Appello contro il riarmo di tre ex governatori toscani e Bindi: “Non si decide sull’onda dell’emozione e senza coinvolgere i cittadini”.
Per Enrico Rossi, Claudio Martini, Vannino Chiti e all'ex ministra quella del governo è una scelta "eticamente inaccettabile e politicamente sbagliata". Tra i promotori anche l'imam di Firenze Elzir, il gesuita messinese don Felice Scalia e poi altri politici del Pd e della Cgil. Una di loro, ex segretaria del partito a Pistoia, si dimette dopo il voto dei dem sull'invio delle armi
Oltre a Chiti tra i promotori ci sono anche gli ex presidenti della Regione Toscana Claudio Martini e Enrico Rossi, l’ex ministra Rosy Bindi, l’imam di Firenze Izzedin Elzir, l’ex sindaco di Pisa Marco Filippeschi, religiosi e esponenti del mondo universitario. L’appello parte dalla Toscana ma assume un carattere nazionale. Tra i promotori infatti ci sono Walter Tocci, ex senatore Pd e vicesindaco nella giunta romana di Francesco Rutelli, l’ex sindaco di Brescia Paolo Corsini, la marchigiana Silvana Amati, senatrice del Pd fino al 2018, il siciliano Antonino Mantineo e il gesuita messinese Felice Scalia. In poche ore oltre 2mila le adesioni all’appello. Tra i primi ad aderire spiccano i nomi di Valerio Pelini, ex direttore generale della Regione Toscana, il sindacalista della Cgil Mirko Lami, noto per le sue battaglie in difesa delle Acciaierie di Piombino, e l’esperto di flussi elettorali Antonio Floridia.
L’aumento delle spese militari, si legge nell’appello, “non ha niente a che vedere con il diritto dell’Ucraina di difendersi dall’aggressione della Russia né con il nostro dovere di sostenerla: il collegamento strumentale che viene fatto per meglio far accettare la scelta di una crescita dei fondi per gli armamenti rischia anzi di determinare un indebolimento del sostegno popolare alla causa dell’Ucraina. Decisioni relative alle spese militari non possono essere prese sotto la pressione di emozioni del momento (come sta facendo l’Amministrazione Biden con un aumento del 4% della spesa militare nel budget per l’anno fiscale 2023, giustificato ‘per rispondere con forza all’aggressione di Putin contro l’Ucraina’) e soprattutto senza il coinvolgimento dei cittadini in un reale confronto pubblico. Gli Stati democratici hanno il dovere di garantire anche la nostra sicurezza collettiva, ma nel nostro tempo essa non si realizza attraverso una corsa nazionale al riarmo e occorre che non sia in contrasto rispetto alla necessità di assicurare beni pubblici primari, quali il diritto alla salute, all’istruzione, al lavoro, all’ambiente, al superamento di povertà e disuguaglianze“.
L’appello, precisano i promotori, non riveste una valenza politica, ma in realtà mette in luce le divisioni all’interno del Pd. Dove l’ex segretaria del Pd di Pistoia Daniela Belliti (figura tra i dieci promotori dell’appello) ha deciso di dimettersi dal partito in segno di protesta per le posizioni sulla guerra, a cominciare dal voto a favore dell’aumento delle spese militari. “E’ stata una decisione necessaria e irreversibile a causa della posizione assunta e tenuta dal Pd sulla guerra in Ucraina. Prima il sostegno incondizionato all’invio delle armi alla resistenza ucraina, poi la tetragona convinzione che si debba rispettare l’impegno, assunto in sede Nato, di aumentare le spese militari fino al 2% del Pil, hanno evidenziato, nella forma e nella sostanza, una distanza incolmabile dai valori nei quali credo”, scrive la Belliti al segretario del Pd di Pistoia. Qui tra due mesi ci saranno le elezioni comunali e nel centrosinistra si temono ripercussioni sul voto.---
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