Entro il 30 giugno doveva essere rinnovato il patto di «convivenza» tra Berna e l’Unione. Prima «punizione»: impossibile scambiare in Europa azioni della Borsa di Zurigo.
Claudio Del Frate
La Svizzera è finita sulla lista dei «cattivi» dell’Unione Europea: da lunedì primo luglio scatterà la prima importante sanzione finanziaria di Bruxelles contro la Confederazione; decadrà infatti la cosiddetta «equivalenza» della Borsa di Zurigo con le altre piazze affari comunitarie. Tradotto in pratica: non sarà più possibile scambiare titoli del listino elvetico nelle altre Borse dei paesi Ue. La sanzione è dovuta al fatto che è scaduto l’ultimatum (30 giugno) indicato da Bruxelles entro il quale doveva essere sottoscritto il nuovo accordo che regola i rapporti tra la Comunità e la Svizzera. Si tratta di una sanzione dal significato più politico che concreto e contro il quale Berna prepara contromosse (ad esempio il taglio di alcuni contributi che è tenuta a versare a Bruxelles).
Cosa non piace alla Svizzera...
Attualmente i rapporti tra i 27 stati Ue e la «fortezza» elvetica sono regolati da un dozzina di trattati bilaterali che spaziano nei campi più diversi: la circolazione delle persone, delle merci, dei capitali, la collaborazione giudiziaria, il traffico aereo e ferroviario, la sicurezza. Quattro anni fa le parti hanno cominciato a rinegoziare e aggiornare parti del dossier ma alcuni capitoli non hanno convinto del tutto la Svizzera. L’incaglio riguarda in particolare le regole di accesso al mercato del lavoro elvetico per i cittadini comunitari (ritenute troppo permissive), l’accesso a una serie di prestazioni sociali svizzere sempre da parte di cittadini Ue e alcuni diritti legati alla cittadinanza. Berna ha chiesto via via più tempo per discuterne, Bruxelles ha posto un termine ultimo per sottoscrivere l’accordo (il 30 giugno, appunto) oltre il quale avrebbe attuato misure ritorsive.
Botta e risposta
Detto e fatto: la «deadline» è alle porte, i tempi tecnici sono scaduti e da lunedì si alzerà un muro tra la Borsa di Zurigo e le «consorelle» d’Europa. I rischi concreti? le imprese elvetiche avranno più difficoltà a finanziarsi attraverso investitori comunitari ma l’associazione dei banchieri ostenta sicurezza: «Gli operatori europei che intendono finanziare aziende svizzere potranno tranquillamente farlo passando dalle piazze di New York o Singapore» ha fatto sapere il direttore dell’associazione Jan Langlo. Ma il governo federale ha pronta la contromossa: la più probabile sarebbe bloccare lo stanziamento (un miliardo circa) che la Svizzera versa alla Ue come fondo di coesione con i paesi dell’Est Europa. Per questo passaggio è però necessario un voto del parlamento che potrà arrivare solo in autunno.
Il nodo del referendum
Nel frattempo le diplomazie proveranno a ricucire lo strappo. Il più ottimista, in queste ore è Ignazio Cassis, ministro degli esteri elvetico: «Speriamo si tratti di una situazione temporanea» ha dichiarato alla tv nazionale. Aggiungendo poi: «In Europa qualcuno si è convinto che volessimo solo perdere tempo ma in Svizzera abbiamo una diversa struttura democratica, non basta un pronunciamento del governo. L’intenzione era quella di sottoporre l’accordo a un referendum popolare, come prevede la democrazia diretta della Confederazione ma in ottobre sono previste anche le elezioni parlamentari, «congiunzione» che potrebbe favorire lo schieramento contrario all’accordo con Bruxelles. «e invece è necessario che il trattato soddisfi la maggioranza della popolazione e della parti sociali» ha detto Cassis.
28 giugno 2019 (modifica il 28 giugno 2019 | 19:46)
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