Parlando alla plenaria del comitato europeo delle regioni, Merkel insiste: “Dobbiamo assicurarci che” un accordo con l’Europarlamento “sul bilancio Ue per il 2021-2027 avvenga nel concreto in modo che all’inizio del 2021 i soldi” del Recovery Fund “possano essere effettivamente spesi”.
Ma ieri sera, al nuovo round negoziale sullo stato di diritto come condizione per accedere ai fondi Ue, i negoziatori dell’Eurocamera non hanno raggiunto un’intesa con la presidenza tedesca in rappresentanza degli Stati membri. Domani sera riprenderanno a trattare sul dossier del bilancio pluriennale europeo 2021-27, altra tranche del negoziato, partendo dal fatto che giovedì scorso, proprio su questo punto, è addirittura saltato il tavolo.
Sul bilancio il Parlamento chiede 16 miliardi di euro in più, per finanziare Erasmus, Horizon e altri progetti comunitari sacrificati dall’accordo raggiunto dai leader al consiglio europeo di luglio. Un’intesa che, pur di assegnare ai paesi frugali maggiori sconti sui contributi al bilancio Ue (‘rebates’), ha tagliato su altre voci di spesa in materia di istruzione, ricerca, digitale. “Noi lo vogliamo l’accordo, basta che mettano questi soldi in più ed è fatta”, dicono fonti parlamentari.
“E’ ora che il Consiglio e il Parlamento Europeo muovano verso un compromesso. Serve un accordo entro fine ottobre: sappiamo tutti che il prezzo di un fallimento sarebbe troppo alto”, dice il vicepresidente della Commissione Europea Maros Sefcovic, in videoconferenza stampa al termine del Consiglio Affari Generali a Lussemburgo.
Ma più passa il tempo, più emergono nuovi attori a tirare la corda. Dopo il braccio di ferro sul rispetto dello stato di diritto - tra il Parlamento che chiede di farne condizione essenziale per avere i fondi, l’Olanda che condivide questa posizione in maniera anche strumentale per difendere i suoi rebates e l’Ungheria che minaccia il veto se ritoccano l’accordo di luglio - ora anche la Polonia si dice insoddisfatta della proposta di compromesso tedesca sulle risorse proprie.
Ma le risorse proprie restano il cuore del provvedimento: senza l’introduzione di nuove tasse comuni europee – digital tax, carbon tax, tassa sulle transazioni finanziarie – la Commissione europea non può emettere i bond con cui dovrà raccogliere sul mercato le risorse del Recovery Fund. In sostanza, questo debito comune europeo resterebbe scoperto. Ma per introdurre nuove risorse proprie è necessario che la presidenza tedesca raggiunga un accordo con l’Europarlamento, che la proposta passi all’unanimità in Consiglio europeo e che subito dopo ogni Stato nazionale la approvi nel proprio Parlamento. Un processo che per Sure, il piano della Commissione sulla disoccupazione da covid, ha impiegato ben quattro mesi.
Gennaio, la data che sulla carta dell’accordo di luglio segnerebbe l’inizio del Recovery Fund, è vicino. Gli incastri da mettere a posto per l’operatività del pacchetto sono ancora da definire. Oltre che con Gentiloni, a Bruxelles Di Maio ne ha parlato anche con il presidente dell’Europarlamento David Sassoli: in videoconferenza perché Sassoli è in quarantena per essere venuto in contatto con un positivo da covid.
Dopodomani Conte ne parlerà a quattr’occhi con gli altri leader europei, a margine di un Consiglio europeo che ha in agenda la Brexit. Anche qui, non ci sono buone notizie: l’intesa con Londra è lontana, il no deal è dietro l’angolo. “Vogliamo l’accordo ma dobbiamo essere preparati al fallimento”, ammette Merkel.
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