venerdì 2 agosto 2019

(Antonio Grizzuti – la Verità) - Gozi il parigino tace sul compenso e dà del fascista a chi lo ha criticato



(Antonio Grizzuti – la Verità) – 
Forse Sandro Gozi pensa che siamo tutti gonzi. Altro che arringa inattaccabile, quella sfoggiata ieri a seguito della sua nomina come responsabile degli Affari europei per il governo transalpino è una difesa che fa acqua da tutte le parti. «Ma che vuole Luigi Di Maio? Non sono né ministro, né sottosegretario, non ho giurato sulla Costituzione francese», ha tuonato così dalle colonne di Repubblica il politico dem che nei governi guidati da Matteo Renzi e Paolo Gentiloni ricopriva l’ incarico di sottosegretario, per l’ appunto, agli Affari Ue.
«È tutto contestabile», argomenta poi monsieur Gozì, che più avanti si lagna della «polemica grottesca» e della «castroneria giuridica». Peccato abbia anche promesso di rivelare l’ ammontare del compenso che riceverà dal governo francese. Spiegazione che ieri non è arrivata. Al contrario, Gozi ha sfoderato il solito spauracchio dei «periodi più bui della storia»...

Quando le cose si mettono male, ecco puntuale entrare in scena il solito copione nel quale l’ esponente di turno di sinistra non resiste alla tentazione di agitare lo spettro del criptofascismo: «A Parigi sono sbalorditi. La mia collaborazione è vista come un segnale di amicizia. A Roma invece mi vogliono apolide».
Un tempo forse, utilizzando un termine un po’ forte, l’ avrebbero definito collaborazionista. Oggi invece bisogna essere politically correct a tutti i costi e fa più figo (come d’ altronde ha fatto il diretto interessato) chiamarlo «transnazionale». Eppure la sostanza, vale a dire curare gli interessi di un governo straniero, non cambia. Lo dimostrano le affermazioni di Carlo Calenda, l’uomo che a torto o a ragione oggi riveste il ruolo di uno dei leader del Pd.
«Non si entra in un governo straniero», ha twittato Calenda lunedì rispondendo a un utente che gli chiedeva un parere sulla vicenda, «non si ratta di un gruppo di lavoro, ma di ricoprire per due mesi nel governo francese la carica che ha ricoperto nel nostro governo, conoscendo posizioni e interessi anche riservati non sempre coincidenti. Semplicemente non esiste».
L’ex ministro dello Sviluppo economico è poi tornato sullo stesso tema, scegliendo di affidare i suoi pensieri in merito sempre sullo stesso social network. Più tardi, rispondendo a Ivan Scalfarotto che parlava di Europa come «casa comune», Calenda ha ribadito il concetto: «Se hai gestito dossier europei per il tuo governo avendo anche accesso a informazioni riservate non puoi andare a fare lo stesso lavoro o similare per un altro governo. Per due mesi poi è una ridicola e dannosa burla».
Ma Calenda ha ripreso l’ argomento anche ieri. Prima sollevando il dubbio sul fatto che «se non puoi, dopo aver fatto il ministro, andare a lavorare in Eni per conflitto di interessi, non comprendo come possa essere consentito farlo per altro governo»; poco dopo, commentando la visita in carcere di Scalfarotto agli imputati per l’ omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega, ha parlato di «vette di stupidità mai prima conquistate nella politica contemporanea».
Non che nel Pd facciano la fila per difendere Gozi, per carità. Silenzio imbarazzato da parte dei vertici del Pd, a partire da Renzi e Gentiloni che pure lo vollero (il primo) e confermarono (il secondo) al tavolo nell’ esecutivo. Piuttosto, meglio lanciare le seconde linee in quella che sembra una difesa kamikaze. «Storia, tragedia e farsa…Per i fascisti di una volta era “traditore” chi collaborava con le “demoplutocrazie”, mentre svendevano l’ Italia all’ invasore. I fascistelli di oggi bastonano chi collabora con la democrazia francese mentre svendono l’ Italia a Vladimir Putin», twitta riprendendo il nostro editoriale di ieri un Andrea Romano, deputato e direttore di Democratica, in piena sindrome «ha stato Putin».
Debolucce anche le argomentazioni della compagna di partito Alessia Morani: «Stamattina Di Maio ha dichiarato che vuole togliere la cittadinanza a Gozi. Proprio lui che voleva fare l’alleanza con i gilet gialli. La domanda a questo punto è: cosa vorreste togliergli al nostro statista del mandato zero?».
Nell’attesa di conoscere i dettagli sul compenso legato all’ incarico, torna invece alla carica Giorgia Meloni, la prima a lanciare ufficialmente con una lettera al Giornale l’ idea della revoca della cittadinanza: «È semplicemente surreale che qualcuno che ha rivestito l’incarico di sottosegretario del governo italiano con delega agli Affari europei, appena dismesso quell’ incarico assuma un incarico sostanzialmente analogo del governo francese», ha dichiarato la Meloni in un videomessaggio diffuso sui social.
«Noi vogliamo sapere quali sono i meriti per i quali Sandro Gozi viene ripagato dai francesi. Per questo abbiamo presentato un’ interrogazione e chiediamo al governo italiano di cautelarsi, di chiedere a Sandro Gozi di non accettare quell’ incarico, ovvero di revocargli la cittadinanza come prevede una legge del 1991 evidentemente fatta contro i traditori».
L’affondo del leader di Fratelli d’ Italia ha trovato la sponda di Matteo Salvini, che nel pomeriggio di ieri ha twittato: «Noi stiamo con i carabinieri, qualcun altro va a trovare delinquenti. Noi stiamo con gli italiani, qualcuno evidentemente ha altri interessi. Pd, sempre dalla parte sbagliata».---

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