13 Maggio 2025 Miriam Gualandi 2 minuti di lettura
Per quanto ancora Ursula von der Leyen riuscirà a schivare le proprie responsabilità nel’affaire Pfizergate, cioè lo scambio di sms tra lei e il Ceo della casa farmaceutica per la negoziazione di uno dei più onerosi contratti per i vaccini anti covid?
Il ricorso
Mercoledì 14 maggio potrebbe essere il giorno del giudizio: la Corte di Giustizia Ue dovrà pronunciarsi sull’operato di Von der Leyen, attualmente al suo secondo mandato, sulla base del ricorso presentato dal New York Times a maggio del 2021, che aveva richiesto di visionare gli sms e a cui era stato risposto un generico “non ci sono più”.
Come è possibile che un atto pubblico sia stato portato avanti via sms e che questo sia scomparso nell’etere?
Von der Leyen non perde il vizio
Un comportamento non nuovo per la nostra Ursula, che già ai tempi in cui era Ministro della Difesa in Germania è stata accusata di aver chiuso contratti ricchissimi con società di consulenza esterne senza passare per le previste gare d’appalto.
Anche in quel caso i messaggi scambiati dai cellulari di servizio erano scomparsi e anche all’epoca le ripercussioni erano state irrilevanti.
L’accusa
Adesso l’accusa è di violazione delle regole sulla trasparenza da parte della Commissione europea, che non avrebbe considerato “significativi” i messaggi.
Le norme interne, infatti, prevedono la conservazione solo dei messaggi che hanno un valore politico e amministrativo. Un valore che però quegli sms avevano eccome, se sono serviti a garantire l’esborso di vari miliardi di euro da parte degli Stati membri.
Cosa succederà? È probabile che la Commissione venga condannata alle spese legali e che la Von der Leyen ne esca, dal punto di vista legale, più o meno pulita.
Politicamente, invece, potrebbe perdere ancora di più la propria credibilità e forse dare maggior forza a quella corrente che, all’interno dei palazzi dell’Unione Europea ne chiede le dimissioni.

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