PS : << E' mancata Laura Olivetti, figlia di Adriano Olivetti, un imprenditore visionario che fondò Comunità. "Lalla" aveva 65 anni. Oggi a Ivrea ci sarà la camera ardente a palazzo civico, poi seguiranno i funerali in Duomo. Il blog la ricorda attraversouna sua intervista.
"Il Pensiero di Comunità era che la società dovesse essere composta da piccole comunità, torno a ripetere che parliamo di una Italia del dopoguerra con una popolazione diversa da quella di oggi, e queste piccole comunità si sarebbero dovute confederare in qualche maniera e esprimere i loro rappresentanti.
E così attraverso una sequenza di rappresentanti si sarebbe poi arrivati al governo centrale.
una delle cose a cui più Adriano Olivetti teneva, erano le competenze." Laura Olivetti>>...poi arrivò il N° del Pd Carlo De benedetti e tutto finì...!
E così attraverso una sequenza di rappresentanti si sarebbe poi arrivati al governo centrale.
una delle cose a cui più Adriano Olivetti teneva, erano le competenze." Laura Olivetti>>...poi arrivò il N° del Pd Carlo De benedetti e tutto finì...!
umberto marebese
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Il Passaparola di Laura Olivetti, figlia di Adriano Olivetti e Presidente Fondazione Adriano Olivetti.....
L’ordine politico delle comunità
Innanzitutto saluto gli amici del Blog di Beppe Grillo, io sono Laura Olivetti, Presidente della fondazione Adriano Olivetti e l’ultima figlia di Adriano Olivetti.
Mi è stato chiesto di raccontare quello che fa la fondazione che io dirigo e perché esiste in quanto chiamandosi Adriano Olivetti ha uno stretto legame con la figura e l’opera di mio padre.
La fondazione è nata nel 1962, Adriano Olivetti è morto del febbraio 1960, per volontà della famiglia di mio padre, dei miei fratelli più grandi, io sono l’ultima di quattro figli, nata quando mio padre era già anziano, anche se oggi non sarebbe tanto anziano, ma allora non usava avere figli dopo i 40 anni. E' morto che avevo 9 anni.
Ma i miei fratelli più grandi, nati da un primo matrimonio, e i fratelli di mio padre hanno voluto istituire questa fondazione per continuare l’opera suscitata da Adriano Olivetti, di sperimentazione e anche di studio nel campo delle scienze sociali in senso lato.
La nostra non è una fondazione che dà contributi, anzi ne riceve, perché ha un suo patrimonio che è appena sufficiente per mantenere la struttura, ma non consente assolutamente di fare ricerca e questo ci lega molto ai contributi che dobbiamo chiedere all’esterno.
La fondazione ha avuto diversi periodi, perché ormai ha 50 anni e quindi nei primi anni dopo la morte di Adriano si è occupata soprattutto di portare a termine alcune imprese sociali di Adriano Olivetti nella regione del Canavese o anche in Basilicata, dove era molto presente con i centri comunitari e anche del Lazio, a Terracina.
Ho nominato i centri comunitari e quindi devo spiegare che cosa erano: centri istituiti dal Movimento “Comunità”, movimento che Adriano Olivetti ha fondato dopo la guerra, un movimento e non un partito politico, che aveva una sua struttura molto precisa e espressa in un libro che presto verrà ripubblicatoche si chiama “L’ordine politico delle comunità”, che è una sorta di trattato di ingegneria costituzionale, come l’hanno definito alcuni, in cui spiega esattamente come dovrebbe essere organizzato lo Stato secondo il suo pensiero di comunità.
I centri comunitari erano istituiti nel Canavese, la zona dove si trova Ivrea, e anche in altre zone di Italia, e erano centri aperti a tutti. Avevano una biblioteca, spesso itinerante, cioè le biblioteche si muovevano da un centro all’altro, avevano delle sale di lettura,a volte si organizzavano dei dibattiti, conferenze, ma erano dei luoghi di incontro sostanzialmente libero e aperti a tutti, non soltanto a chi faceva parte del Movimento di Comunità. Bisogna anche pensare che questo avveniva negli anni '50, quando l’Italia era un’altra, per cui nel centro comunitario c’era il televisore e si poteva andare a vedere la televisione come al bar o cose di questo tipo.
Questi centri comunitari dopo la morte di Adriano sono stati via via chiusi, anche perché tutto questo lavoro diciamo legato alla attenzione al territorio e alla cultura del territorio, era qualche cosa di voluto da lui e da chi faceva parte del Movimento Comunità, certo era non bene tollerato dalla fabbrica Olivetti anche perché praticamente era stato fatto in finanziamento da mio padre in prima persona e quindi non c’era da parte della società Olivetti nessuna intenzione, di contribuire al mantenimento di tutto questo, per cui la fondazione ha accompagnato la chiusura o la riconversione di questi centri, che sono però poi rimasti nei vari comuni, ma a questo punto a volte gestiti dal comune stesso o chiusi.
Poi ha avuto degli anni, tornando alla fondazione, in cui si è occupata prevalentemente delle ripercussioni diciamo delle nuove tecnologie sull'uomo, qui si parla dei primi anni '70, e ci fu allora un famosissimo, dico famosissimo perché nell’ambiente è conosciuto, seminario a Courmayeur nel '72 o '71, per i dieci anni dalla fondazione, in cui si riunirono esperti internazionali per studiare e riflettere appunto su quelle che sarebbero state le ricadute delle nuove tecnologie sulla società.
Se si pensa che questo è stato fatto 40 anni va si capisce che era una cosa estremamente all’avanguardia, perché le nuove tecnologie erano appena abbozzate all’epoca.
Il Pensiero di Comunità era che la società dovesse essere composta da piccole comunità, torno a ripetere che parliamo di una Italia del dopoguerra con una popolazione diversa da quella di oggi, e queste piccole comunità si sarebbero dovute confederare in qualche maniera e esprimere i loro rappresentanti.
E così attraverso una sequenza di rappresentanti si sarebbe poi arrivati al governo centrale.
una delle cose a cui più Adriano Olivetti teneva, erano le competenze.
In questo libro si, teorizza questo passaggio da Comunità più piccola a comunità più grande, e sempre però attraverso la rappresentanza di persone di grande competenza nella materia che andavano a rappresentare.
Innanzitutto saluto gli amici del Blog di Beppe Grillo, io sono Laura Olivetti, Presidente della fondazione Adriano Olivetti e l’ultima figlia di Adriano Olivetti.
Mi è stato chiesto di raccontare quello che fa la fondazione che io dirigo e perché esiste in quanto chiamandosi Adriano Olivetti ha uno stretto legame con la figura e l’opera di mio padre.
La fondazione è nata nel 1962, Adriano Olivetti è morto del febbraio 1960, per volontà della famiglia di mio padre, dei miei fratelli più grandi, io sono l’ultima di quattro figli, nata quando mio padre era già anziano, anche se oggi non sarebbe tanto anziano, ma allora non usava avere figli dopo i 40 anni. E' morto che avevo 9 anni.
Ma i miei fratelli più grandi, nati da un primo matrimonio, e i fratelli di mio padre hanno voluto istituire questa fondazione per continuare l’opera suscitata da Adriano Olivetti, di sperimentazione e anche di studio nel campo delle scienze sociali in senso lato.
La nostra non è una fondazione che dà contributi, anzi ne riceve, perché ha un suo patrimonio che è appena sufficiente per mantenere la struttura, ma non consente assolutamente di fare ricerca e questo ci lega molto ai contributi che dobbiamo chiedere all’esterno.
La fondazione ha avuto diversi periodi, perché ormai ha 50 anni e quindi nei primi anni dopo la morte di Adriano si è occupata soprattutto di portare a termine alcune imprese sociali di Adriano Olivetti nella regione del Canavese o anche in Basilicata, dove era molto presente con i centri comunitari e anche del Lazio, a Terracina.
Ho nominato i centri comunitari e quindi devo spiegare che cosa erano: centri istituiti dal Movimento “Comunità”, movimento che Adriano Olivetti ha fondato dopo la guerra, un movimento e non un partito politico, che aveva una sua struttura molto precisa e espressa in un libro che presto verrà ripubblicatoche si chiama “L’ordine politico delle comunità”, che è una sorta di trattato di ingegneria costituzionale, come l’hanno definito alcuni, in cui spiega esattamente come dovrebbe essere organizzato lo Stato secondo il suo pensiero di comunità.
I centri comunitari erano istituiti nel Canavese, la zona dove si trova Ivrea, e anche in altre zone di Italia, e erano centri aperti a tutti. Avevano una biblioteca, spesso itinerante, cioè le biblioteche si muovevano da un centro all’altro, avevano delle sale di lettura,a volte si organizzavano dei dibattiti, conferenze, ma erano dei luoghi di incontro sostanzialmente libero e aperti a tutti, non soltanto a chi faceva parte del Movimento di Comunità. Bisogna anche pensare che questo avveniva negli anni '50, quando l’Italia era un’altra, per cui nel centro comunitario c’era il televisore e si poteva andare a vedere la televisione come al bar o cose di questo tipo.
Questi centri comunitari dopo la morte di Adriano sono stati via via chiusi, anche perché tutto questo lavoro diciamo legato alla attenzione al territorio e alla cultura del territorio, era qualche cosa di voluto da lui e da chi faceva parte del Movimento Comunità, certo era non bene tollerato dalla fabbrica Olivetti anche perché praticamente era stato fatto in finanziamento da mio padre in prima persona e quindi non c’era da parte della società Olivetti nessuna intenzione, di contribuire al mantenimento di tutto questo, per cui la fondazione ha accompagnato la chiusura o la riconversione di questi centri, che sono però poi rimasti nei vari comuni, ma a questo punto a volte gestiti dal comune stesso o chiusi.
Poi ha avuto degli anni, tornando alla fondazione, in cui si è occupata prevalentemente delle ripercussioni diciamo delle nuove tecnologie sull'uomo, qui si parla dei primi anni '70, e ci fu allora un famosissimo, dico famosissimo perché nell’ambiente è conosciuto, seminario a Courmayeur nel '72 o '71, per i dieci anni dalla fondazione, in cui si riunirono esperti internazionali per studiare e riflettere appunto su quelle che sarebbero state le ricadute delle nuove tecnologie sulla società.
Se si pensa che questo è stato fatto 40 anni va si capisce che era una cosa estremamente all’avanguardia, perché le nuove tecnologie erano appena abbozzate all’epoca.
Il Pensiero di Comunità era che la società dovesse essere composta da piccole comunità, torno a ripetere che parliamo di una Italia del dopoguerra con una popolazione diversa da quella di oggi, e queste piccole comunità si sarebbero dovute confederare in qualche maniera e esprimere i loro rappresentanti.
E così attraverso una sequenza di rappresentanti si sarebbe poi arrivati al governo centrale.
una delle cose a cui più Adriano Olivetti teneva, erano le competenze.
In questo libro si, teorizza questo passaggio da Comunità più piccola a comunità più grande, e sempre però attraverso la rappresentanza di persone di grande competenza nella materia che andavano a rappresentare.
Una forma di vera democrazia
Quindi ho parlato di un trattato di ingegneria costituzionale, perché tutti questi aspetti sulla tipologia di persona che doveva essere quella che rappresentava la comunità presso le istituzioni, doveva avere delle caratteristiche molto precise.
E comunque tutte le decisioni che poi sarebbero state espresse al livello istituzionale venivano prese dai rappresentanti che la comunità aveva eletto, quindi è molto difficile spiegarlo in poche parole, ma a me è sempre sembrata una forma di vera democrazia, forse un po’ utopistica, perché non sarebbe mai stato molto facile fare tutto questo, però diciamo che per lo meno nel Canavese ci hanno provato e ci sono anche riusciti.
E questo per quello che riguarda l’aspetto appunto del Movimento.
Bisogna anche dire che, in una formula diversa, questi concetti furono applicati anche nella fabbrica, perché ha sempre funzionato come un insieme di intelligenze, di competenze, al servizio di un territorio, nell’idea di Adriano Olivetti, la Fabbrica altro non era che un mezzo per la rinascita del territorio, un mezzo perché le persone attraverso il lavoro potessero esprimere se stessi, ma anche dando un senso al lavoro, allora quando lui nel famoso discorso dell’inaugurazione di Pozzuoli dice: “Può l’industria darsi dei fini? Sì, perché l’industria diventa un mezzo, soltanto un mezzo, per migliorare la qualità della vita delle persone e del territorio su cui la fabbrica insiste”.
Nella sua idea la fabbrica avrebbe dovuto essere gestita da una fondazione di cui facevano parte gli azionisti, i lavoratori, le università locali, i comuni e questo penso che spieghi abbastanza bene l’idea di impresa.
Lui cercò di fare questo a inizio anni '50, ma fu molto osteggiato e non si fece niente, non fecero niente.
Adriano Olivetti metteva davanti a tutto la persona, e questo è vero, il benessere della persona.
Guardi, c’è una bellissima intervista a Massimo Fichera, che forse si riesce a vedere attraverso il sito della fondazione, www.fondazioneadrianolivetti.it, in cui Fichera, che è stato uno stretto collaboratore di mio padre nel Movimento di Comunità, è poi stato il primo segretario generale della fondazione e è stato uno dei più rivoluzionari dirigenti RAI negli anni '70, lui dice era la fabbrica del bene, la persona era importante in quanto persona, per cui presa nel suo complesso, per cui era importante che nel luogo di lavoro, che era il primo impatto che aveva, potesse vivere e lavorare in un luogo con delle caratteristiche non alienanti, nei limiti del possibile, perché le catene di montaggio lo sono di per loro, per cui queste bellissime architetture che permettevano di travalicare con la vista e vedere la campagna, le montagne, il cielo.
E attraverso un'assoluta rete di accompagnamento dei dipendenti in tutti gli aspetti della loro vita, ma direi che questo è quello che avveniva nella fabbrica e questo esempio di buone pratiche è abbastanza conosciuto. La Olivetti ancora oggi è portata a esempio per questo, ma per lui la persona era importante al di là dell’operaio, impiegato, era come una espressione del divino, cioè mio padre aveva una attenzione all’aspetto spirituale e trascendente dell’uomo, molto molto forte, per cui l’uomo è una parte del divino, per cui io credo che ci fosse in lui anche questo aspetto di rispetto per l’uomo, è nell’armonia della natura e quindi va trattato con armonia e gli va conservata la armonia intorno.
Oggi la fondazione si occupa molto di territorio, soprattutto in questo momento del territorio canavesano, vicino Ivrea, ci stiamo molto occupando del capitale intellettuale, umano, che è rimasto, e che parte già è reimpiegato in nuove imprese e in nuove operazioni per la ripresa di questo territorio, che è stato molto provato negli ultimi anni.
Nello stesso tempo la fondazione acquisito di nuovo le Edizioni Comunità che sotto la guida di Beniamino De Liguori stanno ripubblicando, due libri, due discorsi di Adriano Olivetti, e si chiamano il primo “Ai Lavoratori” il secondo “Democrazia Senza Partiti”, che è uno scritto di Adriano Olivetti che il libro è uscito una settimana prima delle elezioni, ma non era previsto, è stato un caso molto fortuito.
Se qualcuno vuole approfondire ci sono i libri, anche su internet.
Tutto quello che la fondazione fa è pubblicato, tutto quello che pubblichiamo è scaricabile, e quindi spero che questo possa aiutare a proseguire il nostro lavoro.
Quindi non posso che dire Passate Parola.
Quindi ho parlato di un trattato di ingegneria costituzionale, perché tutti questi aspetti sulla tipologia di persona che doveva essere quella che rappresentava la comunità presso le istituzioni, doveva avere delle caratteristiche molto precise.
E comunque tutte le decisioni che poi sarebbero state espresse al livello istituzionale venivano prese dai rappresentanti che la comunità aveva eletto, quindi è molto difficile spiegarlo in poche parole, ma a me è sempre sembrata una forma di vera democrazia, forse un po’ utopistica, perché non sarebbe mai stato molto facile fare tutto questo, però diciamo che per lo meno nel Canavese ci hanno provato e ci sono anche riusciti.
E questo per quello che riguarda l’aspetto appunto del Movimento.
Bisogna anche dire che, in una formula diversa, questi concetti furono applicati anche nella fabbrica, perché ha sempre funzionato come un insieme di intelligenze, di competenze, al servizio di un territorio, nell’idea di Adriano Olivetti, la Fabbrica altro non era che un mezzo per la rinascita del territorio, un mezzo perché le persone attraverso il lavoro potessero esprimere se stessi, ma anche dando un senso al lavoro, allora quando lui nel famoso discorso dell’inaugurazione di Pozzuoli dice: “Può l’industria darsi dei fini? Sì, perché l’industria diventa un mezzo, soltanto un mezzo, per migliorare la qualità della vita delle persone e del territorio su cui la fabbrica insiste”.
Nella sua idea la fabbrica avrebbe dovuto essere gestita da una fondazione di cui facevano parte gli azionisti, i lavoratori, le università locali, i comuni e questo penso che spieghi abbastanza bene l’idea di impresa.
Lui cercò di fare questo a inizio anni '50, ma fu molto osteggiato e non si fece niente, non fecero niente.
Adriano Olivetti metteva davanti a tutto la persona, e questo è vero, il benessere della persona.
Guardi, c’è una bellissima intervista a Massimo Fichera, che forse si riesce a vedere attraverso il sito della fondazione, www.fondazioneadrianolivetti.it, in cui Fichera, che è stato uno stretto collaboratore di mio padre nel Movimento di Comunità, è poi stato il primo segretario generale della fondazione e è stato uno dei più rivoluzionari dirigenti RAI negli anni '70, lui dice era la fabbrica del bene, la persona era importante in quanto persona, per cui presa nel suo complesso, per cui era importante che nel luogo di lavoro, che era il primo impatto che aveva, potesse vivere e lavorare in un luogo con delle caratteristiche non alienanti, nei limiti del possibile, perché le catene di montaggio lo sono di per loro, per cui queste bellissime architetture che permettevano di travalicare con la vista e vedere la campagna, le montagne, il cielo.
E attraverso un'assoluta rete di accompagnamento dei dipendenti in tutti gli aspetti della loro vita, ma direi che questo è quello che avveniva nella fabbrica e questo esempio di buone pratiche è abbastanza conosciuto. La Olivetti ancora oggi è portata a esempio per questo, ma per lui la persona era importante al di là dell’operaio, impiegato, era come una espressione del divino, cioè mio padre aveva una attenzione all’aspetto spirituale e trascendente dell’uomo, molto molto forte, per cui l’uomo è una parte del divino, per cui io credo che ci fosse in lui anche questo aspetto di rispetto per l’uomo, è nell’armonia della natura e quindi va trattato con armonia e gli va conservata la armonia intorno.
Oggi la fondazione si occupa molto di territorio, soprattutto in questo momento del territorio canavesano, vicino Ivrea, ci stiamo molto occupando del capitale intellettuale, umano, che è rimasto, e che parte già è reimpiegato in nuove imprese e in nuove operazioni per la ripresa di questo territorio, che è stato molto provato negli ultimi anni.
Nello stesso tempo la fondazione acquisito di nuovo le Edizioni Comunità che sotto la guida di Beniamino De Liguori stanno ripubblicando, due libri, due discorsi di Adriano Olivetti, e si chiamano il primo “Ai Lavoratori” il secondo “Democrazia Senza Partiti”, che è uno scritto di Adriano Olivetti che il libro è uscito una settimana prima delle elezioni, ma non era previsto, è stato un caso molto fortuito.
Se qualcuno vuole approfondire ci sono i libri, anche su internet.
Tutto quello che la fondazione fa è pubblicato, tutto quello che pubblichiamo è scaricabile, e quindi spero che questo possa aiutare a proseguire il nostro lavoro.
Quindi non posso che dire Passate Parola.
Informazioni sulla Fondazione:
sito: http://www.fondazioneadrianolivetti.it
Segui la Fondazione su Facebook e Twitter
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Gli edifici che Adriano Olivetti ha voluto come luoghi di lavoro e di vita a Ivrea sono oggi candidati a entrare nella lista del Patrimonio mondiale dell' UNESCO per iniziativa del Comune di Ivrea e della Fondazione Adriano Olivetti, con il sostegno del Ministero per i Beni e le Attività culturali.
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