I dati per stabilire la fascia di rischio delle regioni arrivano solo domani. Governo in difficoltà.
“Oggi non si terrà la conferenza stampa prevista per le 16”. A metà mattina dal ministero della Salute informano che i dati del monitoraggio settimanale del venerdì questa settimana non verranno diffusi. Di conseguenza salta il consueto punto di aggiornamento previsto alle porte del fine settimana. La notizia di per sé non è di quelle che fanno sobbalzare sulla sedia. Ma si inserisce in un momento di grande confusione nel governo dopo la decisione di dividere l’Italia in tre zone di rischio e nel quadro delle pesanti frizioni con alcuni governatori che ancora oggi rende caldissima la discussione.
Una fonte vicina al dossier minimizza: “Sono un po’ in ritardo con i dati, ma oggi arrivano, li processano e domani ci diranno”. Ma un uomo di governo spiega che ai problemi tecnici, che pur in qualche misura ci sono, si aggiunge una ragione di opportunità politica: “Oggi sono entrate in vigore le zone rosse in Lombardia, Piemonte e Calabria, e quelle arancioni per Sicilia e Puglia”. E quindi? “Quindi sono state collocate in quelle fasce di rischio secondo i dati del monitoraggio della cabina di regia di venerdì scorso. Sarebbe stato imbarazzante dover eventualmente correggere il tiro ad appena ventiquattr’ore di distanza”.
Al netto della vagonata di posizioni strumentali delle ultime ore, è il cuore del contrasto tra i presidenti e il governo. Perché l’ultimo report sistematizzava e rendeva noti i dati della settimana compresa tra il 19 e il 25 ottobre. “Dati vecchi”, la sintesi della protesta di Regioni come Lombardia e Calabria, che non tenevano conto dei potenziali effetti positivi delle misure restrittive che il Pirellone ha messo in campo un paio di settimane fa.
Avendo oggi in mano i dati, si sarebbe inoltre determinata la paradossale situazione di dover valutare l’istituzioni di altri eventuali zone arancioni e rosse conseguenti al generale peggioramento della situazione epidemiologica negli ultimi dieci giorni, proprio nel giorno in cui le prime misure sono entrate in vigore.
Il governo per tentare di placare le polemiche ieri ha reso pubblici e diffuso i ventuno indicatori che, presi nel loro insieme, definiscono automaticamente la “colorazione” di ciascun territorio. “Si tratta di un lavoro complesso, di dettaglio - ha spiegato oggi Roberto Speranza riferendo alla Camera -per mettere nelle condizioni migliori la cabina di monitoraggio di svolgere il suo lavoro. Ciascuna Regione viene classificata sulla base dell’incrocio dei parametri”. Il ministro della Salute in tutti questi mesi di pandemia forse non è mai stato così duro nel difendere il proprio lavoro: “I criteri di sui parametri sono stati condivisi con le Regioni in due sedute congiunte di lavoro, che si sono svolte il 29 e il 30 aprile. Da 24 settimane i 21 parametri di riferimento vengono utilizzati senza che una sola Regione abbia mai eccepito sul modello o sugli esiti delle elaborazioni conseguenti, né mai una voce in dissenso si è sollevata dal Parlamento del nostro paese”.
Una fonte dell’esecutivo spiega: “Il meccanismo è lineare e chiaro, ogni settimana verrà fatto un aggiornamento, ci consente di creare un automatismo che vada oltre le valutazioni politiche”. Ammette che “il problema non è quello che avverrà dal prossimo monitoraggio, ma la confusione che c’è stata, in tempi e modi, nell’arrivare a definire le prime divisioni di zone, con una comunicazione che di certo non ci ha aiutato”. Dunque lo slittamento aiuta, almeno un po’, a prevenire e stemperare un’altra eventuale ondata di polemiche. Il punto di caduta rimane invariato, semplicemente posticipato di un giorno: da domani, probabilmente, si inizierà a parlare dello slittamento di altri territori nelle fasce di rischio più elevate.
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