Nel 1950, mentre lavorava per la CIA, il 

criminale contro l’umanità Stepan Bandera 

scriveva: «La linea generale della nostra politica 

di liberazione è basata sul fatto che la lotta per 

uno Stato ucraino indipendente è una lotta 

contro la Russia, non soltanto contro il 

bolscevismo, ma contro ogni imperialismo 

espansionista russo, connaturato al popolo 

russo. Se anche il bolscevismo fosse sostituito 

da un’altra forma d’imperialismo russo, esso 

dispiegherebbe comunque tutta la propria forza 

contro l’Ucraina indipendente per asservirla. Il 

popolo russo supporta questo imperialismo. 

Farà di tutto pur di mantenere l’Ucraina in 

schiavitù. Lo dimostrano il pensiero e i 

sentimenti politici della massa russa, di qualsiasi 

ambiente russo, sia comunista sia 

antibolscevico.»

In un precedente articolo ho dimostrato come e perché durante la guerra fredda l’MI6 e la CIA si allearono con i banderisti ucraini. Uomini e donne che avrebbero dovuto essere giudicati a Norimberga erano diventati soldati nell’ombra, al servizio dei vincitori per alimentare la propria ossessione contro la Russia.

A seguito delle reazioni di molti lettori, vorrei spiegare come i banderisti si siano impossessati dell’attuale Ucraina, per poi riprendere e proseguire per proprio conto la seconda guerra mondiale in diversi Paesi. Ma vorrei soprattutto mostrare come nel 2000 questi fanatici siano passati dallo status di suppletivi a quello di truppe d’assalto USA. Hanno stipulato un patto con gli straussiani contro la Russia. Questo patto ha portato all’odierna guerra.

BANDERISTI INTERNI E ALL’ESTERO

Quando l’Unione Sovietica vacillò, i dirigenti banderisti interni uscirono allo scoperto ed entrarono nella legalità. Alcuni erano sopravvissuti alla seconda guerra mondiale e ai disordini che ne seguirono (1945-1950). Nel 1954 furono graziati da Nikita Krusciov (sovietico ucraino) e furono recuperati dal sistema. Entrarono nell’amministrazione comunista, ma conservarono legami tra loro e con i banderisti all’estero, cioè quelli del Blocco Anti-bolscevico delle Nazioni (ABN) [1] e della Lega Anti-Comunista Mondiale (WACL) [2].

Mentre l’URSS vacillava, un gruppo di studenti, alcuni dei quali banderisti, a ottobre 1990 organizzò un movimento sulla piazza Maidan (allora Piazza della Rivoluzione d’Ottobre) per opporsi a ogni forma di sodalizio con la Russia. Il movimento fu chiamato “Rivoluzione di Granito”; un periodo di grande confusione intellettuale. In quel momento molti ucraini non credevano che i russi condividessero il loro desiderio di disfarsi del regime sovietico. Molti pensavano che l’URSS fosse una delle forme dell’imperialismo russo e che i russi avessero tentato di distruggere l’Ucraina.

Il 24 agosto 1991, quando l’Ucraina proclamò la propria indipendenza, i banderisti uscirono in generale allo scoperto. Non si presentarono certo come ex collaboratori dei nazisti che avevano commesso crimini contro l’umanità, ma come “nazionalisti” e militanti antisovietici. Occupando posti importanti riuscirono a far firmare ai giovani coscritti un documento in cui s’impegnavano a combattere la Russia in caso di conflitto. Nel 1992 organizzarono anche una manifestazione pubblica nelle strade della capitale, cui parteciparono settemila persone, per celebrare il 70° anniversario dell’esercito banderista; vi erano anche i banderisti rientrati in Ucraina dall’estero.

Slava Stetsko, vedova dell’ex primo ministro 

imposto dai nazisti, Yaroslav Stetsko, apre la 


sessione della Verkhovna Rada. Conclude 

l’intervento al grido della loro parola d’ordine 

«Gloria all’Ucraina!».


Fonte: ABN.

LA RIORGANIZZAZIONE DEI BANDERISTI (1990-1998)

I banderisti dell’interno (OUN-B) si ripartirono prima nel Partito Nazionalista Sociale d’Ucraina (SNPU), successivamente in Svoboda (Libertà), mentre i più agguerriti fondarono l’Assemblea Nazionale Ucraina e la Milizia di Autodifesa del Popolo Ucraino.

I paramilitari di Andriy Biletsky (il “führer bianco”) si separarono amministrativamente da Svoboda e fondarono una propria organizzazione. Ma Svoboda non cambiò. La piattaforma del partito continuò ad affermare di voler «liquidare fisicamente senza processo tutta l’intellighenzia russofona e abbattere rapidamente tutti gli ucrainofobi». Il partito cominciò a schedare filo-russi, filo-rumeni, filo-ungheresi, filo-tatari, perché «queste mandrie dovrebbero essere ridotte di cinque, sei milioni di individui».

La milizia di Autodifesa del Popolo ucraino era presieduta da un banderista all’estero, Yuriy Shkhevych, figlio di un criminale contro l’umanità tristemente famoso. Il gruppo s’impegnò con la CIA nelle guerre contro i russi, spesso a fianco degli islamisti. La loro presenza accanto ai georgiani in Abkhazia (1998) è contestata, ma dimostrata accanto ai rumeni in Transnistria (1992), con la legione araba di Osama bin Laden in Jugoslavia (1992-95), con gli azeri nel Nagorno-Karabakh (fino al 1994), ma soprattutto accanto agli islamisti durante la prima guerra di Cecenia.

Diversi combattenti sono stati identificati dalla procura russa; fra loro Igor Mazur, Valeriy Bobrovich, Dmytro Korhynsky, Andriy Tyahni-bok (fratello di Oleh Tyahnibok’s), Dmytro Yarosh, Vladimir Ma-malyga e Olexandr Muzychko, che si sono distinti sia per il valore come soldati sia per la crudeltà. L’Emirato islamico Ichkeria (Cecenia) ha innalzato Olexandr Muzychko a rango di “eroe nazionale” per aver «rotto le dita degli ufficiali [russi], strappato loro gli occhi dalle orbite, le unghie e i denti, e per averne uccisi tanti altri». Muzychko è diventato capo della guardia personale dell’emiro Kjokhar Doudaïev.

Il 6 maggio 

1995, pochi 

mesi dopo la 

sua elezione, 

Leonid Kuchma, 

secondo 

presidente della 

nuova Ucraina, 

si recò a 

Monaco per 

incontrare 

Slava Stetsko e 

il gruppo degli 

esponenti 

dell’ABN. Poté 

così beneficiare 

del sostegno 

discreto degli 

Stati Uniti per la 

liberalizzazione del Paese.


Fonte: ABN.

Il Blocco Antisovietico delle Nazioni (ABN), la cui sede è rimasta a Monaco, nei locali della CIA, ha aperto degli uffici a Kiev.

Nel 1994 la presidente dell’ABN, Slava Stetsko, nonché vedova del primo ministro nazista Yaroslav Stetsko, si presentò alle elezioni legislative. Venne eletta, benché non avesse la cittadinanza ucraina, indi rieletta nel 1998 e nel 2002.
Come decana presiedette le sedute di apertura della Verkhovna Rada del 19 marzo 1998 e del 14 maggio 2002. Per l’occasione, applaudita dai suoi pari (ad eccezione dei deputati comunisti, che lasciarono l’aula), pronunciò discorsi di elogio di Stepan Bandera e di Yaroslav Stetsko, concludendo al grido della loro parola d’ordine: «Gloria all’Ucraina!». Morì a 82 anni, il 12 marzo 2003 a Monaco.

L’ASSASSINIO DI GEORGIY GONGADZE 


(2000)

Nel periodo in cui fu presidente [1994-2005] Leonid Kuchma privatizzò il più possibile. Le ricchezze si concentrarono nelle mani di 13 individui, gli oligarchi, raggruppati in tre clan (Donetsk, Dnipropetrovsk e Kiev), che ben presto divennero più potenti dei politici. Questo sistema, tuttora in essere, priva gli ucraini della sovranità e intorbida le acque.

Nel 2000 il giornalista Georgiy Gongadze, che dapprima combatté in Georgia a fianco dei banderisti e che in seguito condusse inchieste sulla corruzione del presidente Kuchma e del suo entourage, scomparve. Il suo corpo fu ritrovato decapitato e cosparso di diossina per renderne difficile l’identificazione. Nell’occasione il presidente della Verkhovna Rada diffuse registrazioni di una conversazione del presidente Kuchma con il capo di gabinetto e il ministro degli Interni a proposito di come mettere a tacere Georgiy Gongadze. La fine della presidenza Kuchma fu patetica.

A fine 2000 l’ambasciatore statunitense Lev E, Dobriansky (leader dei banderisti statunitensi) organizzò una conferenza bipartisan a Washington sulle relazioni bilaterali Usa-Ucraina: vennero pronunciati 70 discorsi e vi lavorarono 12 commissioni. La delegazione repubblicana era guidata dallo straussiano Paul Wolfowitz, quella democratica da Zbignew Brzezinski.
Wolfowitz parlò per primo. Dopo aver manifestato soddisfazione per la liquidazione da parte dell’Ucraina delle armi nucleari e la chiusura della centrale di Chernobyl, come anche per l’adesione al Partenariato per la Pace della Nato, annunciò lo sblocco di un prestito dell’FMI di 2,6 milioni di dollari e l’intenzione di Washington di fare pressione sull’Unione Europea per l’ingresso dell’Ucraina nella UE. Ma soprattutto sottolineò come la Russia continuasse a essere una potenza imperialista. Lo dimostrava la guerra in Cecenia in cui combattevano i banderisti, che perciò andavano sostenuti nella loro lotta contro la Russia.
Brzezinski invece mise a confronto l’Ucraina con la Russia per sottolinearne il carattere più democratico e meno corrotto. Perorò a lungo perché si cessasse di considerare l’Ucraina uno Stato post-sovietico, e la si considerasse invece un Paese europeo pronto per l’ingresso nel circolo chiuso dell’Unione Europea.
Fu pronunciato l’inevitabile: i banderisti, alleati durante la guerra fredda, erano riconosciuti alleati degli Stati Uniti nel mondo unipolare in formazione.

LA RIVOLUZIONE ARANCIONE (2004)

La successione alla presidenza non avrebbe modificato l’equilibrio tra i clan. Kuchma (clan Dnipropetrovsk) finì col ripiegare sulla candidatura del suo primo ministro Viktor Janukovych (clan Donetsk). Quest’ultimo vinse le elezioni, che però furono oggetto di una vivace contestazione, alimentata dal clan di Kiev (sostenuto dalla National Endowment for Democracy - NED [3]). La consultazione fu annullata. Alla seconda votazione venne eletto Viktor Iushchenko. Fu la cosiddetta Rivoluzione Arancione.

Tuttavia la nuova formazione si fratturò rapidamente: da una parte i sostenitori di Viktor Iushchenko e dall’altra i sostenitori di Iulia Tymoshenko. I banderisti approfittarono della divisione interna all’oligarchia per spingere più avanti le proprie pedine nei due campi contrapposti.

Bis repetita: nel 2002 Slava Stetsko apre di 

nuovo la sessione della Verkhovna Rada: 

«Gloria all’Ucraina!»


Fonte: ABN

L’8 maggio 2007, a Ternopil, su iniziativa della CIA i banderisti dell’Autodifesa del Popolo ucraino e gli islamisti crearono un “Fronte antimperialista” contro la Russia, sotto la presidenza congiunta di Dmytro Yarosh e dell’emiro d’Ishkeria, Dokka Umarov. Vi aderirono organizzazioni di Lituania, Polonia, Ucraina e Russia, fra cui i separatisti islamici di Crimea, Adighezia, Dagestan, Inguscia, Cabardino-Balcaria, Carachai-Chercessia, Ossezia, Cecenia. Non potendo presenziarvi a causa delle sanzioni internazionali, Dokka Umarov inviò un intervento scritto. Il ministero del Reich per i Territori occupati dell’Est di Alfred Rosenberg e l’ABN di Stepan Bandera ritornavano in vita sotto altre sembianze, protetti dallo Stato ucraino.

Nel 2010 la divisione del clan di Kiev favorì l’elezione di Viktor Janukovych. Costui sostituì al sistema dei clan la propria famiglia, che collocò nei posti strategici dello Stato. Era ormai più importante coltivare buoni rapporti con uno dei suoi familiari che rappresentare uno degli oligarchi. Poco alla volta l’intera vita politica ed economica fu sotto il controllo dal presidente Janukovych attraverso la sua formazione politica, il Partito delle Regioni. Cinque oligarchi esclusi dal sistema si allearono con gli Straussiani e i banderisti per riprendere il potere.

In questo periodo tuttavia la propaganda martellante abituò gli ucraini ai banderisti, ora finanziati dall’oligarca ebreo Ihor Kolomoyskyi. Nel 2011 riuscirono a far approvare una legge che vietava la commemorazione della fine della seconda guerra mondiale perché vinta dai sovietici e persa dai banderisti. Ma il presidente Viktor Janukovych si rifiutò di promulgarla. Furiosi, i banderisti attaccarono il corteo degli ex combattenti dell’Armata Rossa, massacrando di botte dei vecchi inermi. Due anni dopo, le città di Leopoli e d’Ivano Francisk abolirono le cerimonie della Vittoria e vietarono qualsiasi manifestazione di esultanza. Alla fine del mandato, il presidente Janukovych proclamò Stepan Bandera “eroe nazionale”.

Quando il Partito comunista si meravigliò che un ebreo, Kolomoyskyi, finanziasse dei neonazisti, il Comitato degli ebrei d’Ucraina gli rispose che aderiva a una nuova versione dell’affermazione antisemita secondo cui sono stati gli ebrei ad aver portato i bolscevichi al potere e che sono stati sempre gli ebrei ad aver scatenato la seconda guerra mondiale.

Durante la Rivoluzione della Dignità (2014), il 

misterioso capo 


del Settore Destro (Pravy Sector), Dmytryo 

Yarosh, è 



presentato alla folla in piazza Maidan, a Kiev. 

Come si può 

vedere, gli ucraini lo accolgono bene e 

riprendono i suoi 

slogan. La sequenza si conclude al grido della 

parola d’ordine 

dei banderisti: «Gloria all’Ucraina!» («Slava 

Ukraina!»).
Mentre la Rivoluzione della Dignità non è 

ancora terminata, i 

banderisti organizzano a Kiev una fiaccolata in 

onore del 

criminale contro l’umanità Stepan Bandera: non 

sono più un 

gruppuscolo.

LA RIVOLUZIONE DELLA DIGNITÀ, COSIDDETTA EUROMAIDAN (2014)

Nel 2014 la straussiana Victoria Nuland, aiutata da banderisti addestrati sui campi di battaglia, organizzò la Rivoluzione della Dignità. Si tratta di avvenimenti a tutti noti, quindi non li riprendo. Questa volta diventò presidente un oligarca, Petro Poroshenko. I posti ufficiali furono abusivamente occupati dai banderisti. Un terzo dei ministri provenivano da Svoboda o dalla milizia di Autodifesa del Popolo Ucraino. Andrij Parubiy divenne segretario del Consiglio Nazionale per la Sicurezza e la Difesa mentre Dmytro Yarosh ne divenne il vice. Il nuovo regime vietò immediatamente la lingua russa, sebbene parlata in famiglia da oltre il 40% della popolazione.

Rifiutando questo capovolgimento della storia, la Crimea votò per la propria indipendenza e aderì alla Federazione di Russia; gli oblast del Donbass, di Donetsk e di Lugansk si dichiararono invece autonomi.

Il presidente ucraino Petro Porochenko non 

intende mettere in atto gli Accordi di Minsk. 

Vuole privare i concittadini del Donbass 


dell’accesso ai servizi pubblici, fino a quando gli 

terranno testa.

A marzo 2014 l’Assemblea Nazionale Ucraina e la milizia di Autodifesa del Popolo Ucraino cambiarono nome e divennero il Settore Destro, guidato da Dmytro Yarosh e Andriy Biletskiy.

Ad aprile 2015 la Verkhovna Rada dichiarò i membri dell’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (OUN) «Combattenti per l’indipendenza». La legge fu promulgata a dicembre 2018 dal presidente Poroshenko. Gli ex Waffen SS ebbero diritto retroattivamente alla pensione e a ogni genere di beneficio.

I programmi scolastici furono modificati per fare imparare ai bambini una nuova storia: la seconda guerra mondiale non è finita, terminerà presto con la disfatta della Russia e il trionfo dell’Ucraina.

I banderisti imposero un po’ ovunque la loro legge, come le Sezioni di Assalto (SA) naziste degli anni Trenta. Entrarono nei tribunali per minacciare i giudici, nelle amministrazioni per costringere sindaci e governatori. La loro angheria più nota fu l’incendio della Casa dei Sindacati di Odessa [4].

Nessuno mostrò molta preoccupazione nemmeno quando Irina Farion, deputata di Svoboda, dichiarò «Abbiamo una sola strada: distruggere Mosca. È per questo che viviamo, per questo siamo venuti al mondo: per distruggere Mosca. Per distruggere non soltanto i moscoviti sulle nostre terre, ma è l’intero buco nero che minaccia la sicurezza europea che deve essere cancellato dalla terra.»

Il 24 ottobre 2016 il presidente Poroshenko 

cambiò lo 

stemma dei servizi segreti: ora vi è raffigurata 

una civetta che 

tiene una spada puntata contro la Russia e 

inciso il motto «Il 

saggio regnerà sulle stelle».

L’ELEZIONE DI VOLODYMYR ZELENSKY 


(2019)

L’oligarca ebreo e sponsor dei banderisti, Ihor Kolomoyski, lancia il comico Volodymyr Zelensky in politica. Diffonde la serie televisiva Servitore del Popolo interpretato da Zelensky, poi gli organizza un partito politico e infine lo presenta alle elezioni presidenzial

Durante una lezione di comunicazione politica, Alexej Arystowitsch, consigliere per la comunicazione strategica del presidente Zelenski, chiede: «Come barare? Chi sa definirne i principi?». Non ricevendo risposta afferma: «Bisogna dire esattamente il contrario. Se siete forti, dimostrate di essere deboli. Se siete vicini, dimostrate di essere lontani. Se siete lontani, dimostrate di essere vicini. Bisogna fare il contrario della situazione reale. Si noti che non è una domanda banale. Come barare bene? Che direzione occorre prendere per barare bene e con successo? Per dirla in termini scientifici: ingannare».

Il programma di Zelensky si riassume in sei punti:
 Decentramento del potere conformemente alle norme europee.
 Trasformazione delle amministrazioni pubbliche in prefetture di tipo europeo.
 Innalzamento del livello di vita degli ucraini sopra la media europea.
 Adozione delle leggi necessarie per un accordo di associazione tra l’Ucraina e la UE.
 Sviluppo della cooperazione con la UE e la Nato.
 Riforma delle forze armate conformemente alle regole Nato.

Gli ucraini apprezzano la crociata di questo giovane attore contro la corruzione, sedotti dal suo sogno europeo senza capire il reale significato della sua ammirazione per la Nato. Così il 21 aprile 2019 lo eleggono con il 73% dei voti.

A marzo 2021 la città di Ternopol, poi l’oblast di Leopoli danno un nuovo nome ai loro stadi, in onore del generale Roman Shukheyych (padre del fondatore della Milizia di Autodifesa del Popolo ucraino) e di Stepan Bandera.

Il 1° luglio 2021 il presidente Volodymyr Zelenski promulga la legge sui popoli autoctoni di Ucraina. Salvo disposizione contraria, i cittadini di origine russa non possono più invocare i diritti umani davanti ai tribunali.

Il 2 novembre 2021 Dmitryo Yarosh è nominato consigliere del comandante in capo delle forze armate ucraine, generale Valerii Zaluzhnyi. Tutte le organizzazioni paramilitari banderiste, ossia 102 mila uomini, sono incorporate nelle forze armate ucraine. Viene elaborato un piano d’attacco alla Crimea e al Donbass. La Nato, che ha già istruttori militari sul posto, invia armi.

Il 24 febbraio 2022 il presidente russo Vladimir Putin attacca l’Ucraina per «denazificare il Paese».

Traduzione
Rachele Marmetti