già sottosegretario a Palazzo Chigi, ministro dello Sport e tante altre cose – maneggia un potere residuo con la richiesta pendente di rinvio a giudizio per l’inchiesta Consip e il sostegno residuo (ma a debita distanza) di Matteo Renzi. Addio quei tempi in cui era il pensiero e l’azione di Matteo, quei tempi in cui Lotti era la radice del verbo lottizzare, iperattivo – forse troppo – su più fronti. “Parla con Luca”, così Renzi liquidava i dirigenti d’azienda spaesati nel renzismo che finì per rottamare se stesso. Oggi il “lampadina” – con la chioma rada ma ancora bionda – è un deputato semplice, un piccolo centro di potere nel Partito democratico, ma pure un riferimento di una arcigna corrente e di una manciata di boiardi ancora per poco riconoscenti, di colleghi prudenti perché Luca sa, fa, muove. Dialoga con i magistrati....

All’ex ministro vanno ascritti una decina di parlamentari, consapevoli delle oscillazioni che la politica impone per primario spirito di sopravvivenza: Antonello Giacomelli, che su spinta di Luca bombardava Antonio Campo Dall’Orto, direttore generale Rai; Alessia Rotta, Raffaella Paita, Alessia Morani, Simona Malpezzi, Emanuele Fiano, Salvatore Margiotta, Ernesto Magorno, Franco Vazio, poi il sindaco di Prato, Matteo Biffoni, e con un asterisco va citato anche Davide Ermini. Quest’ultimo è il vicepresidente del Csm, assurto a guida dell’organo di autogoverno della magistratura – adesso violenta arena di lotte fra toghe – con l’inequivocabile regia di Luca. Ermini ha poi saggiamente deciso di consegnarsi al presidente del Csm (e della Repubblica) con una visita da Sergio Mattarella al Quirinale due mesi fa.
Il “lampadina” è la malta che lega il renzismo in sonno ai dem di Nicola Zingaretti. Ma Nicola Danti, candidato lottiano al Parlamento europeo, ha mancato l’elezione. Un’umiliazione. Finché ha goduto della protezione del premier Renzi, Luca ha scorrazzato con libertà di manovra: i buoni rapporti con gli editori per l’incarico di Chigi di generoso sottosegretario all’editoria, l’asse con Denis Verdini, i contatti con Gianni Letta, l’ossessiva attenzione all’immenso capitolo nomine pubbliche, in particolare a quelle di intelligence. Non ha funzionato, invece, la replica con Paolo Gentiloni che gli ha negato la delega ai servizi segreti e l’ha relegato al ministero dello Sport.
Il “lampadina”, però, non ha smesso mai di montare e smontare poltrone. Al primo giro, nel maggio del 2014, lavorò per convincere Renzi a preferire Claudio Descalzi a Paolo Scaroni e intestarsi così il ruolo di “responsabile governativo” dell’Eni. Scaduto il triennio, nel 2017 con Gentiloni a Chigi, Luca s’è infuriato per le scelte – vidimate dal detestato ministro Padoan – di Alessandro Profumo a Leonardo e di Luigi Ferraris a Terna, riuscendo a strappare, però, la promozione al vertice di Poste di Matteo Del Fante, arrivato con fama di renziano e poi capace di emanciparsi al punto da diventare lo snodo cruciale del reddito di cittadinanza dei Cinque Stelle.
Lotti ha sgomitato per lo sbarco in Eni o Enel di Marco Alverà di Snam, manager prudente e giovane (43 anni) che non si è mai stretto a Lotti e ha costruito ponti con M5S e Lega da cui è stato riconfermato. Non per colpa di Gentiloni, ma per i gialloverdi è caduto Renato Mazzoncini di Ferrovie. “Parla con Luca”, era il mantra di Renzi impegnato nel 2016 con la rovina del referendum, mentre Maria Elena Boschi naufragava con Etruria, Luca arruolava la Chiesa, i sindacati (la Cisl) e gli agricoltori per il sì. Con la sponda del segretario generale Enzo Gesmundo, Luca ha schierato la Coldiretti per varie esigenze politiche. E poi ha tentato di trascinare a sé la Chiesa di Francesco – memore dei rapporti privilegiati con “preti e suore” a Firenze come disse Lapo Pistelli, battuto alle primarie fiorentine da Renzi – sfruttando il canale con il cardinale Angelo Bagnasco, allora presidente della Conferenza episcopale. In quel grande avvenire dietro le spalle, Luca Lotti parlava con chiunque e chiunque parlava con Luca Lotti. Ora gli resta poco, ma un poco che conta.---

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