Sulla legge elettorale Matteo Salvini frena Nicola Zingaretti: «Io sono pronto solo se si vota la settimana dopo, ma non è questa la priorità del Paese». Intanto, radio Montecitorio registra un’altra giornata di stallo sulla riforma del sistema voto. Non a caso Nicola Zingaretti è infuriato. E quando attorno all’ora di pranzo apprende che il famoso Germanicum — un proporzionale con sbarramento al 5 per cento sul quale nel gennaio scorso Pd, M5S e Iv siglarono un accordo — non approderà in aula il 27 luglio perché rinviato, sbotta davanti ai suoi: «Io vado comunque avanti»...
E andare avanti significa ripartire da dove l’iter si è interrotto. La legge elettorale si incaglia all’ora di pranzo. Alle 13 infatti si riunisce l’ufficio di presidenza della I Commissione. Ordine del giorno: calendarizzare il voto sul Germanicum. Succede però che all’unanimità si decide di rinviare. La ragione ufficiale è connessa alla composizione della stessa commissione che non risulta ancora regolare, perché il M5S ha un membro in più che non ha fatto decadere.
Insomma, tecnicismi procedurali che rimandano la discussione e la votazione del testo base a data destinarsi. Se questa è la versione ufficiale poi c’è quella ufficiosa fatta di indiscrezioni e di retroscena. I renziani rivelano che «la maggioranza non ha i numeri. Sarebbe finita 24 a 23». Anche perché proprio Iv ha cambiato idea e voterebbe contro. Spiega Federico Fornaro (LeU) uscendo dalla riunione: «L’impasse dipende da Iv, non certo da noi. Ribadisco la nostra totale condivisione su un sistema proporzionale puro. L’unica nostra riserva riguarda la soglia di sbarramento».
Al Nazareno non si arrendono. Raccontano che Zingaretti abbia subito chiamato il capogruppo Graziano Delrio. Sintesi estrema della telefonata: «Bisogna riconvocare l’ufficio di presidenza. Se dovesse andare male, mani libere». Esce un’Ansa che recita così:« Il Pd ha chiesto di riconvocare l’ufficio di presidenza della Commissione affari costituzionali e cambiare la decisione che aveva preso». Nel pomeriggio a Montecitorio, sempre Delrio, incontra il capogruppo del M5S, Davide Crippa. Il messaggio è forte e chiaro: «Si va avanti». Ma il centrodestra compatto dice «no alla riconvocazione del calendario» e Maria Stella Gelmini (Forza Italia) sottolinea che «il Pd e Zingaretti non decidono il calendario».
Caos al caos che rimanda tutto al prossimo Ufficio di presidenza della I commissione che sarà convocato solo dopo la conferenza dei capigruppo (oggi alle 14) e la conseguente calendarizzazione della legge elettorale. Con un dettaglio: una volta riconvocato, Pd e M5S rischiano di non avere la maggioranza.
22 luglio 2020 (modifica il 22 luglio 2020 | 22:11)
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