Abbiamo perduto il 25% industrie
E la gente non lo sa. Fossimo stati in guerra, vedrebbe le macerie ingombrare le strade, le fabbriche diroccate, i macchinari perduti e capirebbe: “La situazione è grave, la patria è in pericolo”.
Lo stato di guerra – io l’ho visto in Croazia e a Sarajevo – instilla nella popolazione la condizione di “mobilitazione” psicologica: la società di fa’ più compatta nel pericolo comune. “In tempo di guerra, ogni cittadino avverte la scarsezza delle sue possibilità individuali, la drammatica ristrettezza sua, e la sua radicale dipendenza dalle capacità di tutti gli altri; la sua sensibilità per il tutto sociale si fa più acuta; ansiosamente e con non poco sforzo passa in rivista quel che possa sperare dalle altre classi e professioni, quali eccellenze sulle quali possa basare la prospettiva di vittoria”.
Fossimo in guerra, tutti sentirebbero come una fortuna avere ancora una grande acciaieria produttiva sul territorio nazionale (ancorché di proprietà indiana), e sapremmo cosa pensare di un movimento o partito che ne volesse fortemente la chiusura, per l’aria pulita, riconvertendo quei bravi operai in raccoglitori di cozze...
Quando si è in guerra tutti, anche la popolazione non-combattente, pensano incessantemente a fare la loro parte, partecipare ai sacrifici dei soldati al fronte. Nelle due guerre mondiali, le donne facevano i maglioni e le calze calde per i soldati, fra i quali c’erano i loro figli, nipoti e mariti; gli scolari raccoglievano la carta straccia per fare quelle candelette che servivano a riscaldare il rancio gelato nelle gavette.
I benestanti, volenti o nolenti, sottoscrivevano il Prestito per la Vittoria. I tecnologi e gli scienziati erano incitati a dare il meglio di sé, ad esprimere genio inventivo: si pensi solo ai “siluri a lenta corsa” italiani, alla benzina sintetica e alla gomma sintetica che i chimici tedeschi diedero alla Germania (1).
Quelli che si divertivano, andavano al ristorante e ai balli, venivano guardati come “profittatori di guerra” o egoisti arricchiti che si sottraevano alla solidarietà collettiva e allo sforzo necessario.
Oggi, la maggior parte dei giovani” va in discoteca, e nessuno li biasima. Ci fosse la guerra, altro che discoteca: le mamme, compagne e mogli li schiferebbero, li spingerebbero ad arruolarsi, o almeno a partecipare alla rimozione delle macerie, al recupero dei cadaveri e nelle fabbriche di armi. Oppure ad entrare nella Resistenza contro l’Occupante.
OCCUPAZIONE
Sì, perché in questa guerra che non vediamo, oggi siamo in stato di occupazione.
Usiamo la moneta dello straniero, che ci rovina. Dobbiamo obbedire a leggi assurde che ci sono state dettate dal Nemico: il deficit sotto il 3 per cento, il debito pubblico che deve scendere fino al 60% del Pil, sono obblighi che hanno avuto l’effetto – comprovato – di diminuire il nostro Pil, e quindi di aumentare il nostro debito in rapporto ad esso; l’obbligo di mantenere l’avanzo primario, ha come effetto di impedire la ricostruzione delle infrastrutture e di rendere impossibile la ripresa economica.
Il nemico ci ha vietato il salvataggio delle banche a spese dello Stato, ma per sé viola questa regola – fonde Deutsche Bank a Commerzbank con aiuti i Stato – e tutte le altre quando vuole.
La Grecia è palesemente sotto il più spietato tallone nemico:
La UE, su istigazione tedesca, non consegna alla Grecia 960 milioni di euro – soldi suoi, attenzione: è la quota che le spetta sui profitti degli interessi lucrati dalla BCE sui BOT greci che detiene – perché il governo greco non si è ancora risolto a pignorare le prime case dei cittadini insolventi. Il governo di Atene ha l’ordine di sbattere sul lastrico i suoi cittadini e mettere in svendita le loro case, solo se fa questo avrà i soldi che sono suoi. E’ ciò che i tedeschi chiamano “fare le riforme”.
Senza contare
I VANTAGGI DI UNA “VERA” OCCUPAZIONE
Perché l’Occupante si incarica della gestione diretta del paese occupato. E’ molto meglio della situazione presente: l’Occupante si assume la responsabilità.
Per esempio, la UE e l’Occupante tedesco rimproverano i nostri governi di “non fare le riforme”. E’ verissimo, hanno ragione. I nostri governi non hanno il coraggio di “fare le riforme” necessarie, che sono soprattutto due, anzi una: rimettere in riga lo sgangherato apparato pubblico, per renderlo cointeressato ai destini della patria; e piallare le inefficienze della magistratura – inefficienze volute che la magistratura difende perché le considera suoi intoccabili privilegi; ed è in grado di annullare ogni “riforma” miglioratrice incriminando i politici che ci provassero.
Da gran tempo i politici non ci provano più, per paura della casta punitiva; e siamo arrivati la magistratura può fare aspettare gli attori economici dieci anni per una sentenza civile, o assolvere un negro assassino perché “non conosce la lingua” o è “sofferente per il trauma dell’emigrazione”. Un partito preso a favore dei “richiedenti asilo” che esprime un palese disprezzo per gli italiani – e il destino della nazione.
In realtà, noi dovremmo inviare dei mezzi con una supplica a Berlino e chiedere umilmente: è vero, i nostri governanti “non fanno le riforme”; mandaci tu, o Egémone, tuoi funzionari capaci; essi saranno in grado di farle senza guardare in faccia a nessuno.
Esempio: durante la repubblica di Salò, la gestione dell’Alfa Romeo fu assunta dagli ingegneri delle SS e che misero gli operai a fabbricare motori d’aereo: e furono tanto ammirati dalla qualità professionale degli operai (tutti comunisti e antifascisti) che, a guerra finita, uno degli ingegneri, Rudolf Hruska, lasciò la Porsche e su invito di Giuseppe Luraghi tornò in Italia, e progettò il geniale motore dell’Alfasud: a cilindri contrapposti sul modello dei motori a stella aeronautici, ennesimo esempio italiano di ottimo progetto semi-rovinato dalla realizzazione pressappochista.
Tuttavia, è un esempio da ricordare ai nostri Occupanti: le “riforme”? fatele voi, solerti esecutori dell’Ordine nuovo Europeo! Oggi, voi godete di come i governanti che voi ci avete dato rovinano la nostra economia, aspettando il momento di arraffare le nostre riserve auree. Venite qui a governare voi direttamente, e raddrizzate la nostra economia mezzo-affondata.
I funzionari tedeschi cominceranno dagli statali. Constateranno che essi sono prigionieri di un sistema sgangherato, il quale non solo non li incentiva a contribuire al meglio alla sforzo comune dei compatrioti, ma anzi positivamente li disincentiva. Essi sanno che, appena si assumono una responsabilità e prendono una decisione, la decisione verrà impugnata in sede giudiziaria da un cittadino qualunque; tipicamente il concorrente che ha perso la gara per rifare il ponte farà ricorso al TAR contro la decisione; interesserà la magistratura dei possibili “risvolti penali”, e il giudice “apre il dossier”. Insomma per lo statale sono grattacapi e guai, anche grossi. Per i quali il sistema gli dà la soluzione: non decidere mai. Ritardare. Procrastinare. Passare ad altro ufficio per gli opportuni accertamenti.
E’ così che sono bloccati miliardi di lavori già decisi dai governi e finanziati, con danno enorme per un paese in stato di guerra che ha subito tante distruzioni di fabbriche e di opere pubbliche.
Il punto è che lo statale, lo stipendio lo prende lo stesso. Anzi meglio, è il prendere decisioni contestabili – ed immediatamente contestate dal litigioso privato e dalla magistratura – a metterlo in pericolo di perderlo, o di sprecarlo in avvocati. Ed è un “bello stipendio”, del 20-30 per cento superiore del pari livello nel settore privato. Ed è al riparo dalle vicissitudini e le sciagure della guerra in corso che colpiscono i privati con riduzioni delle paghe, chiusura delle imprese, suicidi degli imprenditori. Avrà lo stipendio, e gli aumenti periodici ,anche se l’economia del paese è distrutta.
Questo comporta che lo statale italiano non si sente in guerra, non urge nel suo ceto la mobilitazione psicologica che coglie l’intera popolazione negli stati di vera guerra; è estraneo ai destini della patria.
Vuoi mettere il vantaggio di una vera occupazione? Funzionari tedeschi assumessero la gestione della sgangherata macchina statale, e facessero loro le “riforme” che esigono dai nostri politici senza fegato e con tante clientele da acontentare? Troverebbero mille modi per snellire e rendere efficienti i pubblici dipendenti: dai licenziamenti per ritardi decisionali, fino ai disincentivi: per esempio, legherebbero gli aumenti degli stipendi al prodotto interno lordo. Se cresce il PIL, cresce la paga; se diminuisce, diminuisce anche la busta. AI magistrati, i tedeschi occupanti sarebbero capaci di imporre la separazione delle carriere, e la responsabilità civile delle loro azioni (come qualunque altra professione, come i medici….) : misure che renderebbero i giudici molto più cauti nell’emettere sentenze. Magari aiutandoli anche, imponendo per decreto che i litigiosi italiani che ricorrono senza motivo vero, vengano puniti per il reato di “causa temeraria”.
LEGGE MARZIALE
Lo stato di guerra comporta la legge marziale. E’ uno dei vantaggi più evidenti della guerra. Il diritto bellico subentra al diritto comune, le corti marziali scavalcano o esautorano la magistratura ordinaria…quella che conosciamo oggi.
La faccio breve dando un esempio: se vigesse la legge di guerra, oggi i responsabili concessionari delle Autostrade sarebbero stati fucilati come profittatori e sabotatori dello sforzo bellico. E il ponte Morandi sarebbe stato ricostruito dal Genio militare in sei mesi, per le necessità logistiche del conflitto.
Gli statali che – secondo dati della Guardia di Finanza – hanno provocato danni erariali per 6 miliardi solo nell’ultimo anno e mezzo, sarebbero processati dai tribunali militari secondo il diritto di guerra.
La mafia nigeriana a Castelvolturno sarebbe trattata con il solo mezzo che può debellarla: il sigillo dell’area reso inaccessibile ai media e ai civili, e il rastrellamento sistematico strada per strada e casa per casa con adeguato numero di truppe e autoblindo. Chiunque fosse trovato in possesso di armi, droga, parti di corpo umano macellato e resti di pranzi cannibalici, sarebbe immediatamente passato per le armi.
Questi sono alcuni dei vantaggi del trovarsi in guerra, invece che “In Europa”. E’ la conclusione che ho tratto dalla conferenza di lunedì alla Regione Lombardia, dopo aver ascoltato Valerio Malvezzi, Fabrizio Conditi e Francesco Carraro: gente, tutta, cosciente di essere in guerra e unita nella necessità di liberare l’Italia. (Naturalmente il pezzo è intendere come paradossale)
NOTA sui chimici
- Ortega y Gasset, da cui ho tratto i passi sopra citati, scrisse dopo la Grande Guerra: “Si immagini l’entusiasmo con cui il popolo tedesco avrà visto la gloriosa classe dei suoi chimici elevarsi dall’umile oscurità in cui soleva vivere, e fornire in proporzioni geniali il suo contributo patriottico che ha stupito il mondo. Di certo in tali momenti [durante la guerra] l’intera nazione avrà benedetto la cura che in tempi di pace pose nel favorire gli studi chimici. In confronto, quel popolo avrà maledetto il suo torpido disdegno impolitico per la politica, che gli ha impedito di preparare per i giorni del pericolo urgente un corpo selezionato di diplomatici e politici” (Espana Invertebrada, 1922). Oggi come allora, magari Berlino avesse politici bravi quanto i suoi chimici….
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