Naji Jerf, l'ennesima vittima fra giornalisti, intellettuali e attivisti che denunciano in suolo turco le atrocità di Daesh in Siria. Aveva raccontato il Sacco di Aleppo.
Morte di una giornalista in Turchia, in zona NATO-ISIS, Megachip, 20 ottobre 2015
da RT.
Con nota di Megachip in coda all'articolo
Un eminente giornalista e regista siriano, che aveva prodotto documentari contro lo Stato Islamico è stato ucciso da ignoti in pieno giorno a Gaziantep, in Turchia.Questo è il terzo assassinio di un giornalista nel paese durante gli ultimi tre mesi.
Naji Jerf, redattore capo del mensile Hentah, noto per i suoi documentari che descrivono la violenza e gli abusi nei territori controllati dallo Stato islamico (IS, ovvero ISIS / ISIL / Daesh) è stato ucciso nei pressi di un edificio che ospita i media indipendenti siriani nella città turca di Gaziantep.
La sua morte è stata originariamente riferita da un gruppo di giornalisti partecipativi con cui lavorava......
Jerf ha recentemente completato un documentario che indaga la violenza e la criminalità nelle zone controllate da Daesh in Aleppo per il gruppo RBSS ["Raqa is Being Slaughtered Silently", ossia "Raqa è massacrata silenziosamente", ndt]. Il film ha vinto il Premio Internazionale per la Libertà di stampa del Committee to Protect Journalists' [CPJ, "Comitato per la protezione dei giornalisti, ndt] a novembre.
Secondo i resoconti, è stato colpito da un proiettile alla testa mentre camminava in strada. È stato portato in ospedale, dove è morto. L'attentato è stato consumato davanti alle telecamere di sicurezza lì vicine, secondo il giornale turco online T24.
Un amico di Jerf ha riferito all'agenzia AFP che il giornalista «era atteso a Parigi questa settimana, dopo aver ricevuto, insieme alla sua famiglia, un visto d'asilo in Francia.»
La Federazione Europea dei Giornalisti (EFJ) con sede a Bruxelles ha affermato in una dichiarazione a RT che «l'EFJ chiede con forza alle autorità turche di intensificare le misure volte a proteggere i giornalisti siriani e gli operatori dei media che si trovano in Turchia.»
«L'EFJ osserva che questo omicidio avviene dopo che lo Stato Islamico ha rivendicato la morte del direttore esecutivo e del capo del reparto di produzione di un collettivo mediatico siriano, a Urfa, lo scorso ottobre. Appare evidente che i giornalisti e gli operatori dei media siriani rifugiatisi in Turchia non siano affatto al sicuro», ha sottolineato il comunicato.
Il coordinatore del programma per il Medio Oriente e il Nord Africa del CPJ, Sherif Mansour, ha dichiarato che «i giornalisti siriani fuggiti in Turchia per la loro sicurezza non sono per niente al riparo», ricordando sia alcuni giornalisti siriani sia importanti esponenti dell'opposizione turca uccisi in Turchia negli ultimi mesi.
«Invitiamo le autorità turche a portare gli assassini di Naji Jerf davanti alla giustizia rapidamente e in modo trasparente, nonché a rafforzare le misure per proteggere tutti i giornalisti siriani in territorio turco», ha aggiunto.
All'inizio di novembre, il presidente dell'associazione degli avvocati e attivista per i diritti dei curdi, Tahir Elci, è stato ucciso da uomini armati ignoti in una strada di Diyarbakir, nel Sud-Est turco a forte dominanza curda. La squadra della televisione RT che seguiva le proteste curde dopo l'omicidio di Elci fu colpita con i gas lacrimogeni dalla polizia turca durante le riprese sul posto.
A ottobre, due giornalisti siriani, Ibrahim al-Qader Abd e Fares Hamadi - anche lui un membro della prima ora del gruppo di RBSS - sono stati trovati uccisi in un appartamento della città di Urfa nella Turchia sud-orientale.
Can Erimtan della Istanbul Gazette ha ha dichiarato a RT che gli assassini potrebbero essere «sostenitori locali dello Stato islamico, in considerazione del fatto che sapevano dove muoversi e come operare.»
«Per quanto riguarda il motivo per cui quest'uomo [Naji Jerf] sia stato preso di mira, si consideri che stava lavorando per far conoscere le atrocità commesse dallo Stato islamico, e per questa ragione farlo tacere è sembrata a loro una buona scelta», ha affermato Erimtan, che ha aggiunto: «c'è un chiaro legame tra lo Stato islamico e il governo di Ankara» e «[vi sono] un sacco di attività dell'ISIS nel paese, [mentre] le autorità o non vogliono prendere misure drastiche [o non sono consapevoli] di cosa ci sia da fare.»
Traduzione per Megachip a cura di Fanny Milazzo.
NOTA DI MEGACHIP.
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Prendiamo a riferimento le ore 17 del 28 dicembre 2016, per trarre già una lezione sul giornalismo italiano ai tempi della NATO. La notizia dell'assassinio di Naji Jerf - un giornalista, di più: un giornalista molto coraggioso - è già da oltre 20 ore sui tavoli delle redazioni, ma non si è guadagnata la prima pagina di nessun grande giornale mainstream, gli stessi giornali che sono capaci di dare rango di "grande notizia" a eventi assai meno significativi e meno importanti. Questo mese il TG3 è stato capace di aprire il telegiornale con un allarme isterico su una bomba ISIS nelle scuole di Los Angeles, annunciata da una telefonata falsa. Su quell'ISIS virtuale si possono dunque sprecare grandi titoli, atti a spaventare. Ma sull'ISIS, quello vero (e sui suoi complici), si preferisce "sopire e troncare". Le grandi redazioni occidentali, altrettanti organi della NATO, non rilanciano le notizie raccolte sul campo da reporter che rischiano la vita e descrivono lo scandalo di Daesh e dei suoi sponsor. Se lo facessero bene una volta, dovrebbero poi raccontare tutta una catena di eventi e di vittime che non hanno mai raccontato, o descrivere quanto sia irrespirabile per il giornalismo un paese campione della NATO come la Turchia. Dovrebbero insomma spiegare perché nascondono i fatti.
Morte di una giornalista in Turchia, in zona NATO-ISIS, Megachip, 20 ottobre 2015
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