"Spesi 12 miliardi di fondi pubblici, desecretare i contratti. Gli Stati facciano cartello o non avranno controllo su prezzi e distribuzione.
“Oltre 12 miliardi di dollari in fondi pubblici sono stati spesi per la ricerca su 6 vaccini anti-Covid, quelli che più probabilmente saranno disponibili dai primi mesi del 2021. Eppure non sappiamo nulla dei dettagli dei contratti che vengono stipulati dalle autorità pubbliche con le case farmaceutiche: sono segreti. Significa non poter controllare il prezzo delle dosi, per esempio”. Ma il “prezzo” è solo uno degli elementi della ‘storia distorta’ che Stella Egidi, responsabile medico di Medici Senza Frontiere, ci racconta in questa intervista. “Gli Stati dovrebbero fare cartello e ricorrere alle licenze obbligatorie, previste dal Wto, in caso di gravi emergenze nazionali, per importare un vaccino anche senza il consenso del titolare del brevetto, pur pagandogli alcune royalties. Servirebbe a ridurre il potere delle case farmaceutiche”. Altrimenti è “una gara tra ricchi, con il resto del mondo escluso: almeno per tutto il 2021, il 60 per cento della popolazione mondiale sarà esclusa dai vaccini”.
Contratti segreti, nessun potere di controllo da parte dei cittadini.
Sì. Anche per l’emergenza covid si sta ripetendo lo scenario che abbiamo sempre denunciato per altre malattie ogni volta che la situazione richiede un farmaco o uno strumento diagnostico nuovi per curarle. E’ successo per l’epatite C, per esempio. Solo che adesso il quadro è ancora più drammatico, perché siamo di fronte ad una pandemia che non riguarda poche decine di migliaia di persone, ma tutti noi. Vediamo due grossi problemi e due ambiti importanti su cui intervenire: da una parte, le aziende farmaceutiche; dall’altra, quello che possono fare gli Stati, l’autorità pubblica.
Prego.
Da un lato, ci sono le aziende farmaceutiche e le loro strategie per ottenere finanziamenti e assicurarsi una fetta di mercato. Sanno che avranno un mercato soprattutto nei paesi occidentali e infatti i grossi accordi li stanno facendo con gli Stati Uniti e l’Unione Europea. Funziona così: i paesi anticipano il pagamento di una certa quota di dosi, che sono così prenotate.
Dunque, quando la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen annuncia un contratto con Pfizer per 200 milioni di dosi, significa che queste dosi sono già dell’Europa, prenotate e pagate per il momento in cui arriveranno sul mercato.
Sì. Ma naturalmente non abbiamo i dettagli, non sappiamo se i pagamenti saranno dilazionati per esempio. Sappiamo solo che ci siamo impegnati a comprare 200 milioni di dosi e che abbiamo ‘opzionato’ altre 100 milioni di fiale. Ma, a parte questo dettaglio, noi insistiamo sulla trasparenza. Il pubblico deve conoscere perché la conoscenza è la base per poter contestare condizioni che non riteniamo eque. Non sappiamo troppe cose e, per iniziare, un dibattito che ambisca a essere equo deve fondarsi su documenti pubblici. Le case farmaceutiche non mostrano il minimo di trasparenza sui dettagli relativi ai costi sostenuti per la ricerca, lo sviluppo e la produzione dei vaccini: senza questi elementi, è difficile per il pubblico poter denunciare eventuali speculazioni sul prezzo.
I contratti sono segreti in tutto il mondo?
Sì tranne che in un caso. La Fiocruz, fondazione brasiliana che si occuperà della produzione di una parte dei lotti di AstraZeneca, ha reso pubblico il contratto. Bene. Ma quello che emerge non è molto positivo. Per esempio: gli accordi presi terminano a luglio 2021, come se potessimo decidere ora, a priori, che l’emergenza finirà a luglio 2021.
Incredibile, soprattutto se si pensa che addirittura il Patto di stabilità e crescita, che imponeva vincoli di bilancio agli Stati Ue, è sospeso per pandemia ‘sine die’, ma almeno per tutto il 2021. L’incertezza regna, tranne che per le case farmaceutiche evidentemente.
Per loro è anche un business. Per AstraZeneca, stabilire una scadenza al contratto significa riservarsi il diritto di trattare diverse condizioni di vendita a proprio vantaggio nel prossimo futuro.
Però una parte della responsabilità è degli Stati.
Gli Stati e le Organizzazioni internazionali dovrebbero garantire che i criteri di distribuzione del vaccino siano definiti a livello internazionale e tengano conto degli Stati più poveri che non hanno un potere negoziale perché non possono anticipare soldi per l’acquisto delle dosi. Per questo motivo, per tutto il 2021 se non per tutto il 2022, almeno il 60 per cento della popolazione mondiale verrà tenuta fuori dal vaccino, indipendentemente dalle categorie vulnerabili.
Ma gli Stati, le istituzioni europee hanno a loro disposizione delle contromosse? Possono difendere l’interesse pubblico in qualche modo?
Sì ed è la stessa Organizzazione mondiale del Commercio a fornire delle possibilità. Gli Stati potrebbero fare cartello e far sentire la propria voce per garantirsi le dosi a condizioni eque per tutti il pianeta, non solo per i Paesi più ricchi e con una industria farmaceutica sviluppata. Potrebbero far ricorso alle cosiddette ‘licenze obbligatorie’, previste dai trattati commerciali gestiti dall’Organizzazione mondiale del Commercio che si occupa anche del rilascio dei brevetti. Significa che in caso di grave emergenza nazionale, uno Stato può importare il vaccino senza il consenso del titolare del brevetto, pur garantendogli il pagamento di alcune royalties. Finora solo India e Sud Africa hanno fatto ricorso alle licenze obbligatorie. Germania e Cile si sono espresse a favore ma non hanno intrapreso azioni per garantirsi.
Forse perché hanno un’industria farmaceutica nazionale sulla quale poter contare.
Certamente, la Cina soprattutto farà per sè. Ad ogni modo, se il ricorso alle licenze obbligatorie fosse adottato da più Stati, il potere contrattuale delle case farmaceutiche si ridurrebbe. Se ci fosse un fronte compatto da parte degli Stati su questo punto, sarebbe possibile garantire un maggiore accesso ai vaccini a prezzi più equi perché, di fronte al rischio di dover accettare licenze obbligatorie ovunque, le case farmaceutiche accetterebbero condizioni negoziali più vantaggiose per noi. E invece si sta combattendo una gara tra ricchi, con il resto del mondo che è tagliato fuori: giocano Europa e Stati Uniti.
In sostanza, finora gli Stati le stanno solo finanziando la ricerca senza pretendere molto, messi all’angolo dalla pandemia.
Finora sono stati investiti più di 12 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo, sperimentazione e produzione dei 6 possibili vaccini per il Covid-19 sviluppati da AstraZeneca/Oxford University (oltre 1,7 miliardi di dollari), Johnson&Johnson/BiologicalE (1,5 miliardi di dollari), Pfizer/BioNTech (2,5 miliardi di dollari), GlaxoSmithKline/Sanofi Pasteur (2,1 miliardi di dollari), Novavax/Serum Institute of India (quasi 2 miliardi di dollari) e Moderna/Lonza (2,48 miliardi di dollari). Sono i 6 vaccini che probabilmente saranno disponibili dai primi mesi del prossimo anno e sono quelli su cui tutti gli Stati tanno mettendo le mani. AstraZeneca ha addirittura dichiarato diverse volte che lo sviluppo del vaccino non avrà alcuna implicazione finanziaria sull’azienda poiché ‘le spese per lo sviluppo del vaccino sono sostenute dai finanziamenti di governi e organizzazioni internazionali’.
E invece il responsabile ‘Strategia’ della tedesca BioNTech, Ryan Richardson, due giorni fa, in un forum online del Financial Times, ha detto che loro non dipendono dai fondi pubblici e che soprattutto dovranno garantire i privati che hanno investito, aumentando i prezzi delle dosi laddove il capitale di rischio è stato maggiore. Eppure la Biontech ha avuto 100 milioni di euro dalla Banca Europea per gli Investimenti e 375 milioni di euro dal governo tedesco.
Infatti, non è vero che non dipendono dai fondi pubblici. Ed è questa l’arma che dovrebbe darci la forza di chiedere contratti pubblici e non secretati.
L’americana Pfizer però non ha voluto i soldi di Trump, quando era alla Casa Bianca. Loro puntano tutto sul mercato, con buoni frutti evidentemente. E’ di oggi la notizia che il Ceo di Pfizer Albert Bourla ha venduto oltre 132mila delle sue azioni della casa farmaceutica incassando per un valore di 5,6 milioni di dollari, lo stesso giorno in cui Pfizer ha annunciato il potenziale vaccino per il coronavirus. E Bourla è non l’unico ad averlo fatto in azienda. Dal punto di vista legale, si può. Dal punto di vista etico, vuole commentare?
E’ chiaro che quello farmaceutico è un mondo dove le motivazioni non sono ‘umanitarie’ e nessuno pretende che lo siano. Per loro è un business, ma ci deve essere un limite alla speculazione quando le conseguenze toccano la vita e la salute di miliardi di persone.
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