Il segretario del Pd crede sempre meno nel Governo, anche se non vede alternative. "Non c'è politica sull'immigrazione, non c'è niente". Forte preoccupazione anche per i ritardi sulla ripartenza dell'anno scolastico. "Ma magari si andasse a votare”
Alessandro De AngelisViceDirettore
Perché poi è piuttosto chiaro, pressoché lapalissiano, che se dici “servono politiche adeguate” pensi che, finora, quelle politiche sono state inadeguate. E se questa cosa la dice il segretario del Pd, aggiungendo che quanto sta accadendo oggi sui migranti era anche piuttosto prevedibile, la dichiarazione in questione è, al tempo stesso, un avviso ai naviganti, una certificazione di un fallimento, un modo per mettere agli atti l’ennesimo “io l’avevo detto”. “Ma no – ha spiegato Zingaretti ai suoi – io non ce l’ho con la Lamorgese, il punto è complessivo, non c’è una politica per l’immigrazione. Non c’è niente”. E a chi gli ha chiesto i capitoli del niente, in privato ha pronunciato parole che, se dette in pubblico, sarebbero buone per aprire una crisi di Governo: “La politica sull’immigrazione non è solo una questione di repressione e sicurezza. Qui non c’è un’idea di politica economica, non c’è una politica estera, non c’è chi parla con i Comuni per la questione degli Sprar, non c’è un…”...
C’è però il Mediterraneo fuori controllo, la Libia spartita tra russi e turchi, la fuga dai centri d’accoglienza, il rischio di contagio, il cortocircuito tra salute e umanità, il terreno perfetto per la risurrezione di Salvini, in modalità Bolsonaro senza mascherina quando ormai anche Trump se la mette, i Decreti Sicurezza che vivono e lottano insieme a noi, l’Esercito spedito in fretta e fuori fuori dai centri di accoglienza. Insomma, tutte cose che quella Cassandra di Minniti aveva previsto in tempi non sospetti. C’è tutto questo e anche un pezzo del Pd che oggi tira in causa anche Minniti e Gentiloni. Ecco, si spiega così lo sfogo di Zingaretti, consegnato ai suoi, ma anche a Orlando, Bettini, Franceschini: “Ma magari si andasse a votare”.
Parole che non sono una linea, ma quasi una certificazione di rassegnazione, ripetute quasi quotidianamente, il che, al netto dell’umore di giornata, dà l’idea che il segretario non crede nel Governo, anche se non vede alternative e, magari, non ha la forza per crearne.
In altri tempi una dichiarazione di inadeguatezza del Governo da parte del capo della sinistra avrebbe fatto bollire i telefoni nelle principali stanze nei Palazzi. Invece, questa è la novità dei costumi odierni, stavolta ha prodotto una commedia dell’assurdo. Perché anche Di Maio, pur tirato in causa, “è d’accordo” sui limiti del Governo, anche se per motivi diversi rispetto a quelli di Zingaretti, anche Franceschini sa che di immobilismo si muore, tutti lo sanno, ma l’incastro è perfetto, nessuna emergenza annunciata è governata, al netto della retorica sulla valanga di soldi in arrivo. Spiegano ai piani alti del Nazareno: “Sì, stiamo donando il sangue. Se le cose vanno bene è merito di Conte, quando vanno male si rivolgono tutti a noi. Hai presente sketch sull’Avvocato di Proietti?”.
Prossimo patatrac annunciato, la scuola, dove la ministra Azzolina ha annunciato la riapertura a settembre e ha varato il 27 luglio un bando per produrre in un mese tre milioni di banchi, con o senza ruote. Impresa pressoché titanica che ha già prodotto la rivolta degli industriali del settore. Sembra, dicono i ben informati, che sarà l’oggetto dell’avviso ai naviganti di domani, con la richiesta di un tavolo di coordinamento per riaprire in sicurezza. A voler fare una graduatoria della soglia di allarme, mettiamola così: sui migranti magari resuscita Salvini, ma se si fallisce sulla riapertura dell’anno scolastico è complicato, dopo la bocciatura avere una prova d’appello. Sarà anche perché è presidente della Regione, e come tale ha il polso dei territori, ma Zingaretti, su questo capitolo, pensa che possa succedere un’ira di Dio. Dicevamo, altra dichiarazione, che resterà agli atti, come quella di oggi, e come quella di dopodomani. Un po’ come quando si rompono le righe di fronte a un disastro annunciato. Ognuno, diciamo, lascia agli atti, confidando sulla clemenza verso chi, in fondo, l’aveva detto.
- Alessandro De AngelisViceDirettore
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