L’ultima notizia di fonte russa, datata 5 luglio, dice: “I caccia MiG-29 dell’Aeronautica libica hanno abbattuto i sistemi di difesa aerea Hawk MIM-23 turchi nella base turca di Al-Watiya”
Per non fare confusione, si deve precisare che la “aviazione nazionale libica” è quella di Haftar, sigla ANL, che sta battendosi contro Al Sarraj, GNA, ora enormemente rafforzato dalla presenza militare turca al suo fianco, e che è apparsa sul punto di sfondare. I soldati privati russi della Wagner hanno subito un rovescio, con gravi anche se imprecisate perdite, dai mercenari terroristi siriani (pare 7 mila) che Erdogan ha reimpiegato in Libia, fornendoli anche armi moderne, MANPAD, “tecniche” con mitragliatrici pesanti, e droni d’assalto micidiali e appoggio aereo.
Ci sono stati giorni in cui i satelliti-spia israelo-americani hanno osservato mezzi ed aerei russi apparentemente abbandonati in piste lontane della Libia. Poi, il primo luglio, sono atterrati almeno 3 dei giganteschi aerei An-124 e Il-86, e un Tu-154 che è direttamente del ministero della Difesa di Mosca. La quale, prima, non ammetteva di avere forze sue impegnate in Libia....
Adesso il comunicato di Avia-Pro precisa che anche “i caccia MiG-29, che sgombrato con successo la base aerea di al-Watiya, distruggendo con 9 missili, tutti e quattro i complessi di difesa aerea turchi due carri armati e uno dei rifugi dove erano localizzati droni di attacco turchi, sono stati recentemente consegnati all’esercito di Haftar”.
Dunque siamo sull’orlo dello scontro diretto Mosca-Ankara. E forse già oltre, perché ci vuole una buona volontà nella finzione a credere quei piloti che hanno eliminato la base turca in Libia sono libici DOC.
Prima ancora, a fine giugno, mentre i mercenari al soldo di Erdogan potentemente armati si preparano a prender d’assalto la città portuale di Sirte malfermamente controllata da Haftar, “un convoglio di militari privati russi e altro personale straniero sono entrati nel campo petrolifero di Al-Sharara e si sono congiunti con rappresentanti della Petroleum Facility Guard, una milizia locale alleata al maresciallo Khalifa Haftar”.
Al Sharara è lontanissima, nel Sud, ed è il più grande campo petrolifero libico, con produzione media di 300 mila barili al giorno, rimesso da poco in funzione dalle forze siriane al soldo di Erdogan; è il tesoro che paga la guerra di Al Sarraj e, ovviamente, gli aiuti militari di Ankara. Con questa mossa del cavallo, i Wagner hanno interrotto il flusso finanziariamente essenziale alla vittoria turca e dei Fratelli Musulmani (perché il governo di Al Sarraj “riconosciuto dall’ONU” è quello). Il maresciallo Haftar ha potuto proclamare che ha ordinato lui di bloccare l’esportazione di greggio del GNA perché con quella Al Sarraj paga i mercenari mandatigli dalla Turchia. E’ anche per questo motivo che i turchi (pardon, i “siriani” dell’ISIS) stanno cercando di impadronirsi di Sirte, perché è il porto che serve per l’export del greggio....
L’Algeria schiera le divisioni blindate
Il regime algerino è entrato nel massimo allarme perché – dice il sito algerino Menadefense – “dopo la base aerea di Al-Watiya che rischia di diventare una base permanente dell’esercito turco, centinaia di mercenari sono arrivati nella regione di Brak a bordo di decine di pick-up e blindati e sono attualmente stazionati nella cinta della base aerea di Brak”. Siccome Brak in Libia è “vicino a In Amenas”algerina (400 chilometri, nel deserto, è vicino), insomma lungo il confine meridionale algero-libico dove anche Algeri estrae, il regime algerino ha dispiegato l’8 divisione blindata, la più prestigiosa dell’Armata Nazionale e Popolare, la quale, unita ad altre brigate e appoggiata dall’aviazione, ha “simulato un assalto aero-terrestre, dunque un’offensiva – non più uno dei soliti esercizi difensivi cui si produce l’armata algerina, a cui la Costituzione vieta(va) l’impiego su terra straniera. E’evidentemente un segnale per la Turchia e la vicinanza delle sue baso al confine algerino. Adesso, come si vede, la base turca di Al-Watiya è stata (per il momento) neutralizzata dai MiG 29 “di Haftar”.
Del resto il capo di stato maggiore algerino Said Chengriha era volato a Mosca il 27 giugno per assistere alla sfilata della vittoria sovietica sul Terzo Reich (il regime algerino è sempre stato fedele all’URSS) e sicuramente ha discusso coi generali di Mosca delle loro divergenze sulla Libia. Algeri infatti non è entusiasta dell’appoggio russo a Haftar (un perdente) e delle troppe forze straniere nella confinante Libia; meno ancora gradisce l’appoggio che sulla Libia Mosca dà all’Egitto di Al Sissi , il quale ha appena dichiarato che se Turchia e GNA superano la “linea rossa”, ossia s’impadroniscono di un’altra fetta del territorio che oggi controlla Haftar sul punto di essere disfatto, l’Egitto entra in guerra direttamente, non potendo sopportare che in Libia s’instauri un governo di Fratelli Musulmani, con a disposizione l’oceano di greggio che fu di Gheddafi, per di più protetto da basi permanente turche: e l’Egitto è attualmente la nona potenza militare mondiale.
E gli serviranno tutte le armi, perché probabilmente dovrà, di guerre, farne 2: una contro l’Etipia che gli sta prosciugando il Nilo.
Ma d’altra parte, Algeri non può nemmeno tollerare senza reagire, a ridosso delle sue frontiere le forze turche: ed ecco che i russi (pardon, l’aviazione di Haftar), almeno gli hanno tolto il pensiero incenerendo la base di Al Watiya.
Macron si trova “alleato” di Mosca
Ufficialmente, Algeri protesta perché con la Turchia, in Libia è entrata nella guerra interna “la NATO”.
Avete detto NATO? Quando il 10 giugno una nave francese (che stava assistendo Haftar, senza dirlo) è stata “illuminata”elettronicamente da una nave turca da guerra (ovviamente per Sarraj), Macron ha preteso dalla NATO un severo rimprovero contro Erdogan. Macron si è ritrovato solo: non soltanto la Merkel non l’ha appoggiato, ma Parigi ha scoperto amaramente che non si trattava della solita politica di pesce in barile in cui la Kasner è specialista, ma qualcosa di peggio: dei rapporti privilegiati e canali segreti che Berlino ha con Ankara, in cui Ankara ha il sopravvento (può inondare la Germania i milioni di “profughi”)e che Angela non ha alcuna intenzione di rovinare per la NATO e per Macron. L’Europa a guida tedesca, ragazzi, è vicina ad Ankara.
Macron si è anche beccato la lezioncina di Dominque Moisi, uno dei suoi creatori: “La Francia è davvero sola nella sua resistenza alle mire espansioniste di Ankara. Una prova di coraggio politico, ma anche la conseguenza di una politica estera nella regione, a cominciare dalla Libia, dove Parigi ha sempre preferito agire da sola, senza consultare i partner europei. Ciò lo indebolisce considerevolmente oggi”.
Si apprezzi almeno il lato comico: in Libia, Parigi si trova alleata di fatto ai russi di Wagner e ormai alla Difesa di Mosca, all’Egitto e agli Emirati, contro un “alleato della NATO”.
Gli “Americani” vogliono destablizzare anche l’Algeria
E gli americani? Quelli che con Hillary “ammazza-Gheddafi” hanno creato in Libia il vuoto politico – potente vuoto pneumatico che risucchia dentro gli eserciti più formidabili del Nordafrica, più Turchia e Russia, con le forze francesi isolate? Sembrano assenti e impotenti.
Ma invece, secondo Luc Michel, analista geopolitico, invece gli americani “attivano i due campi per propagare il caos”, più precisamente “vogliono implicare l’Algeria nella guerra in Libia, far mettere al regime il dito nell’ingranaggio”, e per questo hanno “ottenuto delle basi militari in Libia attraverso l’alleata Turchia”.
Infatti: l’Algeria non ha avuto la sua dose di “primavera araba”, destabilizzazione islamista, che Kivunim aveva progettato per questo paese ricchissimo di materie prime e troppo silente, che tiene il coperchio su minoranze berebere che una spartizione della Libia potrebbe “risvegliare” a chiedere autonomia, o indipendenza. Da qualche settimana, Algeri ha cominciato a dire che quella base che il Marocco sta allestendo a Jerada, a ridosso del suo confine occidentale, è una base del Mossad creata per spiare l’Algeria con i suoi mezzi elettronici, per l’appoggio indefettibile che manteniamo alla causa palestinese. Naturalmente è una teoria del complotto, di afrore antisemita, da cui energicamente prendiamo le distanze .
E l’Italia in questo atroce pantano, da cui dipende in modo per gas e petrolio? Tranquilli: la nostra politica nell’area, e specificamente verso l’Egitto, è decisa dagli interessi della famiglia Regeni. Quindi “andrà tutto bene”, come dice lo slogan infantile che meritiamo. Siamo la dittatura più stupida della storia, e ci va bene…
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