Il leader del Pd e governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, in collegamento con l'Aria che tira il 3 febbraio scorso minimizzava sul coronavirus: "L'influenza stagionale, quella sì che causa decessi..."
Cristina Verdi
"In questo momento nella nostra regione ci sono circa 85mila pazienti con l’influenza stagionale, quella sì che causa decessi, e due con il coronavirus, questo dà la dimensione di quanto l’allarmismo sia infondato".
Così parlava Nicola Zingaretti lo scorso 3 febbraio, ospite de L’Aria che Tira, il programma condotto da Myrta Merlino, in onda su La 7. Esattamente un mese dopo proprio lui ha dovuto annunciare con un video postato sui social network di essere positivo al coronavirus, mentre nella Regione Lazio sono stati chiusi scuole, locali notturni, centri benessere, palestre, e in generale tutti i luoghi di aggregazione....
Parola d’ordine rallentare il contagio per evitare il collasso degli ospedali già messi a dura prova da anni di tagli al personale e ai posti letto. Insomma, appena un mese fa il governatore del Lazio parlava di "eccesso di allarmismo, o di isterismo in alcuni casi", mentre oggi il Paese si prepara a scenari apocalittici.
"La situazione è complessa", aveva detto ai microfoni di La 7. Ma la psicosi, aveva ribadito, è "abbastanza ingiustificata". Ad un mese di distanza queste parole suonano emblematiche di fronte alle immagini delle città vuote e di una nazione sull’orlo del collasso. È lo stesso governatore del Lazio ad essere stato colpito da quel virus, il cui potenziale forse, alla luce delle frasi pronunciate un mese fa, è stato sottovalutato anche dagli esperti.
Nella stessa trasmissione il virologo Roberto Burioni assicurava che in Italia il rischio contagio era pari a "zero". "Il virus non c’è e il contagio al momento non è possibile, dobbiamo stare tutti un po’ tranquilli", rassicurava la conduttrice citando l’esperto in collegamento con lo studio. "Le do un dato che conferma quanto ha detto Burioni - rispondeva Zingaretti - nella nostra regione ci sono circa 85mila pazienti con l’influenza stagionale, quella sì che causa decessi, e due con il coronavirus".
E invece l’Italia si è trasformata nel secondo Paese al mondo per numero di casi, con 7.375 infettati, e il secondo al mondo per numero di vittime, con 366 morti. Ed ora è lo stesso virologo che un mese fa minimizzava sul rischio che il Covid-19 si diffondesse a macchia d’olio nel nostro Paese a rivolgere accorati appelli alla popolazione perché si rimandino "cene fuori, aperitivi, concerti" e ci si tenga tutti a distanza di sicurezza.
"Restate a casa" è l'imperativo categorico, visto che, ha detto Burioni ospite ieri a Che tempo che fa, "paragonare questo virus a un'influenza è come paragonare un petardo a una bomba a mano". Fortuna che soltanto un mese fa in Italia non ci sarebbe stato neppure il minimo rischio che il virus si diffondesse.
Insomma, sono bastate poche settimane a far cambiare completamente la percezione del problema. Chissà che le stesse istituzioni, oltre che gli esperti, non lo abbiano sottovalutato.
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