di Fabrizio Massaro14 giu 2019
La procedura d’infrazione per alto d
Debito? «Se la fiducia nel Paese è solida e la base di risparmio sufficiente, livelli di indebitamento nell’ordine del 200% rispetto al Pil non contrastano con gli obiettivi economici e sociali perseguiti dalla politica», afferma il presidente della Consob, Paolo Savona, nella sua relazione al mercato a Piazza Affari a Milano citando l’ «istruttivo» esempio del Giappone, che ha un debito superiore a circa due volte il valore della sua economia. Non esiste «una risposta univoca su quale sia il legame ottimale tra debito pubblico e Pil», spiega Savona, «soprattutto se il rapporto è valutato in modo indipendente dallo stato della fiducia». Questo, aggiunge il neo presidente della Consob ed ex ministro degli Affari Europei del governo Conte, «non significa che non esista un limite all’indebitamento ma, come insegna un elementare criterio di razionalità economica, per garantirne la sostenibilità il suo saggio di incremento deve restare mediamente al di sotto del saggio di crescita del Pil»...
Per questo motivo — sottolinea Savona — restituire fiducia «nel futuro dell’Italia» e sulla sua «solvibilità finanziaria» è condizione fondamentale per favorire «lo sviluppo», non solo «materiale», del Paese. «Il ripristino della fiducia nel futuro dell’Italia è lo scopo prioritario» che «non può essere perseguito dalla sola Consob. Tutte le istituzioni democratiche e le organizzazioni dello Stato devono essere chiamate a operare per definire una strategia condivisa che poggi su basi logiche e fattuali».
Le discrasie tra norme europee e regole nazionali e i pregiudizi sul Paese
Savona è partito nella sua analisi da alcuni difetti strutturali della costruzione europea, che hanno minato la capacità dei Paesi di poter manovrare le proprie politiche per la crescita e rispondere alla crisi del 2008. In particolare nei trattati che istituiscono l’Unione europea c’è una «discrasia di trattamento» , perché mentre esistono «strumenti sovranazionali» per raggiungere la stabilità, mentre l’obiettivo della crescita «è affidato alle cure prevalenti dei singoli Stati membri».
Ma quello che accade è che, nonostante la forza del sistema italiano basato sul risparmio privato e le esportazioni, «i giudizi negativi non di rado espressi da istituzioni sovranazionali, enti nazionali e centri privati appaiono prossimi a pregiudizi» perché non tengono conto di questi «due pilastri». «È come se l’Italia fosse collocata dentro la caverna di Socrate — o, se preferite, di Platone», continua l’82enne economista sardo, sulle cui pareti viene proiettata «un’immagine distorta della realtà». Anche perché — rivendica Savona nella sua relazione di 20 pagine — «i sospetti sulla possibilità di insolvenza del nostro debito pubblico» sono «oggettivamente infondati».
Il risparmio italiano, una risorsa sfruttata dall’estero e non in casa
Un esempio di questa distorsione si può vedere nel risparmio: «l’Italia non assorbe flussi di risparmio dall’estero ma ne cede in quantità superiori al suo debito pubblico. Questa condizione può essere vantata principalmente dai Paesi ricchi di materie prime, una carenza che l’Italia ha compensato con le sue eccellenti capacità di intrapresa. Per la comunica europea e globale l’Italia non rappresenta un problema finanziario ma una risorsa alla quale molti Paesi attingono per soddisfare le loro necessità».
Secondo il presidente della Consob invece «il binomio fiducia-crescita riceverebbe un impulso certo e rilevante da un’azione congiunta del settore privato e pubblico italiano per attuare investimenti aggiuntivi nell’ordine di 20 miliardi di euro utilizzando risparmio interno».
Secondo il presidente della Consob invece «il binomio fiducia-crescita riceverebbe un impulso certo e rilevante da un’azione congiunta del settore privato e pubblico italiano per attuare investimenti aggiuntivi nell’ordine di 20 miliardi di euro utilizzando risparmio interno».
Solo che il risparmio privato, dopo la creazione dell’euro e l’assenza di una moneta nazionale, ha perso fiducia presso le famiglie — spiega Savona — e oggi è in gran parte in mano alle banche. «Il potere di valutare il rischio di rimborso si è trasferito sul mercato senza un adeguato contrasto alla speculazione, che non di rado trova alimento nell’attitudine delle autorità a usarlo come vincolo esterno per indurre gli Stati membri a rispettare i parametri fiscali concordati a livello europeo».
«Con la decisione di aderire all’euro fin dall’inizio, l’Italia ha accettato di far convergere il debito pubblico verso il 60% del Pil senza prima definire a livello interno e a quello europeo una politica di rientro dai 45 punti percentuali in eccesso, priva di caratteristiche deflazionistiche e, di conseguenza, del consenso democratico necessario», ha aggiunto Savona.---
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