domenica 8 gennaio 2017

Maurizio Blondet - La Cia minaccia apertamente la Casa Bianca. Perché si sente forte?

James Clapper, direttore della National Intelligence

   
E’ la guerra civile  che oppone la Cia al presidente eletto Donald Trump. Ovviamente, nella frase qui sopra,  “la Cia”  è una semplificazione. Sta per i numerosi “servizi”  in attività clandestina che, dall’11 Settembre 2001, sono stati autorizzati (dall’amministrazione Bush jr.)  ad ogni genere di operazioni criminali, torture, assassini,  false flag, disinformazione, reclutamenti di terroristi islamici eccetera; e che negli 8  anni dell’Amministrazione Obama hanno acquisito una autonomia e un potere senza precedenti.
Il punto è che tale contropotere si sente abbastanza forte distruggere Donald Trump: altra semplificazione,  “Donald Trump” essendo la figura su cui settori “sani” dei servizi e dell’apparato militare hanno puntato per  neutralizzare quel contropotere,  da troppi anni deviante.....

James Clapper, direttore della National Intelligence
James Clapper, direttore della National Intelligence
Il 5 gennaio, in udienza al Senato, James Clapper, ha confermato per l’ennesima volta che la Russia   coi suoi hacker ha influenzato le elezioni americane,  anche se “non possiamo valutare” come ha influito “sulle scelte fatte dall’elettorato”; e  ha ridefinito  la Russia “una minaccia esistenziale per l’America”, evidentemente contro la volontà politica espressa dal prossimo presidente.
Clapper, 75 anni, è  il capo (dimissionario) è il Direttore della National Intelligence  (DNI). Il suo Ufficio (ODNI) è l’’organo di collegamento fra i 17 “servizi”  Usa, civili e militari, esteri ed interni, e  la Casa Bianca:  in pratica è il mezzo con  cui i servizi “parlano”  con un’unica voce al presidente.
Clapper è anche quello che, nella veste di DNI, e  certo  per conto di  Obama,  ha sbattuto fuori dalla DIA (Defense Intelligence Agency) il generale Michael Flynn, che ha diretto  questi servizi militari fino al 2013, ostacolando le  losche manovre Cia  e del Dipatimento di Stato sottoHillary Clinton Clinton in Libia e Siria di armamento dell’IS.  Ed ora,   si ritrova Flynn come consigliere della sicurezza nazionale di Donald,  che gli ha affidato apertamente  il compito di ristrutturare la Cia e gli altri servizi. “Il team di Trump ritiene che il mondo dell’intelligence  è diventato troppo politicizzato”, ha confidato al Wall Street Journal  un anonimo che fa parte del team; “Tutti devono essere snelliti.   Il punto sarà la ristrutturazione delle agenzie e di come interagiscono”.
Flynn essendo del ramo, sa esattamente dove tagliare e come ristrutturare, e colpire dove fa più male. Rabbia e panico nella “community” sono palpabili. È ancor più impressionante   che essa  sfidi apertamente  il presidente che entrerà in carica fra pochi giorni. E’ una rivolta che, mi pare, non ha precedenti (salvo forse l’assassinio di Kennedy);  prima, almeno, l’intelligence fingeva lealtà; ora ha gettato la maschera.
L’insistenza con cui  accusano Mosca di aver di fatto aiutato la vittoria di Trump, senza fornirne indizi decisivi, ha lo scopo di far pendere sul neo-presidente un’accusa di tradimento? Intendono delegittimarlo al punto da arrivare alla sua sostituzione con vicepresidente Pence, molto più docile?  Forse  sperano  di delegittimarlo quanto basta per renderli impossibili i cambiamenti maggiori in politica estera che Trump ha progettato: la fine del conflitto con la Russia e la sua associazione nella stabilizzazione del Medio Oriente, la riduzione del bellicismo NATO,  l’esportazione della democrazia…
E’ molto istruttivo vedere come il  Carnegie Endowment for  International Peace, storico think  tank dedito a tale missione, abbia appena lamentato, per voce del suo  vicepresidente Thomas Carothers, che “sotto Trump”   le “prospettive di diffusione della democrazia Usa”  sono “negative”:  citando espressamente il “brutale Duterte dittatore delle Filippine” e Orban dell’Ungheria: due paesi bisognosi di democrazia, che dovranno aspettare.
La Commissione Difesa davanti alla quale Clapper  ha ripetuto le accuse dei  servizi contro Putin (di fatto contro Trump) è capeggiata da una vecchia conoscenza: il senatore dell’Arizona John McCain, quello che per anni ha canterellato Bomb Bomb Bomb Iran  sicuro di far piacere ai suoi amici neocon, quello che ha avuto le mani in pasta nella creazione del Califfato.  E adesso, prima ancora  che cominciasse l’udienza di Clapper, ha detto: “Ogni  americano deve essere allarmato dalle aggressioni  della Russia  alla nazione”.

McCain in Ucraina, di nuovo

McCain con Lindsey Graham
McCain con Lindsey Graham
McCain,  insieme al suo complice e subalterno di sempre senatore Lindsey Graham, hanno passato parte delle feste natalizie sapete dove? In Ucraina dell’Est, nella “zona di combattimento avanzato” di Shirokyn, dove   hanno arringato le milizie neo-nazi e i pochi “regolari” che fanno  provocazioni contro il Donbas separatista  (e dopo tale incoraggiamento hanno portato sul fronte artiglierie pesanti in spregio a Minsk 2) e criticando esplicitamente la politica di riavvicinamento a Mosca di The Donald.
Sono due senatori  repubblicani, che sicuramente Trump avrà contro  nel Congresso; come forse la maggioranza del Partito, che ha vinto le elezioni grazie a lui ma lo detesta e non lo riconosce come suo  organico  esponente: il Grand Old Party  (GOP)  è  il partito dei  complesso militare-industriale, di quella Boeing e Lockheed di cui Trump ha  denunciato i sovraccosti che  accollano alle finaze pubbliche coi loro aerei,  per non parlare dei neocon come Kagan (il marito della Nuland); dall’appeasement con Putin hanno solo da  perdere.
Ed hanno molti mezzi per fermare  il cambiamento,  in associazione come sono con  il contropotere che abbiamo chiamato, per semplificazione,  “la Cia”.   Nel maggio scorso, il senatore Graham è giunto a “prevedere”   (ossia a minacciare) “un altro 11 Settembre”  se Trump veniva eletto presidente al posto di Ted Cruz. “C’è una guerra civile dentro il GOP”, disse allora.
In Senato, questi repubblicani voteranno  contro Trump: quanti saranno con loro e a fianco dei democratici, è da vedere.  La loro opposizione potrà non  limitarsi al voto contrario.  Il 4 dicembre scorso, il senatore democratico Chuck Schumer (ebreo, uomo di Wall Street), ha commentato in questo modo i propositi di Trump di riformare la Cia: “Lasciatemelo dire: se te la prendi con la Intelligence Communiy – loro  hanno sei modi da domenica per fartela pagare”.
E la giornalista  che lo intervista, Rachel Maddow, lesbica  militante  (onde si ritiene “progressista” )  e stella della MSNBC,   ridacchia con lui con un’aria di intesa.
Il Wall Street Journal raccoglie le lamentele di  una fonte che dice: “E’ orribile. Nessun presidente ha mai tanto  sfidato e diffamato così tanto la Cia, sperando di poterne uscire senza ostacoli”.
Vi si aggiungano le operazioni  finali di Barak H. Obama, che non possono essere  ridotte a meschine pugnalate alla schiena di un cattivo perdente, ma forse vanno intese come la preparazione a qualche evento gravissimo: dal massiccio riarmo della NATO, con l’ammasso di truppe e mezzi ai confini della Russia: si va dallo sbarco di 2500 automezzi militari a Bremerhaven ed avviati verso  la Polonia, a cui si sono aggiunti 84  elicotteri da combattimento (dodici elicotteri Classe CH-47 (Chinook), 24 AH-64 (Apache), 30 OH-58 (Kiowa) e 50 UH-60 (Blackhawk))  per  una esercitazione enorme in extremis, chiamata Atlantic Resolve;  fino all’enigmatico ritiro di  tutte le portaerei Usa (dieci, coi relativi gruppi navali d’appoggio) da tutti i mari. E’ la prima volta dal 1945 che accade. La cosa è così strana che il noto blogger Alex Jones ha paventato sia la preparazione ad un qualche “false flag”, magari nell’imminenza dell’inaugurazione di The Donald. Sembra anche che il generale Mattis,   che sarà il nuovo ministro della Difesa tra un paio di settimane, non ne  fosse informato e sia rimasto estremamente irritato.  Ultimo,   con un decreto, Obama  ha dichiarato “infrastruttura critica” tutto l’apparato elettorale (a cominciare dagli elenchi computerizzati dei registrati  al voto) mettendolo sotto controllo del Dipartimento della Sicurezza Interna, come per sottrarlo  ai fantomatici hackers di Putin   – o come se lui dovesse aprire una nuova elezione fra poco.

La forza e quantità dei poteri che sono contro Trump e con “la Cia”  in questa sfida – dai Kagan ai neocon dei due partiti, dal Sistema Militare Industriale , al NewYork Times, Washington Post e stelle televisive  “giornalistiche”  e  “di sinistra”  schierate coi neocon a  sparare fake news  (e spesso J, complici della falsificazione fondamentale avvenuta  con l’11 Settembre, versione ufficiale), è tale da far tremare le vene e i polsi chiunque. E “la  Cia” infatti si sente abbastanza forte da sfidare  il presidente parvenu, non scelto dal sistema.

Ma Trump sbatte fuori Woolsey,  neocon

L’altra parte –  a  cominciare da Trump –  non sembra intimorita, il che depone –se non altro – a favore del   suo coraggio; coraggio anche fisico.  Dal transition team di Donald  siè dimesso l’ex capo della Cia James Woolsey: uno dei neocon più pericolosi e compromesso con l’11 Settembre.  Woolsey è stato infatti  firmatario del  documento  “Rebuilding of American Defense” (emanato dal Project for a New American Century) in cui si auspicava “una nuova Pearl Harbor”  come scusa per invadere l’Irak; auspicio che l’attentato alle Torri  Gemelle esaudì finalmente.  Tra i firmatari,  con Woolsey,   figuravano Dick Cheney, Donald Rumsfeld, Paul Wolfowitz (il supersionista allievo di  Leo Strauss), Richard Armitage, Michael Leeden…
L’inserzione nel transition team di un simile personaggio aveva fatto pensare ad un’altra presidenza, la terza, in mano al sistema neocon-israeliano.  Adesso Woolsey (o un anonima fonte  “a lui vicina”)   ha lamentato al Washington Post  che  era sempre più a disagio di dare “il suo nome e la sua credibilità al transition team senza essere ai consultato”; che “non è stato coinvolto nelle discussioni,  la sua opinione non è stata ricercata”, insomma  il gruppo di Trump  hanno fatto  come non ci fosse.
Steve Pieczenik s’è rifatto intervistare da Alex Jones ed ha evocato “l’omosessualità del mulatto”, il fatto che Obama è stato “creato dalla Cia”,  che “non sa cosa fare col mezzo milione di gente che ha aiutato ad ammazzare in Siria”, il patetico “ebreo” John Kerry,  il coinvolgimento del gruppo Hillary e Cia nell’11 Settembre”:  sono  rapide allusioni a panni sporchi e sporchissimi che la gruppo attorno a Donald può  sciorinare a danno degli avversari, se è il caso.  Ha  evocato chiaramente “la necessità di ripulire tutta la zona neocon”  e la Cia che ha “creato Al Qaeda e ISIS”.  La minaccia di rivangare la verità sull’11 Settembre è tale da portare ad esecuzioni capitali, se si aprisse un processo.
Insomma pare una  sfida all’ultimo sangue. Senza compromessi. Con accuse reciproche che possono trarre l’una parte o l’altra in tribunale  per alto tradimento.  Forse è prematuro, quindi, valutare l’intenzione dell’amministrazione Trump nel rovesciare l’ostilità verso la Russia in vicinanza:  sarebbe il progetto di mettere un cuneo fra  Mosca e Pechino, unite da  un’alleanza (o semi-alleanza) dalla politica ostile di Obama e dei neocon.  Sarebbe un progetto di importanza strategica storica, non necessariamente un  male – salvo, ovviamente, per la classe dirigente dell’Europa che ha sbagliato  tutta la politica estera degli ultimi dieci  anni,  opponendosi al “destino manifesto” che  era l’integrazione con la Russia.
 Lo sparatore di Fort Lauderdale:  “Voci nella testa mi dicono di lottare per l’IS”
Fisionomia medio-oorientale
Fisionomia medio-orientale
Non sarà sfuggito il profilo   di Esteban Santiago, il giovane che ha fatto strage all’aeroporto di Fort Lauderdale:   ex soldato, un anno di servizio in Irak, sofferente di turbe mentali, disoccupato per essere stato rimosso dalla Guardia Nazionale di Alaska per ripetute assenze :  il profilo tipico del  “solitary assassin” , se non del “terrorista dell’IS” che urla Allah Akhbar e viene fulminato dalla polizia; tanto più che per la sua fisionomia potrebbe passare per un medio-orientale.
Quindi non è  affatto da  svalutare o  beffeggiare  ciò che lui stesso andò a dire, un anno fa  (o a novembre per altre versioni), ad agenti dell’FBI di Anchorage: che “udiva delle voci in testa che gli dicevano di guardare materiale dello Stato Islamico”, ma che “lui non voleva far male a nessuno”.  Una prima versione del suo racconto apparsa sui media, e poi modificata, diceva che il povero sciagurato, all’FBI, aveva detto: “Il governo mi ha obbligato a vedere video dell’IS” e “a combattere per l’IS”. Secondo la CBS, nel 2011 o 12, Santiago fu “trattato”  dalla Homeland Security per “pornografia infantile”: gli sarebbe stato sequestrato un computer (probabilmente con le immagini vietate?) e tre armi; ma poi non sarebbe stato più perseguito “per  scarsità di indizi”.
E’  decollato da Anchorage dopo aver dato come unico bagaglio quello in cui teneva l’arma da fuoco. Dopo un scalo a Minneapolis, sceso a Fort Lauderdale in Florida, ha preso il bagaglio  e   si è diretto alla toilette: qui ha caricato l’arma, è tornato in sala  e  ha  cominciato a sparare, mirando alla testa delle persone. Non ha detto una parola. Ha continuato a sparare finché  ha esaurito  il caricatore; allora ha buttato l’arma e si è steso sul pavimento a braccia e gambe aperte  in attesa di essere ammanettato. Si comportato  come un automa.
Per coincidenza, ha assistito alla sparatoria Ari Fleischer, ex portavoce del presidente Bush jr., ebreo neocon, che ha tenuto un resoconto della tragedia in diretta a forza di tweet.
Forse è lecito vedere in questa  tragedia l’azione di uno strumento del contropotere che abbiamo chiamato “la Cia”.   Una sua scheggia  impazzita, o un elemento di quella strategia della tensione che dura da troppi anni.
 

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