martedì 17 marzo 2020

Coronavirus, Zaia: «Tamponi in Veneto? Li farò a tappeto. Del bilancio non mi importa»

Coronavirus, Zaia: «Tamponi in Veneto? Li farò a tappeto. Del bilancio non mi importa»


Il governatore: anche se trovo un solo positivo avrò dieci 

contagiati in meno. Se in commercio non ci sono, li 

facciamo noi.

Presidente Zaia, il Veneto va per conto suo?
«Abbiamo solo fatto una scelta diversa. Tamponi a tappeto. Il tema è questo. Per carità, nessuna polemica con l’autorità centrale e nessuna rivendicazione di autonomia, non ora almeno».

Ma...
«Se la comunità scientifica mi dice che non servono, e io invece sono convinto che siano utili, ebbene, continuo a farli».

Con quale utilità?
«Cominciamo da quella più evidente. Anche se trovo un solo positivo, significa che avrò 10 contagiati in meno».

Aumento dei tamponi da tremila a 11.300 al giorno. Chi paga?
«Noi. La Regione. Del bilancio mi importa poco, vale sempre meno della vita dei miei concittadini. Non mi faccia dire che me ne frego dei soldi, ma insomma ci siamo capiti. Tutto a spese nostre»...



Tutto o quasi?
«Abbiamo un sacco di imprese e di singole persone che ci danno i soldi».

Dove li trovate i tamponi?
«Ce ne sono pochi. Anche noi ne abbiamo comprati centomila, ma le aziende li distribuiscono con il contagocce. Quindi, li facciamo in casa».

In che modo?
«Con tecniche di laboratorio. A farla breve, si prepara il brodo, così viene chiamato, che sostanzialmente è reattivo, e lo si mette in una provetta sterile».

La differenza con il resto d’Italia?

«Stiamo usando tamponi già imbevuti, con dentro il liquido di reazione. Come bere acqua minerale o farsela dopo con la polverina. Non è mica una cosa da stregoni. Per i tecnici di laboratorio è una prassi regolare».
Perché il Veneto sì e gli altri no?
«Ogni sanità è un modello e una storia a sé. Un abito sartoriale per la propria comunità. E poi noi abbiamo avuto l’esperimento di Vo’ Euganeo».

Cosa ha insegnato?
«Quando ho deciso il doppio tampone per tutti a distanza di due settimane, apriti cielo. Mi hanno detto di tutto ma è stato fondamentale».

Quali sono stati i risultati?
«Su tremila tamponi, abbiamo trovato un cluster di 66 positivi più altri diciotto che non erano del paese ma avevano avuto contatti con persone infette. Quasi tutti asintomatici. Dopo la quarantena, ne abbiamo fatto un altro. E siamo rimasti con solo sei positivi».
Tirando le somme?
«Se non avessimo fatto i tamponi a tutti, a Vo’ ci sarebbe stata una epidemia. Se per assurdo fai il test a una intera popolazione, quanto meno hai una istantanea di chi è necessario isolare».

Il Veneto come una gigantesca Vo’ Euganeo?
«Magari potessi. Ci limitiamo a ricostruire i contatti di una persona trovata positiva e sintomatica, e poi li sottoponiamo a loro volta al tampone. Siamo a quota 40mila in tutta la Regione: 2.700 postivi asintomatici, e ne abbiamo isolato altre 7mila che hanno avuto contatti con loro».

In gergo tecnico la possiamo definire una pesca a strascico?
«È l’accusa che mi viene rivolta dal nostro mondo scientifico, a parte poche voci isolate».

Lei cosa risponde?
«Mi sembra fondamentale e determinante anche per noi la voce autorevole dell’Oms, che ha appena detto che servono tamponi per tutti».

Un modo per dire che ha scarsa fiducia nella comunità scientifica nostrana?
«Massimo rispetto per tutti, davvero. Ma è lo stesso mondo che non ci ha dato alcuna indicazione mentre il Corona virus stava arrivando. Molti suoi membri dicevano che era una semplice influenza. Altri che la mascherina va portata solo dalla persona sintomatica».
Lo facevano apposta?
«Certamente no. Ma la verità dietro tante versioni contrastanti è che non ci sono mascherine, come è venuto fuori in questi giorni. Sarebbe stato più corretto dirlo subito».

Per carità, nessuna polemica...
«Davvero. Qui nessuno è l’oracolo di Delfi. Rispetto la comunità scientifica e il suo libretto di istruzioni. Ma per inseguire questa bestia, forse serve anche creatività, nei limiti delle regole imposte. Ricordo che all’inizio, citando il modello Wuhan, ci era stato detto che ai pazienti sarebbe stata sufficiente la respirazione non invasiva, con il ventilatore portatile. Si è visto come è andata».

Come andrà, piuttosto?
«Non faccio proclami. Ma se domani mattina, volesse Iddio, finisse tutto per miracolo, cosa diremmo a chi ci chiederebbe consigli su come affrontare l’emergenza? Che ci vogliono mascherine, respiratori meccanici, e il numero più alto possibile di tamponi. Esattamente quel che stiamo cercando di fare in Veneto».

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