martedì 26 marzo 2019

Maurizio Blondet - Da leggere e condividere...assolutamente" -THE BIG CARNIVAL (e il nostro più piccolo)

Il padre di Rami , intervistato dalla Chaouqui:

LUI NON AVEVA NESSUNA INTENZIONE DI CHIEDERE LO IUS SOLI E IL DIRITTO DI CITTADINANZA PER IL FIGLIO: SONO STATI I GIORNALISTI A FARGLIELO DIRE – “SONO QUA DA 18 ANNI, NON L’HO MAI CHIESTO PRIMA. È COLPA LORO. VOGLIO SOLO VIVERE TRANQUILLO”

“Il padre del bambino ha ammesso davanti alle telecamere di non essersi mai interessato di chiedere la cittadinanza per il figlio, ma che sono stati i giornalisti di varie testate (Repubblica, La7) ad avergli chiesto di rilasciare quel tipo di dichiarazioni”.
Il vero giornalismo, ormai, lo fa Dagospia.  Repubblica e La7 fanno un’altra cosa.  Se il papà ha detto il vero,   qualcosa di peggio che  “semplicemente”  diffondere fake news, notizie   false. No, qui hanno fabbricato loro –  di sana pianta – la notizia  che non c’era,   in modo che il PD e Fabio Fazio potessero agitare il tema dello “ius soli” in tv, onde far apparire Salvini cattivo e loro tanto, tanto buoni.  E raccattare qualche voto...


Per preparare la scena di Fazio sullo “Ius Soli”.
Nel fabbricare la notizia falsa, hanno utilizzato le speranze e strumentalizzato  le illusioni di quella famiglia di origine egiziana di cui proclamano di promuovere “i diritti”,  esponendo  questi deboli alla luce di riflettori spietati, che il papà di Rami ha i suoi motivi per  voler evitare.  Se è, come sembra, che lui benché qui da 18 anni non ha chiesto per sé  la cittadinanza perché ha qualcosa nella fedina penale,  lui ha diritto al silenzio e all’ombra; a quella discrezione che i  giornalisti  hanno violato per lo scopo abietto, di partito. Hanno fatto del male a papà, a Rami (che forse non sapeva del passato del padre) ai figli.
Questo calpestare i sentimenti dei deboli e dei poveri esponendoli indifesi alla  notizia-spettacolo, questo fabbricare notizie che non  esistono per cinismo  e carrierismo, fingendosi per giunta buoni, accoglienti e  protettori di quei poveri ed indifesi, è nelle possibilità ripugnanti del giornalismo soprattutto  televisivo.
E’ il tema del capolavoro di Billy Wilder, The Big Carnival, dove un giornalista senza scrupoli  (Kirk Douglas), che aspira a tornare ai grandi giornali di New York dai quali è stato cacciato per i suoi vizi,   nel nulla deserto di  Albuquerque (Nuovo Messico)  crea una “notizia” di  livello nazionale  – ritardando il soccorso di un poveraccio rimasto  sepolto in una vecchia  caverna indiana.  Lui è il solo che parla all’uomo bloccato nella caverna;   gli fa credere di essere il suo salvatore, soccorritore ed amico.  Negli stessi giorni, lo tradisce con sua moglie e si fa’ complice lo sceriffo locale , facendogli balenare i benefici di una rielezione che la notorietà  gli darà; e ottiene di trasmettere in esclusiva per i grandi media di New York, a suon di migliaia i dollari,  il sensazionale salvataggio dell’uomo che poteva essere  salvato subito, senza sforzo e senza clamore.  Finché  il poveraccio imprigionato muore.

La potenza malefica e invincibilmente corruttrice che la stampa disonesta porta in una comunità semplice, povera e perciò indifesa, approfittando della semplicità per accendere ambizioni malvage, avidità e voglie che prima ignorava –   per  calpestarle e tradirle  poi tutte –  viene  anche coronata dall’osceno Luna Park che la folla, avida di sensazione (e di vedere la morte del povero) forma attorno alla caverna,  roulottes, campeggi, giostre, baracconi, bancarelle  –  The Big Carnival, che perfeziona l’orrore del delitto in corso   aggiungendovi l’aria di  festa grottesca, di carnevalata  – il ghigno satanico che irride.

“Parlar d’altro”

I giornalisti nostrani hanno,  con la falsificazione, ottenuto fra l’altro lo scopo di “parlar d’altro”:   distratto   l’opinione pubblica dall’enormità della  tentata strage del senegalese che ha incendiato il bus coi 51  bambini, hanno portato in primo piano il tema della  cittadinanza da dare per aiutare l’integrazione, unico  (ormai) argomento  che cavalca il PD.  In questo, hanno aggiunto anche un’altra falsificazione: hanno oscurato   il  vero piccolo eroe della vicenda, Nicolò, che s’è offerto ostaggio al senegalese (con cittadinanza italiana) perché bisognava creare   “il piccolo eroe egiziano che vuole essere italiano”.
Chissà se la confessione del  papà di Rami interesserà i probiviri dell’Ordine Giornalisti.
Ma no.  E’ un piccolissimo carnival, questo italiano. Nelle stesse ore sta esplodendo l’enorme Big carnival 
americano:  il più grande della storia.

Il “Russiagate”.

La più vergognosa cover del Time, maggio 2017: la Casa Bianca è diventata il Cremilino.













Il procuratore speciale Robert Mueller ha dovuto ammettere   di non aver trovato prove che  Trump è un agente di Mosca. Dopo 2 anni di indagini, costate ai contribuenti 20 milioni di dollari, dopo  aver interrogato 500 testimoni ed averne citato 2800 – Due anni nei quali John Brennan, l’ex capo della CIA (nominato da obama e mandatpo via da Trump  nel 2017) veniva intervistato da tutte le grandi tv in prima serata, in apertura dei tg, ad  annunciare che non solo Trump ma la sua famiglia al completo sarebbero finiti in galera per collusione con Putin – e lasciava intendere di avere informazioni segrete  a conferma delle sue accuse. Due anni in cui tutti i media  liberal e i grandi network hanno destinato 533.074 articoli all’accusa – fin dall’inizio apparsa falsa anzi “fabbricata” da un ex agente dei servizi britannici pagato dal clan Obama & Clinton –  di tradimento di Trump e sulla  necessità del suo impeachment, anzi della sua carcerazione.
La quantità   di notizie false diffuse dai media americani, o la pura e semplice fabbricazione di notizie  per accusare il presidente in carica, è tale da non poter essere contenuta in un articolo. Occorreranno molti volumi, ed anni d’inchieste (giudiziarie speriamo) per   stabilire le responsbailità – anche penali.
Vi rendete conto che i maggiori giornali USA hanno vinto il Pulitzer  PER aver scritto  notizie totalmente false?”, ha detto Kellianne  Polls, consigliera di Donald.
Un gigantesco apparato di menzogna organizzato scientemente e  in modo coordinato dai  tutti i “grandi media”  anti-Trump,   durato due anni, nel corso del quale sono state travolte persone innocenti a cui hanno distrutto la carriera, fatto perdere il lavoro, intercettare i telefoni;   coinvolte le loro famiglie,  a cominciare dai  figli di Trump  , come Donald jr,  e la stessa Melania – accusata falsamente di aver lavorato come straniera  in Usa  senza promesso –






macchiato il loro  onore, esposti alla gogna  e all’intrusione.  Inoltre, diffamato praticamente tutto il personale che Trump ha nominato  mandando via gli uomini di Obama, a cominciare del nuovo capo della Cia, Gina Haspel,  sostenendo che   aveva personalmente partecipato a  torturare prigionieri in una prigione segreta.
Per una lista (provvisoria) delle falsità diffuse creata dai media sul Russiagate, qui:
 https://sharylattkisson.com/50-media-mistakes-in-the-trump-era-the-definitive-list/

Sono i mass media  che prima di mentire  su  Trump come agente di Putin, hanno mentito sulle “armi di distruzione di massa” di Saddam; hanno mentito sui veri autori  dell’11 Settembre; hanno   mentito sulla  creazione dell’ISIS (americano-saudita), mentito sulla Siria e sulle “primavere” islamiche e sull’Ucraina; mentono su Israele e su Wall street, distolgono l’attenzione sui crimini veri del  loro stato perseguendo delitti  inventati, per “parlar d’altro”. Come Fabio Fazio e i nostri media mainstream  contro Salvini e pro-PD.
E  ancora democrazia, quello che premia un simile immane fabbricatore industriale di fake news? E’ solo un Big Carnival.

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