2/2/2021
Quando arriva una lettera dall’Unione europea indirizzata all’Italia non è mai un buon segno. Inviti a introdurre misure lacrime e sangue, minacce di sanzioni e pesanti vincoli. Di solito il tenore dei messaggi è sempre questo.
La minacciosa lettera dell’UE
E l’ultima lettera arrivata in ordine di tempo segue ancora questa logica e riguarda l’annosa vicenda legata ad Autostrade. La Direzione Generale della stabilità finanziaria, dei servizi finanziari e dell’Unione dei mercati dei capitali, che fa capo alla Commissione europea, ha infatti recapitato a Palazzo Chigi un testo che riguarda le nuove misure legislative applicabili ai contratti di concessione autostradale.
In particolare Bruxelles lamenta la gestione del Governo in merito alla trattativa che dovrebbe nel tempo portare alla revoca della concessione autostradale al gruppo facente capo alla famiglia Benetton. La Commissione europea contesta la previsione di assegnazione temporanea all’ente pubblico Anas perché equivarrebbe ad un’assegnazione diretta e quindi contraria, secondo Bruxelles, ai principi di libera concorrenza.
La Commissione chiede anche chiarimenti su una presunta violazione unilaterale delle clausole contrattuali che prevedrebbe tra le altre cose, la riduzione dell’indennizzo dovuto dal Governo ad Autostrade dai 23 miliardi previsti dal contratto ad una cifra compresa tra i 6 e gli 8 miliardi di euro. E questa missiva europea si conclude con la consueta minaccia di sanzioni nel caso in cui questi punti non venissero chiariti.
Un’intromissione durante una vicenda giudiziaria irrisolta
Lascia davvero stupefatti la supponenza che l’Unione europea adotta per entrare a gamba tesa nell’affare Autostrade, mentre si sta svolgendo da oltre due anni un’indagine giudiziaria che coinvolge proprio questo gruppo.
La scelta di revocare la concessione autostradale è infatti diretta conseguenza del crollo del Ponte Morandi e soprattutto di quello che sta emergendo a seguito delle indagini svolte dalla Procura di Genova. Secondo le ultime rivelazioni, il Ponte Morandi sarebbe crollato a causa degli insufficienti interventi di manutenzione a fronte di un incremento sostanziale dei profitti. Una tendenza registrata proprio dopo la privatizzazione dell’infrastruttura avvenuta nel 1999.
Nel caso i sospetti venissero confermati, la revoca non sarebbe solo legittima, ma necessaria e il gruppo dovrebbe anche incorrere nel pagamento di un cospicuo risarcimento, oltre a rispondere di eventuali condanne penali.
L’UE è sensibile agli interessi lobbistici
Perché quindi l’Unione europea decide di intromettersi in una vicenda così delicata, nel pieno di un’inchiesta giudiziaria, prendendo le parti di Autostrade? Nella lettera dell’UE si parla vagamente di un numero considerevole di reclami pervenuti a Bruxelles da parte di soggetti coinvolti nella vicenda. Ed è facile scoprire chi possa essere andato a piagnucolare alla Commissione europea.
Sul Registro per la trasparenza, l’elenco che comprende tutti i soggetti privati che fanno attività di lobbying alla Commissione europea, è compreso proprio il gruppo ASPI, Autostrade per l’Italia. Il caso vuole che il gruppo abbia deciso di iscriversi a questo registro nel febbraio 2019, pochi mesi dopo il crollo del Ponte Morandi.
Una coincidenza temporale decisamente strana, ma che potrebbe aver permesso ad ASPI di accedere nelle giuste stanze per esercitare la proprio influenza. Se quindi davvero l’Unione europea sta rispondendo alle pressioni lobbistiche di un gruppo privato minacciando di sanzioni lo Stato italiano, allora dobbiamo davvero interrogarci sull’utilità di continuare a far parte di un’istituzione decisamente contraria ai nostri interessi.
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