PS: AIFA Ammette in Tribunale: "...non Abbiamo i Rapporti di Sicurezza sul Siero. Suedtirol". C’è poi un ultimo aspetto…”. Quale ...? “All’atto dell’inoculazione, i vaccinati hanno dovuto prestare il consenso informato. Ma come avrebbe mai potuto essere “informato” un consenso protetto dal segreto industriale?”.
Marco Tosatti...
Carissimi StilumCuriali, offriamo alla vostra attenzione questo articolo – a nostro parere molto importante – apparso su buongiornosuedtirol.it, che ringraziamo per la cortesia. Un altra tessera del mosaico di complicità, illegalità e connivenze che hanno portato all’inoculazione di milioni di persone con un siero genico non testato per il contagio, dai dubbi effetti terapeutici e preventivi, e dai sicuri effetti avversi anche letali. Più rifletto, e più credo che i membri della Corte Costituzionale dovrebbero provare un profondo senso di vergogna quotidiana. Se guardiamo al comportamento di altri giudici . Stati Uniti, Spagna e altri – possiamo renderci conto dell’abisso in cui è sprofondata la nostra magistratura, anche ai suoi livelli massimi, nessuno escluso. Buona lettura.
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La notizia, come spesso accade da tre anni a oggi, è passata sotto silenzio. Tuttavia è a dir poco clamorosa: AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) non possiede le Relazioni intermedie di sicurezza e PSUR (rapporti periodici di aggiornamento sulla sicurezza), rapporti che rappresentano la condizione essenziale per l’immissione in commercio dei vaccini anti-Covid.
Ad averlo ammesso, nell’udienza di questa mattina al TAR Lazio, è stata la stessa AIFA e pertanto vi è stata rinuncia alla domanda cautelare.
La questione era stata sollevata dall’associazione IDU (Istanza Diritti Umani), che aveva provveduto a denunciare AIFA a seguito del suo diniego alla presentazione degli PSUR, dopo un “tira e molla” estenuante.
Della vicenda ci siamo occupati il 24 novembre scorso.
Si ricorda che l’immissione in commercio dei vaccini anti-Covid era condizionata dalla consegna, da parte delle case farmaceutiche ad AIFA, degli PSUR. Tale documentazione, che andava inviata periodicamente all’Agenzia, rappresentava la conditio sine qua non ai fini della vendita dei prodotti vaccinali.
Come stabilito infatti dalle determine AIFA, pubblicate in Gazzetta Ufficiale, gli PSUR (rapporti periodici di aggiornamento sulla sicurezza) costituivano l’elemento imprescindibile per l’immissione sul mercato dei vaccini: in assenza degli PSUR, pertanto, non si poteva procedere alla vendita. La confessione di AIFA al TAR Lazio solleva quindi interrogativi inquietanti: si andrà nel merito, con l’udienza fissata il 31 gennaio 2023, ove il TAR dovrà pronunciarsi sulla sospensione della commercializzazione o meno dei vaccini.
Così l’avvocato Andrea Oddo, uno dei legali di IDU: “La confessione giudiziale di AIFA modifica logicamente e completamente la nostra strategia. Non posso svelare i nostri prossimi passi, ma ora le cose cambiano, perché, se prima noi non avevamo la certezza che AIFA non avesse la documentazione – in un primo momento ci aveva scritto che non possedeva gli PSUR, poi nel video non indicizzato aveva dichiarato il contrario, infine in una corrispondenza successiva che ci concedeva l’accesso agli atti, sebbene di fatto non ci abbia mai consegnato gli PSUR – adesso giudizialmente ammette di non possedere gli PSUR.
A questo punto sappiamo con certezza che non dispone della documentazione: si tratta di un atto processuale che non possiamo ignorare in quanto comporta una serie di conseguenze sotto il profilo amministrativo e penso anche penale.
Cambieremo completamente strategia e andremo a colpire direttamente la vendita, che era condizionata dalla presenza di questi rapporti di sicurezza ed efficacia. Del resto, nel terzo punto del nostro ricorso abbiamo messo in dubbio la vendita, poiché qualora non vi fossero stati gli PSUR, la vendita non sarebbe stata possibile, proprio perché mancava la condizione fondamentale per poter essere posta in essere, dal momento che gli PSUR costituivano la condizione imprescindibile”.
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Qui sotto trovate l’intervista precedente dell’avv. Andrea Oddo, sempre su suedtirol.it.
Ci è stato raccontato per due anni di fila che i vaccini sono straordinariamente efficaci e sicuri. Dai televirologi ai giornalisti, dalle autorità sanitarie a quelle politiche: negli ultimi ventiquattro mesi si è levato un canto unanime, interrotto solo da qualche voce fuori dal coro, sistematicamente redarguita e censurata. Esprimere un’opinione contraria alla narrazione dominante o chiedere semplicemente chiarimenti e spiegazioni ufficiali agli enti garanti della salute nazionale è ormai diventato un enorme problema, a tal punto che qualcuno è dovuto ricorrere alle carte bollate. È il caso dell’avvocato Andrea Oddo, legale di IDU (Istanza Diritti Umani), associazione che include sanitari e cittadini e che si batte per il diritto al lavoro e la libertà di cura. La vicenda è paradossale. L’immissione in commercio dei vaccini anti-Covid era condizionata alla consegna, da parte delle case farmaceutiche ad AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), del “Rapporto periodico di aggiornamento sulla sicurezza”, denominato PSUR, da presentarsi periodicamente. Come stabilito dalle determine AIFA, pubblicate in Gazzetta Ufficiale, gli PSUR costituiscono la condizione essenziale per la vendita dei vaccini. Dopo aver fatto il giro dell’oca da un ente all’altro, richiedendo le informazioni su quei rapporti, l’avvocato si è ritrovato con un pugno di mosche in mano: la documentazione basilare non si trova. E così, mentre in tv e sui giornali è andato in scena il pontificale vaccinale perenne, in cui si spergiurava sull’efficacia e la sicurezza di ciascuna dose, l’avvocato ha deciso di agire. Denunciando AIFA.
Avvocato, riavvolgiamo il nastro e partiamo dall’inizio. Perché avete denunciato AIFA e qual è l’oggetto della denuncia?
“AIFA ha il dovere di certificare la qualità e la sicurezza dei farmaci venduti sul territorio italiano. Dispone di un budget specifico e di uffici preposti a valutarne le condizioni. Sulla Gazzetta Ufficiale sono riportate le determine relative ai vaccini: la loro vendita da parte delle case produttrici ad AIFA è condizionata dalla consegna delle relazioni sull’efficacia e la sicurezza, relazioni denominate PSUR. Tale documentazione doveva essere presentata periodicamente all’agenzia, poiché il farmaco era ancora in fase sperimentale. La natura sperimentale dei vaccini era confermata dal registro di studi clinici, ClinicalTrials.gov, in cui si indicava anche la data di conclusione della sperimentazione. Le relazioni avrebbero dovuto essere consegnate ad AIFA e ad EMA (European Medicines Agency, cioè l’Agenzia europea per i medicinali, ndr) entro sei mesi dall’inizio della vendita dei vaccini. Due PSUR erano dedicati agli eccipienti dei vaccini a mRNA”.
Può illustrarci i dettagli di questi eccipienti?
“Negli eccipienti sono contenuti due nanolipidi, funzionali alla creazione di uno “scudo” protettivo intorno all’mRNA. Prima d’ora tali eccipienti non erano mai stati utilizzati sull’uomo. Anzi, sulla loro scheda tecnica (una delle aziende produttrici è la Cayman Chemical Corporation, ndr), se ne sconsigliava l’utilizzo, sia per uso umano, sia per uso veterinario. Aspetto curioso: quando abbiamo sollevato il caso, la Cayman Chemical Corporation ha modificato la scheda”.
Perché se ne sconsigliava l’uso?
“C’era scritto che potevano essere cancerogeni. Gli PSUR dovevano essere consegnati con cadenza mensile, trimestrale e semestrale. Noi avvocati desideravamo appurare semplicemente l’avvenuta consegna dei rapporti agli enti regolatori. Ci siamo rivolti dapprima al Ministero, che ci ha invitato a contattare direttamente AIFA. Quest’ultima ci ha dichiarato di non essere in possesso degli PSUR, sostenendo che fossero di proprietà delle case farmaceutiche e che avremmo dovuto richiederli ad EMA. Faccio notare che, in un video “non in elenco”, pubblicato su YouTube e trasmesso in streaming nove mesi fa, AIFA ha dichiarato espressamente di aver esaminato questi rapporti. Perciò, delle due l’una: o AIFA mente a noi oppure non li ha esaminati”.
Avete chiesto spiegazioni anche ad EMA?
“Certo! Per diverso tempo EMA ha finto di non comprendere la nostra richiesta. È iniziata una partita a tennis al termine della quale ci ha chiesto di compilare un apposito form. Attenzione: ciascun avvocato avrebbe potuto inviare al massimo due richieste. Comunque, la risposta di EMA si è rivelata a dir poco sorprendente: non ci poteva consegnare i rapporti”.
Per quale motivo?
“Ha addotto il regolamento sulla trasparenza europea, secondo cui se si tratta di problemi di ordine pubblico, inerenti segreti di carattere militare o di rischio default, tale documentazione non può essere inviata, nemmeno se è pubblica, in quanto potrebbe inficiare il processo decisivo”.
E quale sarebbe?
“Non ne siamo a conoscenza. Forse, con questa espressione, ci si riferisce all’autorizzazione definitiva dei vaccini? EMA ha inoltre precisato di non ravvisare un interesse pubblico relativamente all’invio della documentazione richiesta. Com’è possibile una cosa del genere? Da qui il ricorso al TAR del Lazio nei confronti di AIFA”.
Chi è il ricorrente della denuncia ad AIFA?
“Il ricorrente è IDU di Novara, un’associazione che raccoglie sanitari di tutta Italia ed è presieduta da Giusy Pace, infermiera radiata per “comportamento antiscientifico”. Giusy, che ha un coraggio eccezionale, desiderava andare a fondo della vicenda: radiata solo perché voleva conoscere la verità?”.
Perché ha deciso di ricorrere anche al TAR Lazio, che ha fissato l’udienza per il prossimo 2 dicembre?
“Perché AIFA ha posto un diniego: chiediamo al TAR, con un’istanza cautelare, l’annullamento di questo diniego. Dopo l’annullamento sarà possibile, attraverso le istanze di merito, capire se gli PSUR esistano veramente o se AIFA non li ha proprio. Nel ricorso al TAR ho inoltre chiesto che AIFA venga onerata di consegnarci i documenti o, comunque, di trovarli. Non ci siamo rivolti ad AIFA soltanto in rappresentanza di IDU: noi abbiamo richiesto un accesso civico. Se AIFA non dovesse darci i rapporti abbiamo chiesto al TAR di nominare un commissario ad acta, incaricato di cercarli. In alternativa la vendita dei vaccini deve essere sospesa, in quanto la loro immissione in commercio è condizionata proprio dalla presenza degli PSUR”.
Ha provato a chiedere un incontro in presenza, ad AIFA e ad EMA, al fine di chiarire la vicenda, prima di procedere con la denuncia?
“La procedura non prevede incontri in presenza, ma solo richieste di accesso agli atti. Se ciò non avviene, come nel nostro caso, si procede con il ricorso. Va sottolineato, infine, che EMA non ci ha consegnato gli PSUR, ma le certificazioni di qualità produttiva, che non hanno nulla a che vedere con i documenti richiesti. Fra l’altro, 7/8 fogli su 10, riguardanti queste certificazioni, erano “neri”, cioè completamente oscurati. L’aspetto incredibile della vicenda è che ai non vaccinati vengano chieste le motivazioni del loro rifiuto: si tratta di una “diabolica probatio”, con un rovesciamento dell’onere probatorio. Spetta agli enti preposti provare l’efficacia e la sicurezza dei vaccini, non ai cittadini”.
Come giudica il comportamento di AIFA e di EMA? Lei ha denunciato ripetutamente la scarsa collaborazione dei due enti…
“Hanno tergiversato, scrivendoci spesso, ma senza inviarci gli PSUR. Oltre ad averci spedito i fogli “neri”, EMA ci ha inviato i file contenenti informazioni solo su uno dei due nanolipidi. Ovviamente erano “neri” pure questi. AIFA ci aveva suggerito di consultare il sito di EMA, sul quale però era pubblicato soltanto l’abstract, cioè la sintesi, dello studio autorizzativo della Pfizer. Nella richiesta di AIC (“autorizzazione immissione in commercio” condizionata) l’azienda aveva fatto presente che due componenti, cioè i nanolipidi, avrebbero potuto causare problemi: ha precisato che, durante la loro sperimentazione sui ratti, entrambi si “sommavano” nel fegato e che, trattandosi di due dosi, lo smaltimento sarebbe stato più lento. Già, perché lo studio autorizzativo della Pfizer verteva soltanto su due dosi: adesso siamo arrivati alla quinta! Sempre nella AIC, Pfizer sottolineava il fatto che il loro prodotto non era così innovativo, in quanto l’unica novità era rappresentata dall’mRNA. Successivamente si è contraddetta, sostenendo che l’aspetto innovativo era dato dai due nanolipidi. Il prodotto è frutto della sinergia delle tre componenti: l’mRNA e i due nanolipidi. Dulcis in fundo: per mancanza di tempo, Pfizer ha ammesso di non aver potuto condurre altri studi fondamentali, quali quelli sulla carcinogenicità, sulla genotossicità, sulla farmacocinetica, etc. Ma c’è un motivo…”.
Quale?
“Tali studi non sono obbligatori per un vaccino venduto in fase emergenziale. Il trucco è stato far passare come “vaccini” -venduti in situazione emergenziale- farmaci che non riuscivano a superare i test di sicurezza e quindi non potevano avere le necessarie autorizzazioni. Sottolineo che i vaccini non venduti in situazione emergenziale sono invece sottoposti normalmente a vari test, tra cui quelli di cancerogenicità e genotossicità, a differenza di quelli venduti in fase emergenziale. Per far sì che possano essere venduti in situazione emergenziale devono ricorrere due condizioni: una conclamata pandemia e che non esistano altri farmaci in grado di curare la patologia ed un sospetto sorge rispetto agli antinfiammatori, che si sono rivelati efficaci nella cura della Covid. Il Ministero ha resistito al TAR, perdendo la causa: per ovviare ha fatto appello al Consiglio di Stato, che gli ha dato ragione, con il risultato di non considerare gli antinfiammatori nei protocolli di cura. Sono stati immessi solo successivamente. Per far questo è stata modificata la definizione di “vaccino”. Si tratta solo di una questione di soldi. La tecnologia mRNA costa cara alle farmaceutiche, ma a loro non fruttava nulla per via della mancanza di risultati ed autorizzazioni in campo oncologico (la tecnologia era stata concepita per combattere i tumori), quindi l’occasione di sfruttare l’emergenza e convertire questi farmaci in vaccini emergenziali è stata ghiotta!”.
Il fatto che ora i vaccini sono stati autorizzati in maniera definitiva può cambiare le carte in tavola?
“Lo vedremo in futuro, in quanto ci troviamo di fronte a un inedito scientifico. L’autorizzazione definitiva è stata concessa nonostante il trial non si fosse ancora concluso. Chi, negli uffici di AIFA, si assumerà la responsabilità dicendo che gli PSUR non serviranno più?”.
Secondo alcuni ricercatori i vaccini anti-Covid andrebbero considerati alla stregua di farmaci. È d’accordo con questa tesi?
“Assolutamente sì! Ricordiamoci che, per AIFA, non sono correlabili gli effetti avversi che si verificano nel periodo successivo ai quattordici giorni dall’inoculazione. A questo punto dovremmo interrogarci su quale potrebbe essere il monitoraggio degli effetti avversi nel medio e nel lungo periodo, cioè dopo i quattordici giorni. Chi lamenta effetti avversi causati dai prodotti a mRNA può andare anche oltre le due settimane. Nel caso dei farmaci, infatti, per determinare il nesso causale AIFA prende in considerazione un intervallo di tempo più lungo. A differenza dei vaccini tradizionali, i prodotti a mRNA non contengono l’antigene (cioè il virus inattivato, ndr), ma un principio attivo, che è l’mRNA. Proprio per questo vanno considerati alla stregua di farmaci”.
La questione di illegittimità costituzionale dell’obbligo vaccinale è al vaglio della Consulta, che si pronuncerà alla fine del mese. Tale pronuncia potrebbe interferire (direttamente o indirettamente) con le vostre azioni legali?
“Le cause approdate alla Corte contengono lo stesso “petitum” e si basano su una asseverazione di costituzionalità. Noi non abbiamo chiesto tale asseverazione, bensì fatto la richiesta di ottenere gli PSUR, che rappresentano la condizione essenziale per la vendita dei vaccini. Ad ogni modo, la questione al vaglio della Corte e la nostra denuncia sono sinergiche”.
Cosa accadrebbe se, a un certo punto, AIFA ammettesse di avere gli PSUR, ma di non poterveli inviare?
“AIFA potrebbe dichiarare di essere in possesso della documentazione, ma di non poterla diffondere per questioni legate al segreto industriale. Tuttavia il segreto industriale non può mai essere contrario alla tutela della salute pubblica: verrebbero meno gli ultimi cinquant’anni della nostra giurisprudenza. C’è poi un ultimo aspetto…”.
Quale?
“All’atto dell’inoculazione, i vaccinati hanno dovuto prestare il consenso informato. Ma come avrebbe mai potuto essere “informato” un consenso protetto dal segreto industriale?”.
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