Marco Tosatti...
....Cari amici e nemici di Stilum Curiae, mi sembra opportuno portare alla vostra attenzione alcuni elementi emersi in questi ultimi giorni nel conflitto fra Russia e Ucraina, e che dovrebbero – speriamo – portare a una riflessione sull’opportunità di negoziare, piuttosto che di sparare. Buona lettura e diffusione.
Jarosław Pakuła, è capo del consiglio comunale di Lublino, una delle città più grandi e antiche della Polonia che conta oltre 320 mila abitanti.
Sentite un po’ cosa scrive:
“Non capisco affatto le azioni del nostro presidente e del nostro governo. Questo è un missile ucraino. Questa è una provocazione da parte delle autorità ucraine.
Il missile non può essere stato lanciato per errore a 100 km nella direzione opposta a dove ci sono i missili Russi. Lo scopo della provocazione è accelerare le consegne di armi all’Ucraina e intimidire l’Europa con una Russia spaventosa, in modo che la società civile chieda ai governi europei di aumentare gli aiuti all’Ucraina.
Oggi il nostro presidente non dovrebbe rassicurarci con storie del tipo “si non è stata tanto l’esplosione del razzo quanto l’esplosione del carburante che c’era” e
“è stato un incidente”. Ma dire a Zelenski che la Polonia non tollererà più un simile comportamento da parte delle autorità ucraine!
Vi esorto (al governo Polacco ndr.) a riconsiderare la posizione della Polonia su questa guerra in caso di un altro attraversamento della linea rossa!”
Ed ecco un commento fra i tanti della Rete:
Il missile è ucraino.
Un fatto che pareva chiaro come il sole fin da subito a tutti. Tranne che a politici e giornalisti italiani. Per loro il missile era certamente russo. Ed erano già pronti a invocare la reazione bellica e spedire gli italiani al fronte. Adesso vi è chiaro chi sono costoro? Gente che parla di “pace” ma freme per trascinare il mondo nella terza guerra mondiale come fa un tredicenne davanti alla prof seminuda di matematica. Diffidate di loro. Scansateli come appestati. E trattateli per quello che sono: degli irresponsabili. Dei pazzi, fanatici guerrafondai.
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E questo è il commento di Cesare Sacchetti:
Il fatto che tutti i membri della NATO affermino che la Russia non è responsabile del lancio di missili in Polonia, ma che lo è l’Ucraina è la conferma ufficiale che Volodymyr Zelensky è stato scaricato da tutti. Tutti i membri della NATO sanno che il patto atlantico è virtualmente morto da quando gli Stati Uniti hanno deciso di abbandonarlo. Adesso probabilmente lo avrà capito anche il regime nazista di Kiev.
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E, soprattutto, leggete questo magistrale Travaglio:
C’è una legge scientifica più esatta di tutte le scienze esatte: il teorema Riotta-Letta-Calenda. Quando uno dei tre dice una cosa, è probabile che sia una cazzata; quando la dicono tutti e tre insieme, è sicuro che è una cazzata. L’altra sera dovevamo chiudere il giornale e non sapevamo quale delle mille versioni sul missile in Polonia scegliere. Poi Riotta ha twittato: “Il missile russo al confine polacco… l’escalation di Putin in Ucraina e Europa”, “Attacco contro Paese Nato Polonia con vittime conferma che deriva terrorista russa non ha guida ma segue hubrys Putin fino a rischiare la guerra mondiale. Pensare di fermare il dittatore con la resa lo scatena. Serve batterlo e isolare la sua Quinta Colonna in Italia e Ue”. Poi Letta ha twittato: “A fianco dei nostri amici polacchi in questo momento drammatico… Quel che succede alla Polonia succede a noi” (ma la Polonia non era fasciosovranista? Chiedo per un amico). Poi Calenda ha twittato: “La follia russa generata dalle pesanti sconfitte continua. Siamo con la Polonia, con l’Ucraina e con la Nato. La Russia deve trovare davanti a se un fronte compatto. I dittatori non si fermano con le carezze e gli appelli alla pace”. En plein.
A quel punto non c’erano più dubbi: il missile non l’aveva lanciato la Russia. Anzi, l’aveva lanciato l’Ucraina: l’unica (coi tre bimbiminkia affetti da cellularite compulsiva) che accusava Mosca. Un finale da Ballo in Maschera di Verdi e da Edipo re di Sofocle: l’accusatore-inquirente è l’assassino. Quindi niente articolo 5 Nato, evocato dai Tre dell’Ave Guerra in fregola di arruolarsi e aviotrasportarsi sul fronte del Don contro il nuovo Hitler che attacca la Polonia e contro i suoi complici pacifinti in Italia.
Sennò dovremmo dichiarare guerra all’Ucraina, che ci risponderebbe con le nostre armi: un casino. Spiace per i tre foreign fighter de noantri, che dovranno marciare ancora sul divano e fare il presentat’arm sui social. E per le Sturmtruppen a mezzo stampa, che ieri mitragliavano titoli infoiati per l’agognata guerra nucleare. E ora imprecano contro i neoputiniani Biden e Stoltenberg: “Ci hanno rimasti soli, ’sti quattro cornuti”.
Ma il cortigiano Johnny e il commissario Iacoboni non demordono e sposano la linea Meloni: “Che il missile sia ucraino, non cambia la sostanza: la responsabilità è tutta russa”. In effetti, se il missile fosse stato russo la Nato già marcerebbe su Mosca. Ma sono sottigliezze. Così come il fatto che Zelensky, cioè l’unico a sapere fin dall’inizio che il missile era suo, ha tentato e ancora tenta di truffare gli alleati per trascinarli nella terza guerra mondiale: “È un attacco missilistico russo alla sicurezza collettiva”, “È un messaggio di Putin al G20”. È bello armare un alleato così sincero e fidato: avercene.
Sorgente: Sturmtruffen – Il Fatto Quotidiano
E questo articolo apparso su Korazym.org, che ringraziamo per la cortesia….
Cosa ci potrebbe insegnare Kherson? Smettere a tifare, se non per la pace. Imparare a scovare i messaggi distorti sulla guerra, un orrore sempre e ovunque
11 Novembre 2022 Blog dell’Editore
di Vik van Brantegem
Korazym.org/Blog dell’Editore, 11.11.2022 – Vik van Brantegem] – «L’Italia è sotto una propaganda pesantissima e afflittiva che impedisce al nostro Paese di godere pienamente della libertà di informazione che dovrebbe caratterizzare le società libere. Televisioni, radio, quotidiani, l’intensità della propaganda in Italia è pari a quella in Russia. Quando si verifica una simile afflizione, l’Università, che è il vero pilastro della libertà, interviene in favore dei cittadini per favorire la crescita della loro consapevolezza nel rispetto della missione umanistica che la società libera le affida» (Alessandro Orsini). In un articolo, che riportiamo di seguito, pubblicato sul blog Media & Regime de il Fatto Quotidiano, il Professore di Sociologia del terrorismo alla Luiss indica tre tecniche per scovare i messaggi distorti sulla guerra in Ucraina. Smettete a tifare come in un videogioco e tifate per la pace, come fa questo Blog dell’Editore, dal primo giorno di “operazione militare”, che è semplicemente una guerra sanguinosa che va fermata.
“La Russia è allo stremo”: le tre tecniche per capire se i media italiani ci stanno manipolando
di Alessandro Orsini
Il Fatto Quotidiano/Media & Regime, 11 novembre 2022
L’Italia è sotto una propaganda pesantissima e afflittiva che impedisce al nostro Paese di godere pienamente della libertà di informazione che dovrebbe caratterizzare le società libere. Televisioni, radio, quotidiani, l’intensità della propaganda in Italia è pari a quella in Russia. Quando si verifica una simile afflizione, l’Università, che è il vero pilastro della libertà, interviene in favore dei cittadini per favorire la crescita della loro consapevolezza nel rispetto della missione umanistica che la società libera le affida.
Esiste un metodo per accorgerci quando i media italiani ci stanno manipolando?
Esiste, ma è complesso, perché è radicato in anni di studio della teoria sociologica classica e contemporanea. In questa sede, indico tre tecniche per scovare i messaggi distorti sulla guerra.
La prima tecnica consiste nel prestare attenzione al “doppiopesismo”.
Ecco un esempio.
I media italiani dominanti sostengono che la Russia sarebbe allo stremo militare perché acquista i droni dall’Iran. Ma le ragioni per cui uno Stato compra armi da un altro Stato possono essere le più varie. Può accadere che Guido Crosetto chieda alla Francia di costruire le bombe a mano per l’esercito italiano perché produrle a Milano costerebbe troppo; perché vuole impegnare l’industria militare in un altro tipo di prodotto; perché teme che i lavoratori italiani si rifiuterebbero di costruire quel tipo di ordigno o magari perché una certa lobby francese riesce a persuaderlo.
Siccome la propaganda è volta a parlar male del nemico, la conclusione è che la Russia compra i droni dall’Iran e le munizioni dalla Corea del Nord perché il suo esercito sta per crollare. Di contro, l’Ucraina riceve tutte le armi dall’Occidente però i media italiani, ricorrendo al doppiopesismo, non applicano all’Ucraina lo stesso criterio di valutazione che vige per la Russia. La Russia compra i droni dall’Iran e, di conseguenza, la sua Difesa è al collasso però l’Ucraina, che prende tutte le armi dall’Occidente, ha un esercito fortissimo e uno Stato solido (che, in realtà, è in bancarotta).
La seconda tecnica per identificare i messaggi distorti consiste nell’osservare lo scarto tra ciò che i media dicono e ciò che i protagonisti della guerra fanno.
Ecco un esempio.
I media italiani DICONO che la Russia è crollata sotto il profilo militare. Tuttavia Biden FA una cosa che suggerisce altro: si rifiuta di inviare all’Ucraina armi troppo temibili perché sa che la Russia risponderebbe con armi ancora più temibili. Il FARE di Biden è in contrasto con il DIRE dei media italiani. Se la Russia avesse finito le risorse militari, Biden non avrebbe problemi a dare all’Ucraina le armi per colpire il territorio russo. Ciò che Biden FA smentisce ciò che i media italiani DICONO.
La terza tecnica per scovare i manipolatori richiede di prestare attenzione all’uso strategico dei titoli scientifici.
Se una trasmissione presenta un ricercatore sciorinando i suoi titoli scientifici, e poi quel ricercatore afferma che le colpe della guerra sono soltanto della Russia, quella trasmissione sta sicuramente cercando di manipolare il pubblico. La premessa pomposa ai titoli scientifici serve per indurre gli ascoltatori a credere che quel ricercatore sia l’incarnazione dell’oggettività. Tuttavia, un ricercatore può avere i titoli scientifici ed essere corrotto, timoroso di perdere il posto di lavoro o preoccupato di ingraziarsi il governo di turno. L’Università, soprattutto in tempo di guerra, non dovrebbe mai venire meno alla propria funzione umanistica, che è una funzione di liberazione, nel rispetto del progetto illuministico.
Viva la società libera.
«Vi prego, qualcuno cacci fuori dall’Italia il console ucraino che si è permesso di intervenire sulla Scala di Milano chiedendo alle autorità italiane di non aprire la stagione con l’opera russa Boris Godunov. A tutto c’è un limite. Condanno l’invasione russa, ma non la sua cultura artistica, letteraria e musicale. Andando avanti con questo delirio collettivo, ci ritroveremo con la statua di Zelensky al posto del David di Michelangelo» (Alessandro Orsini – Facebook, 11 novembre 2022).
Kherson e le iene d’Europa
di Alessandro Orsini
Facebook, 10 novembre 2022
Dopo la controffensiva di Kharkiv, si disse che la Russia era finita ed ecco che una pioggia di missili lasciava milioni di ucraini senz’acqua, né corrente elettrica, e morti per le strade. Tutte le volte che l’Ucraina ha fatto un passo avanti ne ha fatti due indietro. Dopo avere riconquistato Kharkiv, l’Ucraina è sprofondata in una condizione ancora più tragica, anziché risollevarsi. Oggi l’Ucraina è un Paese distrutto, in bancarotta, completamente dipendente dall’estero, che non riesce a difendersi nemmeno dai droni iraniani. Sette milioni di profughi, centinaia di bambini uccisi, città rase al suolo. Nel momento in cui la Casa Bianca gli voltasse le spalle, come ha fatto con gli afgani democratici e con i curdi, il governo di Kiev sarebbe travolto in poco tempo. Dopo nove mesi di guerra, l’Ucraina non è nemmeno un Paese del Terzo Mondo; è un Paese del settecentesimo mondo. Tutto questo mentre la Russia impiega una piccola parte delle proprie risorse senza avere nemmeno dichiarato guerra. L’Ucraina è al massimo sforzo; la Russia al minimo. È davanti agli occhi di tutti, ma la propaganda acceca e molti vedono nell’Ucraina un Paese vittorioso continuando a vivere questa tragedia come una partita di calcio.
Ecco la mia tesi sin dal primo giorno di guerra: gli ucraini sono caduti in una trappola mortale sospinti dal cinismo occidentale. La Russia ha migliaia di testate nucleari e questo crea un campo di forze oggettive che forgia il paradosso più tragico del nostro tempo: la liberazione completa dell’Ucraina corrisponderebbe alla sua totale distruzione. La vittoria massima come massima sconfitta: Biden lo sa e prega Putin di non lanciare l’arma nucleare. Nessuno lo dice, ma Biden ha paura di Putin. Lo stesso governo di Kiev teme che il ritiro da Kherson sia una “trappola”.
E allora perché non lanciare una forte iniziativa diplomatica ora? La Russia sta nuovamente aprendo la porta a un negoziato.
Non possiamo sprecare anche quest’opportunità.
La Russia ha una capacità di fuoco enorme.
Fermiamo la guerra oggi per evitare un nuovo massacro domani.
L’Unione Europea faccia qualcosa per un cessate il fuoco.
L’unica cosa che meriti di essere festeggiata è un’iniziativa di pace.
Perdere anche questa occasione sarebbe disumano.
Smettete di tifare.
La guerra è un orrore sempre e ovunque.
La guerra è un orrore in Siria, Ucraina, Yemen, Libia.
Che non sia un Natale di sangue.
Ditelo alle iene d’Ucraina che guidano l’Europa.
Fermare il massacro di Kherson
di Alessandro Orsini
Facebook, 9 novembre 2022
L’opinione pubblica viene manipolata in molti modi per creare consensi intorno alle politiche di morte del blocco occidentale in Ucraina. Il fine è la prosecuzione del conflitto e il naufragio di qualunque iniziativa diplomatica. Le tecniche che utilizziamo sono numerose. Una di queste è di indurre le persone a credere che il cessate il fuoco e il processo di pace possano essere mediati soltanto dalla Cina, ma è falso. Il cessate il fuoco e il processo di pace devono essere mediati da un attore interno al conflitto e non da un attore relativamente esterno come la Cina che non ha niente da offrire o da ritirare dal teatro di guerra. La Cina non può offrire armi, sanzioni e territori giacché non invia armi, non applica sanzioni e non possiede territori in Ucraina. E poi non credo proprio che gli Stati Uniti sarebbero contenti di trasformare la Cina nel “dominus” dell’Ucraina contribuendo alla crescita del suo prestigio internazionale.
I principali attori interni sono l’Unione Europea e gli Stati Uniti. Facendo credere che l’iniziativa diplomatica spetti ad altri, deresponsabilizziamo furbescamente l’Unione Europea per nascondere che la Commissione di Brussel è per la guerra, favorisce la guerra, promuove soltanto iniziative di guerra ed è, pertanto, moralmente corresponsabile di questo massacro. Un massacro che Ursula von der Leyen si cura soltanto di alimentare indefinitamente senza uno straccio di strategia di fuoriuscita dall’inferno.
Il ruolo diplomatico supremo dovrebbe essere assunto dall’Italia. Dobbiamo ottenere un cessate il fuoco prima che inizi il massacro di Kherson. È soltanto di questo che dovremmo parlare. Dovremmo cercare di capire come impedire lo svolgimento di questa nuova battaglia che si profila sanguinosissima e, invece, la von der Leyen è impegnata unicamente in una potente operazione di pressione sull’Italia per convincerla a inviare nuove armi pesanti. Che cosa vuole la von der Leyen dall’Italia? Un lanciafiamme per alimentare le fiamme dell’inferno.
Le truppe russe via da Kherson per rischierarsi sulla riva sinistra del fiume Dnepr
L’annuncio in tv del Ministro della Difesa russo, Serghei Shoigu, accolto da più parti come una “svolta” nella guerra, ha lasciato perplessa proprio l’Ucraina. Zelensky ha dichiarato che l’Ucraina si sta muovendo “con molta attenzione. Il nemico non ci fa regali, non fa gesti di buona volontà. Pertanto, ci muoviamo con molta attenzione, senza emozioni, senza rischi inutili, nell’interesse di liberare tutta la nostra terra e in modo che le perdite siano il più ridotte possibile”. L’ordine di ritirarsi da Kherson impartito da Shoigu, ha riferito la Tass, è stato dato dopo un rapporto ricevuto dal Comandante delle forze russe in Ucraina: “Nuova linea difensiva sulla riva sinistra del fiume Dnepr”.
«Se e quando le truppe russe si ritireranno sulla riva sinistra del Dnepr nella regione di Kherson, le loro rotte di rifornimento diventeranno più facili e ristabiliranno le difese in profondità. Qualsiasi tentativo delle forze ucraine di attraversare il Dnepr costerà loro un prezzo esorbitante, prevede la CNN. La Russia manterrà il controllo su oltre il 60 per cento della regione di Kherson, compresa la costa del Mar d’Azov. Finché le truppe russe controlleranno la riva sinistra del Dnepr, sarà difficile per le forze ucraine danneggiare o distruggere il canale che porta acqua dolce in Crimea. La priorità del comandante delle forze russe in Ucraina, Sergei Surovikin, sembra essere la stabilizzazione delle linee difensive russe dopo diversi mesi difficili. Pertanto, il compito principale della Russia nella regione di Kherson è stato completato: il corridoio terrestre verso la Crimea e il canale di approvvigionamento idrico sono controllati, scrive la CNN (Fonte CNN).
Se lo scrive perfino la CNN vuole dire che forse i Russi non hanno sbagliato proprio i calcoli nel fare quello che stanno facendo. Oppure sarà stato un hacker russo a scriverlo?» (Giorgio Bianchi).
«È molto facile criticare la decisione di lasciare Kherson e costruire una linea difensiva sulla sponda orientale del Dnepr, ma francamente non si poteva fare altro per correggere errori commessi nella fase iniziale dell’operazione militare. Il 2 marzo, sulla base di informazioni e calcoli errati, oltre che un eccesso di ottimismo, le forze russe erano entrate a Kherson e speravano di spingersi fino ad Odessa. L’Ucraina non solo ha messo in campo forze numericamente superiori e non si cura delle perdite massicce che subisce, ma può contare sull’aiuto della NATO che la rifornisce di armi, consiglieri militari e un apparato di intelligence tecnologicamente molto avanzato. La Russia non era preparata ad un’escalation di questo tipo, avendo pianificato un’operazione militare speciale che al massimo avrebbe potuto mettere in sicurezza il Donbass, di certo non spingersi oltre. Gli obiettivi ambiziosi visti nelle prime settimane avrebbero potuto essere raggiunti solo se il Paese fosse stato preparato in anticipo ad una mobilitazione generale, vale a dire se avesse avuto un complesso militare-industriale pronto a sostenere tale mobilitazione. Cambiare gli obiettivi strategici a metà corsa è possibile, visto che nessuna guerra si svolge esattamente come era stata pianificata. Non a caso quasi tutti i generali coinvolti nella prima fase sono stati sostituiti. L’inverno dovrebbe giocare a favore della Russia, ma occorre un cambio di passo, vale a dire l’intera economia russa deve essere messa al servizio della guerra, la popolazione civile deve capire che se non sostiene l’esercito impegnato in Ucraina l’esistenza stessa della Russia è in pericolo. Se questo cambio di passo non avvenisse, allora l’unica scelta sensata sarebbe negoziare la pace» (Laura Ruggeri).
Testo integrale della dichiarazione del Ministero della Difesa della Federazione Russa
«L’11 novembre, alle ore 05.00 del mattino, ora di Mosca, è stata completata l’operazione in direzione Kherson per trasferire un gruppo di truppe russe sulla riva sinistra del Dnepr.
Tutto il personale, le armi e l’equipaggiamento militare del gruppo sono stati ritirati sulla riva sinistra.
In totale, sono stati ritirati più di 30.000 militari russi, circa 5.000 armi e equipaggiamento militare, oltre a beni materiali.
Tutto l’equipaggiamento militare russo da riparare è stato portato sulla riva sinistra del Dnepr. Attualmente, le unità di riparazione hanno iniziato la loro manutenzione.
Come risultato di una gestione efficace e di azioni ben coordinate delle unità russe, non è stato lasciato un solo pezzo di equipaggiamento e armi militari sulla riva destra. Tutti i militari russi sono stati trasferiti sulla riva sinistra del Dnepr.
Le formazioni e le unità militari delle forze armate russe ritirate dalla riva destra occupavano linee difensive e posizioni fortificate dal punto di vista ingegneristico.
Nonostante i tentativi del nemico di interrompere il trasferimento delle truppe russe, non sono state consentite perdite tra personale, armi, equipaggiamento militare e materiale. I sistemi russi di difesa aerea e di guerra elettronica del gruppo hanno respinto tutti i tentativi di lanciare attacchi missilistici. Sono stati intercettati 33 missili del sistema a razzo a lancio multiplo americano HIMARS.
Per due giorni, l’avanzata delle unità ucraine in determinate direzioni non è stata superiore a dieci chilometri. Il fuoco dell’artiglieria russa, gli attacchi aerei e l’uso di campi minati hanno fermato le unità delle forze armate ucraine a una distanza di 30-40 chilometri dall’area di attraversamento del fiume Dnepr.
Al momento, danni da fuoco sono inflitti all’assembramento di truppe ed equipaggiamento militare delle forze armate ucraine sulla riva destra del Dnepr».
I 4 motivi plausibili della ritirata della Russia da Kherson
di Mirko Mussetti
Limes, 10 novembre 2022
Su proposta del generale Sergej Surovikin, il ministro della Difesa della Federazione Russa Sergej Šojgu ha ordinato il ritiro di tutte le Forze armate russe dalla sponda destra (ovest) del grande fiume Dnepr. Il comandante di tutte le truppe e forze militari russe (da ottobre 2022) impegnate in Ucraina aveva spinto per l’adozione di questa «dolorosa decisione» fin dal suo insediamento, approntando al contempo l’evacuazione di circa 115 mila civili dalla città di Kherson e dai villaggi circostanti.
La Russia rinuncia (forse) senza combattere al controllo dell’unico capoluogo di regione stabilmente occupato fin dalle fasi iniziali dell’invasione per quattro plausibili motivi. In ordine crescente di dirimenza: colloqui Usa-Russia, inganno militare, protezione civile, carenza di risorse.
Primo, negoziato sotterraneo Usa-Russia. Le due superpotenze nucleari si parlano eccome, ma lo fanno in modo discreto. È lo stesso consigliere per la sicurezza nazionale Usa Jake Sullivan ad ammettere l’esistenza di contatti a porte chiuse tra le due superpotenze nucleari. Washington teme lo sdoganamento del dispositivo atomico – con o senza ordigni termonucleari – in un conflitto regionale circoscritto come la guerra d’Ucraina. Mosca vuole evitare il ricorso all’arma suprema per rimediare ai propri insuccessi sul campo. Soprattutto il Cremlino vuole tenere a bada gli esponenti più radicali del “partito della guerra vera”, che insistono per un innalzamento dell’asticella del conflitto. Nelle stanze moscovite si sta radicando l’idea che in caso di ricorso all’arma atomica o alla vasta gamma di tecniche nucleari ibride (incidenti indotti nelle centrali nucleari, bombardamento di reattori o depositi di materiale radioattivo, “bomba sporca”) l’America non attuerebbe alcuna misura uguale e contraria contro la Federazione. D’altronde, nessun automatismo è previsto dalla dottrina nucleare americana: l’Ucraina non è né membro della Nato né major non-Nato ally degli Stati Uniti. Ma soprattutto, Washington non sacrificherebbe mai sé stessa o una capitale dell’Europa occidentale per Ivano-Frankivs’k o Ternopil’ (target ottimali). La stessa Casa Bianca ha più volte fatto sapere che, in caso di ricorso russo alla Bomba, la risposta occidentale sarebbe «devastante» ma «convenzionale». Ma per evitare una pericolosa escalation dagli esiti imprevedibili, i negoziatori statunitensi potrebbero spingere per l’accettazione dello “stallo calcolato” da entrambe le parti belligeranti lungo un confine chiaro e facilmente presidiabile come l’estuario del basso Dnepr. Di fatto accettando la «piccola incursione» russa pronosticata dal presidente Joe Biden alla vigilia dell’invasione. In questa fase, il “congelamento” della guerra torna utile anche e soprattutto alle Forze armate in affanno di Mosca.
Secondo, trappola bellica. Le autorità politico-militari di Kiev sono scettiche su un effettivo e completo abbandono delle postazioni militari russe nella “terrazza di Kherson”. Il capo dell’Ufficio della presidenza dell’Ucraina Michajlo Podoljak in un tweet è stato franco: «Le azioni parlano più forte delle parole. Non vediamo segni che la Russia lasci Kherson senza combattere. Una parte delle truppe russe permane in città e le riserve aggiuntive sono destinate alla regione. L’Ucraina sta liberando i territori sulla base di dati di intelligence, non di programmate dichiarazioni in Tv». Lo stesso consigliere presidenziale ha poi aggiunto che «la Federazione Russa vuole trasformare Kherson in una “città della morte”. I militari russi minano tutto quello che possono, dagli appartamenti alle fogne. L’artiglieria sulla riva sinistra prevede di trasformare la città in rovina». In effetti, le truppe del difensore in una città svuotata di civili potrebbero essere facile bersaglio dell’artiglieria dell’invasore riposizionata sulla sponda più sicura. Di più: l’eventuale abbattimento delle paratoie della diga di Nova Kakhovka ubicata più a monte comporterebbe l’allagamento del capoluogo con onda potenzialmente letale, impantanando i pesanti mezzi militari ucraini impiegati nella riconquista territoriale. La controffensiva di Kherson si trasformerebbe in un incubo per Kiev. Terrorizzato da questo scenario, il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelens’kyj (Zelensky) ha tuonato che qualsiasi tentativo di far saltare in aria la diga della centrale idroelettrica – inondando vaste porzioni di territorio e prosciugando la centrale nucleare di Zaporižžja (acqua necessaria al raffreddamento dei reattori) – «significherebbe che Mosca ha dichiarato guerra al mondo intero».
Terzo, impossibilità di garantire servizi essenziali ai civili. L’impossibilità di garantire i servizi di base (riscaldamento, elettricità, acqua potabile) durante l’inverno, a causa dei bombardamenti ucraini e dei blackout programmati, ha spinto i decisori politici di Mosca a optare per la deportazione di massa degli abitanti di Kherson verso i territori occupati a est. L’evacuazione si è conclusa con successo, riscontrando una certa collaborazione da parte della cittadinanza. Segno che i civili rimasti negli ultimi mesi nel capoluogo occupato (filorussi, collaborazionisti, apolitici, rassegnati) non nutrono un aprioristico odio viscerale per l’occupante, tanto da seguirlo senza opporre resistenza nel ripiegamento. La mossa di trasferire la popolazione locale prima dell’imminente assedio ucraino possiede una valenza propagandistica piuttosto marcata: Mosca tutela i civili diligenti (evacuazione di Kherson), mentre Kiev approfitta cinicamente della loro presenza (scudi umani a Mariupol’); ciò che i russi fanno oggi con un estuario di mezzo, non è stato fatto dagli ucraini ieri con i corridoi umanitari. Un elemento cognitivo che verrà sicuramente valorizzato dalla propaganda moscovita sia per convincere il popolo russo della giustezza dell’operazione militare sia per incipriare la pessima immagine di crudele aggressore agli occhi della cittadinanza più stanca (e quindi più accondiscendente) dei territori occupati. In questo senso vanno lette le parole di Putin pronunciate il 4 novembre (Giornata dell’unità nazionale della Russia): «I civili non dovrebbero subire bombardamenti, misure offensive, controffensive e altre attività militari». D’altronde, una città non è fatta di soli mattoni, ma anche di persone; conquistare un centro urbano vuoto non ha alcun valore sostanziale, soprattutto se risulta impossibile reinsediarvi altre persone fedeli a causa di bombardamenti ravvicinati e assenza di comodità basilari. Le Forze armate russe “svuotano” oggi con largo anticipo Kherson, mentre altre città dell’Ucraina libera saranno probabilmente costrette a emulare l’azione russa in condizioni di ritardo. È il caso della capitale Kiev (3 milioni di abitanti), per la quale è allo studio un piano di evacuazione di massa in caso di blackout totale durante la stagione fredda.
Quarto, efficientamento delle risorse militari (motivo principale). La campagna bellica della Russia è contraddistinta da una carenza allarmante di uomini al fronte. Secondo lo Stato maggiore Usa i soldati russi uccisi o feriti dall’inizio dell’invasione supererebbero i 100 mila, numero simile alle perdite ucraine. Le centinaia di migliaia di uomini mobilitati dalla Russia nelle ultime settimane non sarà inoltre operativa sul campo di battaglia prima del 2023. Ma la pressione ucraina si sente ora. Ecco perché il generale Surovikin ritiene essenziale salvaguardare il più possibile la vita dei militari attualmente al fronte in attesa dei rinforzi. Spostare le unità combattenti dalla logisticamente scomoda testa di ponte a ovest del Dnepr in aree meglio difendibili e rifornibili è una mossa lucida, volta a non compromettere l’intera campagna bellica. Conservare parzialmente intatti i reparti operanti sul fronte sud è mossa propedeutica alla loro riarticolazione per una futura offensiva in altre direzioni. Le colonne di camion registrate sull’autostrada M14 che costeggia il Mar d’Azov non trasportano solo materiale utile alla costruzione di fortificazioni militari lungo la porosa linea di contatto, ma anche prefabbricati e strumentazione necessari al trasferimento dei cittadini russi mobilitati nelle regioni parzialmente occupate e annesse alla Federazione.
Nessuna motivazione elencata esclude le altre tre, bensì le integra.
Postscriptum
Le posizioni delle controparti non sono cambiate
Mosca: “Pronta a dialogo senza precondizioni”
“La Russia è aperta al dialogo sull’Ucraina senza precondizioni”: lo ha detto il Viceministro degli Esteri russo, Sergej Ryabkov. “Non posso che confermare la posizione del passato”, ha detto, sottolineando che l’ulteriore sviluppo della situazione non dipenderà dal Cremlino: “La situazione è esattamente come prima: il futuro non dipende da Mosca, è stato Kiev che ha interrotto il dialogo”.
Kiev: «Dopo Kherson la guerra continua, nessuno vuole congelarla»
Dopo la liberazione di Kherson, la guerra in Ucraina continuerà poiché l’esercito ucraino non ha alcuna intenzione di congelare il conflitto. Lo ha affermato il Segretario del Consiglio nazionale di sicurezza e difesa dell’Ucraina, Oleksiy Danilov, come riporta Ukrinform. “Non possiamo congelare nulla. Non siamo un frigorifero. Dobbiamo liberare i nostri territori indipendentemente dal tempo, indipendentemente dalla stagione. Non possiamo perdere nessuna tappa perché la nostra gente è lì e vediamo come sta soffrendo”, ha detto Danilov.
Foto di copertina: questa mattina sono apparsi diversi video del ponte Antonovsky di Kherson, che è stato bombardato per mesi dalle forze armate ucraine, con i lanciarazzi Himars forniti dagli Stati Uniti. Le munizioni di precisione Gmlrs per gli Himars, quelle cioè di cui dispongono le forze armate ucraine, fanno piccoli crateri. Un taglio così netto del ponte sembra causato da un diverso tipo di artiglieria o di esplosivo.Il reporter filorusso Alexander Sasha Kots dice che il ponte “è stato con tutta probabilità fatto saltare durante il ritiro dalla sponda occidentale a quella orientale del Dnipro”. Il giornalista ucraino Konstantin Ryzhenko, citato dall’agenzia Unian, afferma che “a giudicare dalla natura del danno, è stato fatto saltare in aria dai Russi”.---
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