La sezione disciplinare del Csm ha stabilito per l'ex presidente dell'Anm la sanzione più grave. Al centro della vicenda, le nomine "pilotate" all'hotel ChampagnE.
Non dovrà vestire mai più la toga. Rimosso dall’ordine giudiziario, perché ha commesso illeciti disciplinari “di elevatissima gravità”. Perché è stato, lo ha detto la procura generale della Cassazione durante la requisitoria, “regista e organizzatore della strategia sulle nomine” dei vertici delle più importanti procure italiane. Si chiude così, almeno davanti al Csm, la vicenda di Luca Palamara. La decisione del collegio di Palazzo dei Marescialli è arrivata intorno alle 13. Dopo due ore e mezza di camera di consiglio e un procedimento che, iniziato nei fatti a settembre, si è chiuso molto velocemente. Troppo, secondo chi sostiene che non siano stati garantiti pienamente i diritti di difesa. Accusa, questa, respinta dalla procura generale della Cassazione, che ieri ha chiesto la sanzione più grave che la legge prevede per un magistrato.
Al centro della vicenda la volontà, per il collegio acclarata e non presunta, di pilotare la nomina del successore di Giuseppe Pignatone. E cioè, del nuovo procuratore capo di Roma. La stessa procura dove Palamara lavorava come sostituto. E, ancora, gli stessi uffici che in quel momento - parliamo della notte tra l′8 e il 9 maggio 2019 - avevano concluso le indagini su Luca Lotti. Il parlamentare dem, insieme con il collega Cosimo Ferri, era tra i protagonisti della vicenda finita sul banco di Palazzo dei Marescialli. Durante l’ormai famoso incontro all’hotel Champagne di Roma Palamara - ex presidente dell’Anm nonché leader della corrente centrista Unicost, prima della radiazione di oggi già sospeso da stipendio e incarico - i due parlamentari e alcuni consiglieri del Csm, che poi si sono dimessi. Quella conversazione è stata captata dal trojan inoculato nel cellulare di Palamara, che era indagato a Perugia per una presunta corruzione. Cosa si dicono gli interlocutori? Parlano dello scacchiere delle imminenti nomine. E sembra che vogliano puntare tutto su Marcello Viola, procuratore generale di Firenze, a scapito degli altri due candidati al vertice della procura romana. Quell’incontro, per la procura generale della Cassazione, rappresenta un ‘unicum’ nella storia della magistratura italiana”.
Il diretto interessato non in aula, ma ha annunciato che interverrà durante una conferenza stampa alle 16, dalla sede di Radio Radicale. A margine del verdetto ha rilasciato una stringata dichiarazione all’AdnKronos: “I valori che mi hanno portato ad essere magistrato - equità senso civico e amore per la giustizia - sono gli stessi che connoteranno il mio operato da oggi in poi”.
Il suo avvocato, Stefano Giaime Guizzi appena prima che il collegio si radunasse per decidere, ha dichiarato: “Si sente dire che la vostra sarà una sentenza politica per le ripercussioni che una decisione di segno opposto alla rimozione avrebbe sull’ordine giudiziario e sui rapporti con le altre istituzioni. Mi rifiuto di crederlo. Sono convinto che qualunque decisione sarà frutto della vostra autonoma e indipendente capacità di giudizio”. Appresa la decisione, ha affermato di non ritenere che si sia trattato di un verdetto politico, e di rispettare la scelta del giudice. Ieri Guizzi aveva adombrato la possibilità di fare ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo per lamentare una presunta lesione dei diritti di difesa. Contro la decisione del Csm, Palamara potrà rivolgersi alle Sezioni unite civili della Corte di Cassazione.
Con la decisione di oggi si scrive un capitolo fondamentale di una storia che ha visto i suoi albori quasi un anno e mezzo fa. Da quell’incontro, intercettato e poi reso noto dalla stampa qualche settimana dopo, è partito un terremoto all’interno del mondo delle toghe. Che hanno provato, e provano, a rialzarsi. Ma di quella che il presidente dell’Anm, Luca Poniz, ha definito “notte della magistratura” restano gli strascichi. Il Csm dovrà valutare ancora varie posizioni di giudici - primi tra tutti gli ex consiglieri del Csm che hanno partecipato alla riunione all’hotel Champagne - e decidere se sanzionarli o no. Sullo sfondo resta una questione morale che ha coinvolto il potere giudiziario nella sua interezza. E quella chiamata in correità, fatta da Palamara già da qualche mese: “Non ho agito da solo. Ero parte di un sistema”.
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