martedì 20 ottobre 2020

Michele Crudelini x Byoblu - FALLIMENTO EUROPEO: ANCHE SPAGNA E PORTOGALLO RINUNCIANO AI PRESTITI DEL RECOVERY FUND

 

FALLIMENTO EUROPEO: ANCHE SPAGNA E PORTOGALLO RINUNCIANO AI PRESTITI DEL RECOVERY FUND
 “Il sovranismo in salsa nostrana ha ricevuto un duro colpo”, con queste euforiche parole il Primo Ministro Giuseppe Conte descriveva il raggiungimento dell’accordo europeo sul Recovery Fund. A distanza di circa due mesi lo scenario appare oggi capovolto.

Spagna e Portogallo fanno un passo indietro sul Recovery Fund

L’accordo che avrebbe dovuto mettere le basi per la creazione del nuovo strumento economico europeo sembra sempre più sul punto di traballare. Prima con il mancato accordo tra Consiglio e Parlamento europeo e oggi con il passo indietro di alcuni Stati di primo piano. Spagna e Portogallo hanno infatti espresso dubbi e perplessità sui crediti che sono stati previsti attraverso il Recovery Fund.

Le ragioni sono semplici: gli oltre 70 miliardi a prestito previsti all’interno del pacchetto andrebbero infatti a gravare sul debito pubblico dei Paesi in un momento in cui l’emissione dei titoli di Stato sul mercato può garantire invece facile accesso alla liquidità con tassi di interesse che rasentano lo zero.

Spagna e Portogallo sono per caso governate da pericolosi sovranisti? Tutt’altro, a Madrid e Lisbona non c’è Viktor Orban, ma due Governi progressisti e ispirati da un insospettabile europeismo.

La sensazione è che non ci sia europeismo che tenga di fronte alle necessità contingenti e Spagna e Portogallo si sono fatte evidentemente i conti in tasca senza farsi trascinare da ingenui entusiasmi ideologici. Sembra che anche la Francia, guidata dall’europeista Macron, possa seguire quest’esempio, rinunciando alla sua parte di crediti.

Dall’Europa nessun aiuto concreto finora

D’altronde, dall’inizio dell’emergenza fino ad oggi anche l’Italia ha utilizzato, pur con timidezza, esclusivamente ricette di sovranismo economico. Neanche un euro, degli oltre 100 miliardi che finora sono stati reperiti dall’esecutivo italiano, è arrivato infatti da strumenti messi in campo dall’Unione europea. Tutti i soldi che finora hanno permesso anche la stessa sopravvivenza di Giuseppe Conte sono giunti attraverso l’emissione di titoli di Stato italiani, comprati principalmente da acquirenti italiani, con la garanzia della Banca Centrale Europea.

L’Italia, quasi senza accorgersene ha fatto di necessità virtù, anche perché i soldi a pioggia promessi dall’Unione europea non sono mai arrivati. È stato poi lo stesso Conte ad ammettere durante l’ultima conferenza stampa che il MES non è uno strumento utile per sormontare l’attuale crisi, ma anzi può essere dannoso, confermando così il voto del Parlamento italiano della scorsa settimana che aveva bocciato con larga maggioranza la proposta di accedere al Meccanismo europeo di Stabilità.

Nessuno sembra quindi più credere all’Unione europea, nemmeno gli europeisti più accaniti. D’altronde l’UE era stata creata con la promessa di aiutare gli Stati a superare con facilità proprio le situazioni di emergenza e se Bruxelles fallisce in questo compito allora cade il senso stesso della sua esistenza. Il saper fare da soli, il tanto criticato sovranismo, sono stati finora gli unici rimedi ad una crisi epocale. Del resto era stato lo stesso Giuseppe Conte ad affermare di fronte all’Assemblea Generale ONU che il sovranismo fa parte della Costituzione italiana. Quello era però un altro Conte, il Conte I del Governo gialloverde, sicuramente dotato di più realismo rispetto all’attuale Conte II.

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