È arrivata un’altra letterina da Bruxelles. Non è Natale, ma è la consueta procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea ai danni dell’Italia. Di che cosa si tratta?
Il golden power nel mirino
Nel mirino di Ursula von der Leyen è finita la normativa conosciuta con il nome golden power e che permette allo Stato italiano di intervenire bloccare o apporre particolari condizioni a specifiche operazioni finanziarie, che ricadano nell’interesse nazionale nei settori ritenuti strategici.
“Pur essendo intesa a salvaguardare la sicurezza nazionale e l’ordine pubblico questa normativa, così come applicata dalle autorità italiane, rischia di consentire interventi ingiustificati per motivi economici, che compromettono i principi di libertà di stabilimento e di libera circolazione dei capitali all’interno del mercato unico. Inoltre, la normativa italiana si sovrappone alle competenze esclusive della Banca Centrale Europea nell’ambito del Meccanismo di Vigilanza Unico”.
La Commissione europea ha tenuto a sottolineare che la procedura di infrazione non è adottata per interventi specifici, ma contro la normativa in senso generale. Tuttavia ci sono diversi aspetti di questo intervento a gamba tesa che non tornano.
Perché l’UE interviene solo ora?
La normativa sul golden power in Italia è stata introdotta il 15 marzo 2012, sotto l’esecutivo tecnico guidato da Mario Monti. La stessa normativa è stata poi modificata per l’ultima volta il 21 marzo 2022, sotto un altro Governo tecnico, quello di Mario Draghi. Come mai l’Unione europea si sveglia ora contro una norma che esiste da 13 anni ed è stata modificata da ben tre anni?
A meno di non credere ad uno strano caso di narcolessia diffusa negli uffici di Bruxelles, bisogna ragionevolmente pensare che qualche episodio recente sia andato di traverso all’esecutivo di Ursula von der Leyen.
Bruxelles non vuole poli bancari italiani
E il pensiero non può non andare allo scorso aprile 2025, quando il Governo Meloni ha utilizzato parte dei poteri del golden power per intervenire nell’acquisizione di Banco BPM che Unicredit si apprestava a fare. In quel caso il Governo italiano aveva posto a Unicredit una serie di condizioni per portare a termine l’acquisto, tra queste il ritiro delle attività della banca presenti in Russia entro nove mesi. Alla fine Unicredit ha preferito sfilarsi, lasciando Banco BPM libera di essere acquistata da altri.
E sulla stessa banca ha messo gli occhi proprio Monte dei Paschi di Siena, detenuta dal gruppo Delfin, dalla famiglia Caltagirone e per il 4% delle azioni anche dal Ministero dell’Economia. Ed è forse questo che non viene accettato da Bruxelles, da quelle parti non piace la possibilità di vedere un polo bancario italiano e in parte partecipato dallo Stato....
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