giovedì 29 maggio 2025

Marco Tosatti - Le Velleità Guglielmine della Germania di Merz. Ricca e Bellicista. Anti Europa e Anti Russia.

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29 Maggio 2025 

Pubblicato da 

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, offriamo alla vostra attenzione due elementi di valutazione su quanto sta accadendo in Europa, e in particolare in Germania. Con tutta la preoccupazione che si può manifestare. Il nostro continente ha imparato molto bene che cosa significa una Germania che rsi riarma e che dimostra velleità di potenza…Buona lettura e diffusione.

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Il primo è questo post di   Alessandro Volpi, che ringraziamo di cuore:

La Germania Guglielmina?
Quest’anno la Germania ha superato il Giappone nella classifica dei principali paesi creditori verso l’estero.
Da 34 anni anni il paese del Sol Levante aveva mantenuto tale primato, ma a fine 2024 la Germania lo ha superato nonostante la posizione finanziaria netta nipponica sia persino migliorata arrivando a 3730 miliardi di dollari.
Ma la Germania ha raggiunto i 3780 miliardi.
In altre parole la Germania è il paese al mondo che ha la migliore differenza fra gli asset posseduti all’estero e le proprie passività nei confronti del resto del mondo. Si tratta di una chiara posizione di forza, a cui se ne possono aggiungere altre, al di là dei più volte citati elementi di crisi.
Non bisogna dimenticare infatti che la Germania ha un rapporto debito/Pil del 49,5%, e quello deficit/Pil all’1,5%.
Ha quindi enormi spazi per una spesa pubblica considerevole.
Dispone poi di entrate tributarie per quasi 700 miliardi di euro, che rappresentano il 55% del totale delle entrate fiscali tedesche; una percentuale più alta della media europea, ferma al 50%.
Il risparmio personale netto costituisce l’11,50 % del reddito personale netto, mentre il sistema industriale vanta ancora numerose aziende con oltre 100 mila dipendenti. Il debito pubblico tedesco, inoltre, è il più affidabile d’Europa e paga tassi ancora bassi. Sembra evidente che alla luce di questi dati il cancelliere Merz voglia attribuire al suo paese un ruolo di primo piano nello scacchiere internazionale, posizionandosi in chiaro contrasto con Trump e soprattutto con la Russia di Putin.
L’intento è quello di usare gli spazi fiscali per puntare sul riarmo, utilizzando l’Ucraina come una vera e propria area di delocalizzazione produttiva per le industrie tedesche di produzione dei sistemi d’arma, a cominciare da Rheinmetall, stabilendo al contempo ottime relazione con i grandi fondi, BlackRock in primis, per indirizzare il risparmio gestito globale verso i titoli delle stesse industrie del riarmo, verso il debito pubblico tedesco, immaginato come bene rifugio in sostituzione del debito Usa, e verso le banche tedesche, ad oggi il tallone d’Achille, insieme all’energia, del panorama germanico perché ancora troppo piccole: Commerzbank e Deutsche Bank non arrivano a 50 miliardi di euro di capitalizzazione.
In quest’ottica è molto più comprensibile la dimensione bellicistica del governo Merz che trova nelle armi e nella finanza dei grandi fondi strumenti per far valere il proprio peso.
Merz come Guglielmo II vuole dare alla Germania un impero, certamente anti europeo e largamente costruito con un baricentro ad est, tra la Polonia e il Baltico, e fondato sullo scontro, divenuto indispensabile, con la Russia.

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E poi c’è questo articolo pubblicato da Il Fatto Quotidiano, che ringraziamo per la cortesia.
Fortuna e spocchia del gran perdente che vuol esser Reagan
di Pino Corrias
Zero carisma ed empatia. Di famiglia bene, nostalgico del nonno nazista, sconfitto da Merkel per la guida della Cdu, uomo di BlackRock, al mendicante che gli ritrovò il computer non diede alcuna ricompensa
Ci vuole la storia di un mendicante per capire di che pasta è fatto il più ricco politico di Germania, il nuovo Cancelliere Friedrich Merz, 69 anni, che ha messo i cingoli all’esercito tedesco, si candida a guidare il riarmo d’Europa e a spedire i missili Taurus all’Ucraina in grado di volare per 500 chilometri dentro la Russia. Il mendicante che serve lo scopriremo tra un po’.
Diremo, per cominciare, che Merz è un perdente di grande successo. Vent’anni fa, Angela Merkel lo asfaltò dopo una vigorosa battaglia all’interno della Cdu, il partito cristiano democratico che li ospitava entrambi in qualità di “allievi prediletti di Helmut Kohl”, il patriarca. “Volevamo comandare tutti e due” dirà a consuntivo la Merkel. Ma erano incompatibili anche al colpo d’occhio. Lei solida, quadrata, fredda. Lui allampanato con i suoi quasi due metri di altezza, svelto di eloquio, ma troppo irruento.
Lei vinse. Lui si allontanò dalla politica per indossare con massima disinvoltura il gessato dell’avvocato dei ricconi. Scalò dodici consigli di amministrazione per poi accomodarsi alla presidenza dell’americana BlackRock, il più grande fondo di investimento del mondo e moltiplicare fino al cielo il suo reddito di multimilionario. Vent’anni dopo, anno 2021, arriva la sconfitta elettorale della Cdu. E mentre declina Angela Merkel, dopo 16 anni di cancellierato e di tailleur multicolor, ecco che rispunta Merz, stavolta per incassare la candidatura a premier spostando a destra del centro l’asse del partito: meno immigrazione, meno tasse, più investimenti nelle tecnologie e nelle armi. Vince alla sua maniera, perdendo voti, “con uno dei peggiori risultati di sempre”, ma abbastanza per la festa notturna del 23 febbraio con tripudio di ballerine, coriandoli, sassofoni. Pronto a dettare ai socialdemocratici le nuove regole della coalizione. Salvo inciampare (ancora!) al momento della investitura a decimo Cancelliere della Repubblica, scivolando al primo scrutinio in minoranza di 6 voti, cosa mai accaduta dal 1949, con scandalo a seguire e campane a festa della Afd, i neonazi guidati da Alice Weidel, che con il 20 per cento del voto nazionale appena rastrellato, vorrebbero le elezioni anticipate. Ma è solo una scossa elettrica. Merz si rialza quello stesso pomeriggio del 6 maggio, dopo la caccia ai franchi tiratori, un rapido regolamento di conti, il nuovo voto del Bundestag, con definitiva investitura, che per il momento incorpora l’avvertimento senza altre scosse.
Controverso personaggio è il ritrovato Friedrich Merz. Viene da una ricca famiglia della Germania Occidentale, dal paese di Brilon, vicino a Dortmund, dove ai tempi del trionfo nazista il nonno materno era sindaco, intitolò le strade centrali a Hitler e a Göring, anche se il nipote in questi anni s’è sgolato a difenderlo, descrivendolo talmente bravo “da essere stato riconfermato dai britannici”, dopo la guerra. Friedrich cresce storto. Intemperanze e litigi gli valgono ripetizioni e bocciature. “Sono stato un ragazzo selvaggio”, ha scritto nella sua autobiografia, con la passione delle armi, del poligono di tiro, ma specialmente del volo, possiede un biplano a elica che guida personalmente. Una volta, invitato dalla Legione Straniera in Corsica come ospite d’onore, accetta la sfida di lanciarsi con il paracadute nella piazza della festa, anche se non l’aveva mai fatto prima. E non lo rifarà mai più in seguito – se la cava con qualche acciacco – secondo la testimonianza del suo amico John Schmitz, viceconsigliere di George W. Bush.
Raddrizza la sua vita con l’università, con la politica e poi con la carriera di avvocato. Si sposa con una donna giudice con la quale ha cresciuto tre figli, dentro a un matrimonio senza scosse. Viaggia nel partito fino all’incontro con il suo vero mentore Wolfgang Schäuble, architetto con Kohl della riunificazione, l’inflessibile ministro della Finanze negli anni dell’Europa a trazione tedesca. È lui che lo spedisce a Bruxelles alla conquista del suo primo seggio da eurodeputato, anno 1989. E cinque anni dopo al Bundenstag. È dinamico e influente. I giornali lo accusano di essere anche arrogante. Lui scherza: “È solo perché sono alto 1,98 e mi tocca guardare la gente dall’alto”. Si definisce “conservatore valoriale”, membro “della classe media superiore”. Si vanta di passare “cento giorni l’anno” in Inghilterra e in America dove “parlando inglese”, dice, “ho imparato a conoscere la Germania”. Ammira Reagan e la reaganomics. La declina nel suo libro Osare più capitalismo, dove la tesi di fondo è: tasse e burocrazie leggere, investimenti e produttività pesanti.
Mentre declina la stagione socialdemocratica di Olaf Scholz, lui riunisce 35 teste d’uovo nei saloni di Villa Adenauer con vista sul Lago di Como, per scrivere il programma della sua rivincita, intitolato “Agenda 2030”. Che vuol dire: sostenere i mercati azionari, rallentare “gli eccessi del Green Deal”, ridurre i sussidi. Liberarsi dai vincoli di bilancio, puntare 100 miliardi di euro sul riarmo, schierarsi in prima fila con Macron e Starmer in difesa di Kiev. E contro la Russia dichiarare: “La pace si può trovare in qualsiasi cimitero. È la nostra libertà che dobbiamo difendere”. In quanto allo sterminio a Gaza, una delle prime telefonate da cancelliere è a Netanyahu per rassicurarlo: “La sicurezza di Israele fa parte della ragion d’essere della Germania”.
Stessa accelerazione in difesa della identità nazionale, dicendosi pronto, in campagna elettorale, a dichiarare “lo stato di emergenza” contro l’immigrazione clandestina e l’islamismo. Con rotta perigliosamente convergente a quella xenofoba di Afd, per poi allontanarsene con promessa formale: “Non aprirò le porte dell’inferno”.
I giornali e l’establishment non si fidano del tutto della sua eccessiva flessibilità che ondeggia dal rigore finanziario di un tempo alle promesse populiste di oggi. Troppi proclami e almeno un aneddoto per rivelarne il carattere. Quello di un mendicante che nel 2004, alla stazione di Berlino, trova il laptop che Merz ha appena smarrito. Vale un tesoro, ma ugualmente il mendicante lo consegna alla polizia, che informa i Servizi segreti e il titolare. L’inchiesta accerta la buona azione. Il mendicante aspetta la ricompensa che una settimana dopo compare nella casella del dormitorio per homeless: una copia del libro del futuro cancelliere, intitolato: Solo chi cambia sopravvivrà. Con firma autografa del milionario e nemmeno l’ombra di un pasto caldo.
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