Il presidente della Toscana: «Con me segretario, lui mai più premier». E sul ritorno alle urne: «Drammatico votare adesso».
Toscano come Renzi eppure diversissimo, il mite Enrico Rossi, presidente della Regione e aspirante segretario del Pd, oggi parlerà all’assemblea convocata a Roma da D’Alema. «Vado ovunque si discuta. Anche Renzi mi ha invitato a Rimini, ma ho scoperto che dovrei parlare domani, quando lui se ne sarà già andato. Non mi pare un buon modo di discutere».
Condivide la reazione del Pd alla sentenza della Consulta?
«Renzi si comporta come un pokerista disperato, che raddoppia la posta dopo ogni partita persa. Dopo le amministrative, dopo il 4 dicembre, dopo la sentenza sull’Italicum. Sempre una rivincita. Ricominciare a correre verso le urne è una scelta drammatica. Per il Pd e per il Paese»....
Si dice che l’opinione pubblica voglia le elezioni.
«Forse. Ma siamo sicuri che in questa richiesta non ci sia anche la volontà di dare il colpo finale a Renzi?».
Come giudica l’atteggiamento del Pd verso il governo Gentiloni?
«Pare che serpeggi il desiderio di ammazzarlo in culla. Renzi potrebbe passare alla storia come il segretario che ha fatto cadere due premier del suo partito».
Non si può votare con questa legge?
«La legge di risulta dopo la sentenza della Consulta è inadeguata».
Qual è la sua proposta?
«Dare un’agenda al governo: povertà, voucher, giovani, Casa Italia che per ora è una scatola vuota. Il Parlamento riscrive la legge elettorale e il Pd fa il suo congresso. Elezioni nel 2018».
Dell’ipotesi listone Renzi-Alfano-Pisapia che pensa?
«I listoni non funzionano, dai tempi della bicicletta Psi-Psdi. Gli elettori non si identificano. Noi dobbiamo puntare a ricostruire una coalizione di centrosinistra. Difficile, il campo è stato desertificato».
Si riparla di nuovo Ulivo.
«Non mi affascina. Perché parla al passato e al moderatismo in un orizzonte blairiano. Il mondo è cambiato, serve un riformismo radicale».
Perché lei vuol fare il segretario del partito, mentre tutti aspirano alla premiership?
«So di sembrare démodé, ma da lì bisogna ricominciare. Contro la logica del rapporto diretto leader-popolo e niente in mezzo. Logica che produce populismo, non democrazia».
Lei è mediaticamente meno esposto degli altri aspiranti segretari. È un problema?
«Stiamo girando l’Italia presentando il mio libro, abbiamo creato un’associazione, una rete digitale di 4000 persone, siamo presenti in 60 province. Stiamo crescendo. Le televisioni arriveranno».
Serve un candidato unico anti Renzi?
«La cosa peggiore è la santa alleanza anti Renzi. Lui se lo augura, è il suo terreno ideale».
Il suo libro s’intitola «Rivoluzione socialista». Anche questo démodé.
«Mi è venuto in mente ascoltando Bernie Sanders. Il socialismo richiama concetti chiave: lotta alle disuguaglianze, lavoro per i giovani, mercato regolamentato».
Non basta l’aggettivo democratico?
«Non connota, infatti il Pd è scolorito».
Bisogna cambiare nome?
«Per carità! Questa storia dei nomi ha stufato».
I partiti socialisti non se la passano bene, in Europa.
«Sono schiacciati tra un capitalismo che produce dolore sociale e la rivolta dei ceti popolari. Siamo all’ultima chiamata. Poi saremo travolti».
Nel Pd dicono che lei è un falso oppositore di Renzi.
«Perché sono stato corretto e non ho verso di lui l’astio di alcuni compagni, peraltro refrattari all’autocritica».
Né con Renzi né contro?
«Giammai. Io mi candido contro Renzi. Per tirare una riga sul renzismo. Con me segretario, lui non sarà mai più premier».
Che cosa gli imputa?
«All’inizio pensavo che la sua campagna nauseante fosse un errore di comunicazione. Lettura superficiale: l’errore è aver trasformato il Pd nel partito dell’establishment».
E lei che partito vuole?
«Un partito partigiano. Dalla parte dei perdenti della globalizzazione».
Tassa e spendi?
«Veramente quello che ha speso, e molto, è Renzi. Ma male. Incentivi non selettivi alle imprese, bonus a pioggia a fini di consenso».
E se Renzi svoltasse?
«Impossibile. Correva a tutta velocità, è caduto. A chi lo soccorre e gli consiglia di andare al pronto soccorso risponde risalendo sulla bici e pedalando ancora più forte. È l’immutabilità della natura umana, direbbe Machiavelli».
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