mercoledì 7 maggio 2025

Marco Tosatti - Gaza, la “Soluzione Finale” di Netanyahu, ancora Bombe! - Quello che Segre non Riesce a Dire. - Media Complici.


Il primo è questo post di Inside Over; cliccate per vedere il video:

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Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offriamo alla vostra attenzione alcuni elementi relativi al Medio Oriente. Buona lettura e diffusione.

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Almeno 20 palestinesi, tra cui sette bambini, sono rimasti uccisi e decine di altri sono rimasti feriti dopo che un attacco aereo israeliano ha colpito la scuola di Abu Hamisa, trasformata in un rifugio nella Striscia di Gaza centrale.

La stessa scuola era già stata bombardata poche ore prima.

L’attacco ha preso di mira i civili sfollati che avevano trovato rifugio nella scuola, situata a est del campo profughi di al-Bureij.

Testimoni e residenti locali hanno dichiarato che i corpi sono stati scagliati in aria sopra la scuola a causa dell’intensità dei bombardamenti.

I feriti sono stati trasportati d’urgenza all’ospedale Al-Aqsa di Deir al-Balah e all’ospedale Al-Awda di Nuseirat.

Il portavoce dell’ospedale ha affermato che non ci sono abbastanza forniture mediche per gestire l’afflusso di feriti.

Nel frattempo, fonti mediche hanno riferito che le squadre di soccorso e di emergenza stanno cercando di estrarre i corpi intrappolati sotto le macerie.

Dall’alba di martedì 6 maggio, i raid aerei israeliani hanno ucciso più di 30 civili. Nelle ultime 24 ore, i corpi di 48 persone e 142 feriti sono stati trasportati negli ospedali di Gaza.

#gazagenocide #palestine #israel #idf

Il primo è questo articolo pubblicato da L’Unità, che ringraziamo per la cortesia: 

 

Perché Netanyahu ha avviato la ‘Soluzione finale’ a Gaza: Striscia occupata e deportati 2 milioni di palestinesi

 

Il primo ministro Netanyahu alla cerimonia di apertura del Giorno della Memoria a Gerusalemme

Il mondo non conta per Benjamin Netanyahu, ad eccezione dell’amico e sodale che guida l’America. Il dolore e la rabbia dei famigliari degli ostaggi non intaccano la determinazione di chi governa Israele: Gaza va occupata. La guerra di annientamento va portata a termine. Attualmente Israele controlla circa un terzo della Striscia di Gaza, con una presenza militare fissa nel nord, in alcune aree centrali e lungo i corridoi strategici di Netzarim e Morag, che tagliano il territorio e impediscono il ritorno della popolazione sfollata. Il nuovo piano approvato dal governo israeliano formalizza questa occupazione parziale e segna una svolta nella strategia: non più operazioni temporanee, ma una presenza permanente e progressiva dell’Idf sul terreno, con l’obiettivo dichiarato di impedire il ritorno di Hamas. Per sostenere il nuovo assetto strategico, il capo di stato maggiore Eyal Zamir ha ordinato la mobilitazione di decine di migliaia di riservisti.

La destra messianica che governa lo Stato ebraico saccheggia il Vecchio Testamento denominando l’operazione di conquista “Carri di Gedeone” (figura biblica nota per aver guidato un piccolo esercito israelita contro un nemico numericamente superiore, riuscendo a sconfiggerlo). Il piano prevede inoltre lo spostamento forzato dell’intera popolazione civile palestinese – circa 2,1 milioni di persone – in una “zona umanitaria” istituita nel sud della Striscia lungo la costa. Netanyahu ha dichiarato lunedì che i civili “verranno spostati, per la loro stessa protezione”, ma senza fornire dettagli sull’estensione o sulla localizzazione precisa dell’area. In passato, al-Mawasi – una sottile fascia costiera a ovest di Khan Younis – era stata indicata come possibile zona di evacuazione, ma i bombardamenti ricorrenti e l’estremo sovraffollamento ne hanno compromesso la sicurezza. Altre ipotesi comprendono Deir al-Balah e alcune zone periferiche di Khan Younis, già duramente provate dall’afflusso di sfollati. Nessuna di queste aree, però, appare oggi in grado di garantire condizioni minime di sicurezza e di accoglienza per un trasferimento su larga scala.

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Poi c’è questo post di Inside Over:

Mosab Abu Toha, poeta e scrittore palestinese, vince il Premio Pulitzer per i suoi saggi su Gaza scritti e pubblicati su The New Yorker, la prestiosa rivista statunitense.

Il premio, nella categoria Commenti, gli è stato insignito per una serie di scritti in cui racconta la realtà di Gaza durante l’occupazione israeliana. Lunedì 5 maggio la commissione del premio Pulitzer ha così commentato il suo riconoscimento: “I saggi di Toha descrivono la carneficina fisica ed emotiva di Gaza, combinando un reportage approfondito con l’intimità delle memorie per trasmettere l’esperienza palestinese di oltre un anno e mezzo di guerra con Israele”

Abu Toha è originario del campo profughi di al-Shati, nella Striscia di Gaza. È il fondatore della Edward Said Library, la prima biblioteca pubblica indipendente di Gaza, creata per offrire ai giovani accesso gratuito alla lettura e alla cultura in un contesto di assedio permanente.

Nell’ottobre 2023 Abu Toha è arrestato dalle forze israeliane mentre cerca di lasciare Gaza insieme alla sua famiglia. Durante la detenzione viene picchiato e interrogato, come ha testimoniato in un articolo pubblicato sul New Yorker.

Negli ultimi mesi, gruppi di destra negli Stati Uniti hanno chiesto l’espulsione di Abu Toha. L’autore ha annullato eventi universitari citando timori per la sua incolumità.

In uno dei saggi che hanno decretato il Pulitzer scrive: “Quando Hamas ha attaccato Israele il 7 ottobre 2023, tre generazioni della mia famiglia vivevano insieme sotto lo stesso tetto. Due settimane dopo, la nostra casa è stata distrutta in un attacco aereo israeliano. Fino ad oggi, non c’è traccia visibile dei nostri letti, divani, armadi o anche delle pareti della mia camera da letto e della mia cucina. Rimangono solo i nostri ricordi di loro.”

“Ho appena vinto il Premio Pulitzer per il commento”, ha scritto su X Toha . “Che porti speranza. Che sia un racconto”.

#gazagenocide #pulitzer #MosabAbuToha

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E anche questo commento di Metropolitan Magazine:

Segre non riesce proprio a criticare Israele

Segre non riesce proprio a criticare Israele

Segre non riesce a criticare Israele, non ce la fa proprio. La senatrice a vita critica duramente l’esecutivo israeliano, ma rifiuta l’uso del termine “genocidio” per descrivere la guerra a Gaza. Una testimone della Shoah rompe il silenzio, ma si ferma prima di chiamare le cose con il loro nome.

Il termine genocidio le appare eccessivo. E nonostante riconosca “atrocità e disumanità sotto gli occhi di tutti“, invita alla cautela semantica. Ma come è possibile parlare di cautela mentre avviene un Genocidio? Poi, è paradossale sentirlo proprio da Segre, perchè (ricordiamo) il semitismo e il sionismo non sono la stessa cosa.

Segre non prende posizione, non sa critcare: Israele oltre ogni limite, ma mai genocida

Segre afferma che “la guerra a Gaza ha avuto connotati di ferocia inaccettabili“, e che Israele “ha superato i limiti del diritto di difesa, facendo stragi di civili e distruzioni immani“. Poi, però, precisa: “Questo non ha a che vedere con la nozione di genocidio“. Una posizione che, oltre ad essere sbagliata, suona (nel contesto delle accuse mosse alla Corte dell’Aia da Sudafrica e altri Paesi) come un atto di protezione simbolica. La Shoah, sembra dire Segre, resta l’unico genocidio riconosciuto. Tutto il resto (anche se è ferocia sistemica, deportazioni di massa, fame usata come arma) è “altro”.

Segre non manca di condannare Hamas, parlando di “fanatismo teocratico e sanguinario“, e accusando le fazioni armate palestinesi di aver provocato il conflitto. Ma riconosce anche che Israele non solo ha reagito con ferocia sproporzionata, ma che da anni le sue scelte politiche minano ogni prospettiva di pace. “Entrambi i popoli, israeliano e palestinese, sono in trappola, incapaci di liberarsi da una sorta di condanna a odiarsi” sostiene, negando totalmente la dimensione asimmetrica degli orrori del genocidio. A incastrarli, secondo Segre, ci sono anche le rispettive leadership: Hamas da una parte, Netanyahu e i suoi alleati ultraortodossi e razzisti dall’altra. Due poteri che si rafforzano a vicenda, alimentando un ciclo di guerra e propaganda che schiaccia ogni speranza di autodeterminazione.

 Netanyahu e Hamas, due estremismi funzionali: Segre non riesce a criticare Israele

Ma è sbagliato. Equiparare Hamas e il governo israeliano, come fa Liliana Segre nel suo ultimo libro, è un errore grave: non si può parlare di “due popoli in trappola guidati dalle rispettive peggiori leadership” quando l’asimmetria tra occupante e occupato è così brutale. Israele non sta rispondendo: sta cancellando sistematicamente ogni forma di esistenza palestinese, bombardando scuole, ospedali, famiglie intere. Ricondurre tutto a un problema di classi dirigenti è una scorciatoia comoda, che evita di nominare l’oppressione strutturale e il progetto coloniale che da decenni Israele porta avanti con impunità.

La senatrice ribadisce il proprio appoggio alla soluzione dei due Stati, pur ammettendo che ogni nuova fiammata di odio rende sempre più lontana questa prospettiva. Ma mentre l’occupazione della Cisgiordania avanza, Gaza viene rasa al suolo e Gerusalemme viene annessa pezzo dopo pezzo, parlare ancora di “due popoli, due Stati” suona come un riflesso retorico più che come un’opzione reale. E infatti Segre non cita mai il termine apartheid, non parla del regime coloniale che Israele esercita sui territori occupati, non nomina le migliaia di detenuti amministrativi palestinesi, i bombardamenti sulle scuole, gli ospedali distrutti.

Due popoli, due Stati è illusione senza giustizia

Segre si sofferma sul ritorno dell’antisemitismo in Europa, sostenendo che “ora non ci si vergogna più” e che “i crimini del governo Netanyahu sono diventati il pretesto per sdoganarlo”. Ma questa lettura è totalmente fuori luogo: criticare un governo che porta avanti una campagna di sterminio contro i palestinesi non è antisemitismo, è una semplice responsabilità politica e morale. Infratti, Netanyahu è duramente contestato anche in Israele, e molti analisti israeliani sostengono che stia usando la guerra per rimanere al potere ed evitare un bel processo. Confondere la rabbia per un genocidio con l’odio verso gli ebrei è una scorciatoia per delegittimare ogni dissenso e oscurare la repressione della solidarietà pro-palestinese, la censura nelle università, e perfino le voci ebraiche antisioniste ridotte al silenzio.

Liliana Segre resta una figura di rilievo, ma la sua posizione è prigioniera di una memoria selettiva: anche quando accusa Netanyahu di “ferocia“, anche quando riconosce le “stragi di civili“, la Shoah resta il punto oltre cui non si può andare. La sua voce non riesce a spezzare l’equivalenza implicita tra Israele e la sopravvivenza ebraica. E proprio per questo, la sua condanna non sembra essere proprio una condanna.

Maria Paola Pizzonia, Autore presso Metropolitan Magazine

L’articolo Segre non riesce proprio a criticare Israele proviene da Metropolitan Magazine.

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Poi c’è questo post di Instagram (cliccate per il video):

E anche questo:
Quando le parole raccontano l’abisso

Ci sono dichiarazioni che, nella storia, pesano come macigni. Non solo per ciò che dicono, ma per ciò che evocano. Le parole di Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze di Israele, secondo cui Gaza sarà «completamente distrutta» e i suoi abitanti «raggruppati e deportati verso un paese terzo», non appartengono alla politica: appartengono all’orrore della memoria storica.

Vengono da un tempo che credevamo superato, da un linguaggio che ha già spinto l’umanità nel baratro, più di una volta. E invece oggi tornano, pronunciate da chi occupa una delle più alte cariche dello Stato israeliano. In un mondo che guarda, spesso in silenzio, o peggio, voltandosi altrove.

Smotrich non è una figura marginale: è uno dei volti di un potere che sta mostrando il suo volto più spietato. Un potere che parla di “distruzione totale” e di “trasferimenti di popolazione” come se fosse logistica, e non tragedia umana. E tutto questo, nel nome di una “sicurezza” (colonialismo-pulizia etnica-genocidio)che calpesta ogni principio di giustizia.

La storia, però, insegna che le parole restano. E chi le pronuncia, prima o poi, dovrà rispondere di esse. Perché ogni popolo, anche quello più ferito, ha il dovere di non diventare ciò da cui è fuggito.

Il nazista Smotrich l’amico di “fratelli d’italia, lega nord, forza italia, Bocchino, Calenda, Manfredi”

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Poi questo thread:

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E infine guardate questo video.


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