Prof. Giovanni Lazzaretti
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Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, il prof. Giovanni Lazzaretti in questo articolo, veramente imperdibile, mette molta carne al fuoco; in maniera apparentemente sconclusionata, ma è carne di ottima qualità, e come per magia alla fine vedrete che tutti i fili si uniscono a comporre un arazzo molto coerente e lineare. E, purtroppo per noi, drammatico. Buona lettura.
Taglio Laser, 18 dicembre 2022, San Malachia profeta
19 dicembre 2022, San Dario di Nicea
«Non siamo insensibili al grido di dolore»
Premessa: se trovate questo Taglio Laser spezzettato e incoerente, vi dirò: «Avete ragione».
Ma forse alla fine…
Preambolo
In un Samizdat del marzo scorso(1) ricordavo l’ovvio di chi guarda le vicende storiche con sereno distacco: un espansionismo della Russia in questo millennio semplicemente non esiste.
Riprendo la sostanza della “espansione” russa:
- riconoscimento di Ossezia del Sud e Abkhazia nei confronti della Georgia;
- riconoscimento della Transnistria nei confronti della Moldavia;
- riacquisizione della Crimea (era Russa fino al 1954) tramite referendum;
- riconoscimento di Donetsk e Luhansk nei confronti dell’Ucraina e inizio della guerra d’Ucraina.
Se le misurate territorialmente, le vedrete per ciò che sono: briciole.
Tutti gli eventi nascono dall’impostazione nazionalistica delle ex repubbliche sovietiche (Georgia, Moldavia, Ucraina), con vessazione ordinaria della componente russa/russofona/russofila
.Se invece questa mia idea la ritenete erronea e preferite attribuire il tutto all’imperialismo russo, dovrete dedurre con sereno distacco che si tratta di un imperialismo minimale e fallimentare.
Naturalmente non è che non ci sia un “pensiero russo” sul mondo.
Qualche giorno fa mi hanno inviato questa cartina che è un po’ il “sogno russo” sugli Stati Uniti.
L’Alaska, venduta agli Stati Uniti il 30 marzo 1867, torna alla Russia.
Gli Stati Uniti vengono divisi in Stati che avranno ognuno una vocazione economica prioritaria (che so: agricoltura, automobili, mass-media, petrolio, vacanze,…), ma che non avranno più quel collante che li trasforma nel gendarme del mondo: il dollaro.
Col dollaro gli Stati Uniti esportano il loro debito(2) e finanziano la loro potenza militare (un terzo delle spese militare mondiali sono statunitensi).
L’elenco degli Stati che hanno patito direttamente la loro potenza militare in questo millennio è lungo e si allungherà: Afghanistan, Bosnia, Iraq, Libia, Serbia, Siria.
L’elenco degli Stati che hanno patito la loro potenza finanziaria è ben più lungo.
Mentre la Russia ha il suo pseudo-imperialismo minimale, gli Stati Uniti sono arrivati a questo punto con la NATO.
Aggiungete Svezia e Finlandia, immaginate l’ingresso dell’Ucraina, e traete le vostre conclusioni.
Gli Stati Uniti stanno circondando la Russia.
Fine del preambolo. Prendetelo come una divagazione, non c’entra niente con ciò che scriverò dopo. O forse sì?
***
Cresciuto a pane & Risorgimento
Sono del 1955, e, come tutti gli amici, sono cresciuto a pane, Nutella & Risorgimento.
Non ci sono stati particolari strappi sull’argomento “Risorgimento” nella mia formazione scolastica. Il mio maestro delle elementari era un vero risorgimentale, con tutto il contorno di racconti e aneddoti coinvolgenti. Amavo molto guardare le cartine, nelle quali un po’ alla volta l’Italia si allargava.
Alle scuole medie non ricordo niente di particolare. Il primo segnale negativo mi venne solo nell’ultimo anno di liceo, quando la professoressa di storia e filosofia citò l’episodio di Bronte, in cui Bixio fece sparare sui contadini.
All’università mi occupai di altro, ma nel 1976 un brano della “lettera ai giudici” di don Milani fece riemergere una vicenda già ascoltata a scuola, alla quale non avevo dato peso: l’Impero Austro-Ungarico ci aveva offerto il Veneto gratis purché non partecipassimo alla guerra del 1866. Soldati mandati a morire per niente.
Un’altra scossa venne da un brano di Cesare Battisti che invitava a non far confusione tra Trentino e Tirolo e sosteneva che sarebbe stata una pazzia pensare di andare al di là di Salorno per portare i confini al Brennero. Confermava i miei pensieri perché, andando sempre in vacanza sulle Dolomiti, mi ero chiesto più volte cosa c’entravano i Sud Tirolesi con l’unità d’Italia.
La notizia dei tre finti cimiteri di guerra (Colle Isarco, Passo Resia, San Candido) collocati in Alto Adige, dove nessuno aveva combattuto, con ossa di morti prelevati da Caporetto, mi diede una forte indicazione sul potere della propaganda organizzata.
Arrivò poi la rubrica “Vivaio” di Vittorio Messori su Avvenire, e qui c’era qualche picconata al Risorgimento molto più decisa, ma si trattava sempre di articoli, non di un libro completo. E poi in fondo ciò che Messori comunicava era che gli eroi risorgimentali non erano santi e che a volte erano stati dei criminali; ma questo fatto, mi dicevo, non si ripete in ogni guerra?
Restai però molto colpito quando, durante un Meeting di CL, per qualche parola sul Risorgimento Messori diventò il “mostro di Rimini”, attaccato da molti giornali e da politici di alto bordo. Come mai una reazione così scomposta?
Nella prima parte degli anni novanta, un libro di Pier Giusto Jaeger, senza essere antirisorgimentale, mi rivelò comunque la dignità dell’ultimo re di Napoli.
Lessi “La conquista del sud” di Carlo Alianello, dove si ribadivano con più forza i concetti di Messori: molti cosiddetti eroi si comportarono da criminali, fino alla fucilazione dei soldati borbonici prigionieri, ultimi difensori di Civitella del Tronto.
Nel 1997 partecipai all’Università d’Estate di San Marino, dove mi capitò di ascoltare la nipote di Carlo d’Austria, ultimo imperatore austro-ungarico.
Poi venne fuori Angela Pellicciari.
Angela Pellicciari
Al Meeting del 1998 in una saletta presentano un libro dell’Ares, “Risorgimento da riscrivere. Liberali & massoni contro la Chiesa”. Probabilmente la presentazione viene collocata in una sala piccola perché l’autrice è una sconosciuta. Eppure parecchie persone “fiutano l’aria” e si presentano all’appuntamento: impossibile entrare tutti.
Anche io e mia moglie restiamo fuori e, chissà perché, non andiamo via. Rimaniamo fuori dalla porta, assieme a un folto gruppo, ad aspettare non si sa cosa. Fatto incredibile: la costanza è tanta che gli organizzatori decidono di fare il bis della conferenza.
Così posso ascoltare questa donna asciutta, un po’ ruvida nel parlare, che in un breve discorso racconta la sua storia, racconta di questo accesso provvidenziale agli archivi della massoneria, e illustra il suo libro dove vengono riproposti i verbali del parlamento subalpino: nel pieno della prima guerra d’indipendenza, quando in teoria c’era altro da pensare, si discuteva della soppressione degli ordini religiosi, contagiati dalla peste gesuitica. L’unità d’Italia nasceva come lotta contro la Chiesa Cattolica.
Questa la sua tesi, descritta in un libro che certo non è stato scritto in fretta e certamente non è stato scritto per vendere: è un vero mattone, ci vuole volontà per leggerlo tutto.
Riemergono le cose scolastiche: «Il Regno di Sardegna, proseguendo nella sua opera di modernizzazione, riuscì ad infrangere gli antichi privilegi, disponendo la soppressione degli ordini religiosi inutili». Non diceva circa così il mio libro di storia?
Ma adesso qualcuno descriveva lo stesso punto con altre parole «Il Regno di Sardegna, nonostante l’opposizione della maggioranza della popolazione e violando la sua stessa Costituzione, soppresse gli ordini religiosi e ne incamerò i beni, privando così di assistenza e istruzione le famiglie più bisognose». Stesso fatto, ma tutto cambia.
Massoneria, che cos’è esattamente? La soppressione degli ordini religiosi era il “biglietto da visita” perché il Piemonte ottenesse l’aiuto delle potenze massoniche europee?
Ci sono ogni tanto quei libri che ti entrano dentro e mandano un po’ tutto in pezzi.
Se una certa cosa è diversa da come te l’hanno presentata, non sarà che anche tutto il resto è da rivedere? Pio IX, il Sillabo, il Regno delle Due Sicilie, il potere temporale, i Mille, il grido di dolore che si leva per chiedere l’aiuto del Piemonte,…
Se non è tutto da riscrivere, è comunque tutto da ripensare.
Il grido di dolore
Angela Pellicciari non si ferma lì. Sforna “L’altro risorgimento. Una guerra di religione dimenticata”, “I panni sporchi dei Mille”, “Risorgimento anticattolico”, “I Papi e la Massoneria”.
A questo punto, grazie al suo lavoro puntuale e appassionato, vedevo il Risorgimento per ciò che era: propaganda.
E una delle frasi che ormai mi parevano più ridicole era quella del “grido di dolore”.
Traggo dalla solita Wikipedia.
Subito dopo l’incontro di Plombières, Cavour redasse il testo del discorso da sottoporre al re, perché lo pronunciasse di fronte al parlamento. Prima, però, il primo ministro ne inviò una copia a Napoleone III. Questi, ritenendolo poco energico, pensò di sostituire l’ultimo periodo con quello che poi entrò nella tradizione storica, il cui testo originale è conservato nel castello di Sommariva Perno.
«Il nostro paese, piccolo per territorio, acquistò credito nei Consigli d’Europa perché grande per le idee che rappresenta, per le simpatie che esso ispira. Questa condizione non è scevra di pericoli, giacché, nel mentre rispettiamo i trattati, non siamo insensibili al grido di dolore che da tante parti d’Italia si leva verso di noi!» (Vittorio Emanuele II, 10 gennaio 1859)
La realtà è che dal popolo italiano non si alzava alcun grido di dolore. Il popolo stava certamente meglio prima che dopo l’unità d’Italia. Questo “pseudo grido” veniva da élite anticlericali-liberali-massoniche che ambivano alla gestione di un’Italia unita.
Basta prendere nota di alcuni macro-dati.
- Stati preunitari sostanzialmente alieni alle guerre (potevano essere invasi, difficilmente avevano smanie aggressive), con la gestione sabauda si trovarono coinvolti in guerre permanenti, e con la leva obbligatoria.
- Stati preunitari in attivo monetario nel 1959 (Lombardia +28, Parma Modena Romagne +26, Regno delle Due Sicilie +6) si trovarono fagocitati dal Piemonte che partiva con un saldo di -91 milioni. Poi arrivarono 523 milioni di spese per la II guerra d’indipendenza (263 milioni per spese di guerra, 180 milioni di indennità all’Austria per la Lombardia, 80 milioni di indennità alla Francia). E si arrivò al “debito unitario” di 2.374 milioni del 1861, debito che venne ripartito per zone: per fare un esempio all’ex Regno delle Due Sicilie, che viveva in attivo e con piena occupazione, toccarono 731 milioni di debito.(3)
- Nei 55 anni del Regno d’Italia fino alla prima guerra mondiale dall’Italia emigrano dai 19 ai 20 milioni di persone. Considerato che il primo censimento del Regno indicava 23 milioni di abitanti, i numeri sono impressionanti.
“Vaccinato” sul grido di dolore, sorrisi penosamente quando il Presidente Napolitano lo tirò fuori per l’attacco alla Libia.
Per la Libia occorre «un impegno che è necessario per la pace, per la solidarietà e per i diritti e la libertà dei popoli». Lo ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, intervenendo all’Arsenale della pace di Torino, dove ha ricevuto il premio «Artigiano per la pace», dalle mani del fondatore del Sermig Ernesto Olivero.
«Oggi servire la pace significa trovare il modo di andare incontro a popolazioni perseguitate, andare a portare aiuto, senza rimanere indifferenti alle sofferenze e alle repressioni. E sappiamo di cosa parlo», ha detto il presidente, secondo cui «la pace è ancora un obiettivo difficile. In Europa la abbiamo costruita e consolidata; oggi l’Europa è in pace, ma non è così nel resto del mondo». (il Sole 24 ore, 19 marzo 2011)
Anche dai libici non si alzava nessun gemito, se non “mediaticamente creato”. Sotto Gheddafi i libici stavano benissimo(4).
Il gemito c’è adesso, visto che prima stavano al 53° posto nella classifica dell’ISU – Indice di Sviluppo Umano (primi in Africa, superiori a 10 Stati europei) e adesso li abbiamo fatti precipitare al 104° posto.
Lo stuolo di La Marmora sui campi di Crimea
L’altra cosa che mi lasciava stranito era il famoso “stuolo di La Marmora sui campi di Crimea”, della canzone dei Bersaglieri.
Ma cosa diavolo ci facevano i Bersaglieri in Crimea? Stando a Wikipedia, andò così.
La guerra di Crimea fu un conflitto combattuto dal 4 ottobre 1853 al 1º febbraio 1856 fra l’Impero russo da un lato e un’alleanza composta da Impero ottomano, Francia, Gran Bretagna e Regno di Sardegna dall’altro. Il conflitto ebbe origine da una disputa fra Russia e Francia sul controllo dei luoghi santi della cristianità in territorio ottomano.
Quando la Turchia accettò le proposte francesi, la Russia nel luglio 1853 la attaccò. La Gran Bretagna, temendo l’espansione russa verso il Mediterraneo, si unì alla Francia ed entrambe si mossero per difendere la Turchia, dichiarando guerra alla Russia nel marzo del 1854. L’Austria appoggiò politicamente le potenze occidentali e il Regno di Sardegna, nel timore che la Francia si legasse troppo all’Austria, nel gennaio 1855 inviò un contingente militare al fianco dell’esercito anglo-francese dichiarando a sua volta guerra alla Russia.
“Casus belli”: una disputa sul controllo dei luoghi santi.
Cosa interessassero i luoghi santi a Stati protestanti e/o anticattolici e/o massonici, non è dato sapere. Ma l’importante è ammantare una guerra commerciale (il controllo del Mar Nero) con qualche ideale.
Perché racconto queste cose?
Perché racconto queste cose?
Perché amo l’Italia così com’è.
- Col suo inno nazionale guerrafondaio che ascolto volentieri, anche se fa riferimento a dei “Fratelli d’Italia” con caratteristiche un po’ particolari.
- Col suo insensato accaparramento del Sud Tirolo e al contempo con l’esempio di autonomia che abbiamo realizzato per il Sud Tirolo.
- Con la sua retorica risorgimentale e i suoi monumenti e vie intitolate a personaggi che, gratta gratta, non erano poi un granché.
- Col piacevole inno dei Bersaglieri in corsa, anche se sono andati a fare danni in Crimea.
Ma il fatto che la ami, non significa che voglio ignorare la storia.
L’unità d’Italia fu fatta da élite che niente avevano a che vedere col popolo, élite sovranazionali e transnazionali che agiscono sempre per interessi “altri”.
Spesso li chiamo semplicemente “loro”.
“Loro”. Che a volte unificano, a volte dividono.
Unificare & dividere
Per come era strutturata l’Italia, l’esito naturale era una confederazione di Stati.
Il problema è che una confederazione non sarebbe mai stata guidata dal Piemonte, lo Stato più marginale e meno italiano di tutti (quanto meno per l’uso della lingua da parte delle élite).
Ma “loro” avevano individuato i Savoia come i capi giusti, e per capire in che senso erano “giusti” basta leggere i libri della Pellicciari.
Dopo la prima guerra mondiale, come mai l’Impero Austro-Ungarico venne smembrato, e la Germania solo decurtata?
Non poteva semmai nascere anche in Germania uno Stato libero di Baviera, per fare un esempio, così come nacque la Cecoslovacchia dall’Impero Austro-Ungarico?
L’Impero Austro-Ungarico venne sfaldato perché era guidato da capi non giusti per “loro”.
Mentre la Germania unita pensavano di poterla controllare, “loro”.
L’URSS non poteva diventare una Comunità di Stati Indipendenti, non comunisti? No, non andava bene a “loro”: sbriciolare e poi mangiarsi le briciole era essenziale. Con tante belle monete autonome, ognuna appetibile merce sul “libero mercato”.
La Jugoslavia? Non buona, a guida serba. Sbriciolare, e fagocitare una serie di pezzi nella NATO. Addirittura riescono a inventarsi lo Stato del Kosovo, “loro”.
La Libia unita sotto Gheddafi? Per carità, un nOmismatico al potere… Guerra permanente tra fazioni.
Per la Siria nelle prime fasi del conflitto era già pronta una spartizione su base etnico-religiosa proposta dagli USA, sostanzialmente per sbriciolare un alleato della Russia.
Viceversa “loro”, attraverso la NATO, “unificano” a più non posso.
E per la Russia, pensate non esista una mappa di spartizione? Ho trovato questa.
Era abbinata a un articolo dove compariva questa citazione.
«Date le dimensioni e la diversità (della Russia), è molto probabile che un sistema politico decentralizzato e un’economia di libero mercato liberino il potenziale creativo del popolo russo e le vaste risorse naturali della Russia.»
«Una Russia vagamente confederata – composta da una Russia europea, una Repubblica siberiana e una Repubblica dell’Estremo Oriente – troverebbe anche più facile coltivare relazioni economiche più strette con i suoi vicini.»
«Ciascuno dei diritti confederati sarebbe in grado di attingere al proprio potenziale creativo locale, soffocato per secoli dalla pesante mano burocratica di Mosca. A sua volta, una Russia decentralizzata sarebbe meno suscettibile alla mobilitazione imperiale.»
(Zbigniew Brzezinski, “Una geostrategia per l’Eurasia”, Foreign Affairs, 1997)
Sarà vero? Non lo so, non sto a indagare.
È verosimile, questo sì.
Perché “loro” hanno sempre i mezzi militari e finanziari per disgregare. E hanno sottomano delle élite di apolidi sempre pronte a prendere il potere quando la disgregazione avviene.
Quando guardate la cartina della divisione degli Stati Uniti che ho messo nel preambolo iniziale capite subito che è una faccenda irrealizzabile.
Anzi, è più che irrealizzabile: è inverosimile.
Talmente inverosimile che è uno scherzo, è stata disegnata da un signore di San Martino in Rio.
Mentre la disgregazione della Russia è verosimile, perché “loro” hanno la potenza militare, finanziaria ed elitaria per farlo.
E quindi credo che la Russia stia combattendo per la sua sopravvivenza, non per un immaginario imperialismo.
Le lacrime del Papa
Il Papa ha pianto a lungo per l’Ucraina.
Niente di strano. Anche mia suocera e io ci siamo messi a dire una decina quotidiana e la preghiera per la pace a seguito della guerra d’Ucraina, e non per le guerre precedenti.
Tutti siamo soggetti ai media, e agiamo (e piangiamo) spinti dalle emozioni più che dai ragionamenti.
La Siria ad esempio non si vede. E, quando la si vede, l’immagine è distorta.
Così desidero riportare una descrizione della situazione siriana, tratta da OraProSiria. La traduzione non mi sembra precisa, visto che appaiono le “sterline siriane”, ma va bene lo stesso per percepire l’ambiente.
martedì 6 dicembre 2022
Il popolo siriano sta morendo di fame. Basta sanzioni!
L’azione deliberata di schiacciare la Siria attraverso le sanzioni è un atroce crimine di guerra.
Il popolo siriano, che patisce indicibili tormenti da oltre undici anni a causa di una guerra iniqua ed efferata, è anche vittima di una vile e crudele coercizione morale e fisica attraverso il ricatto delle sanzioni che impediscono il soddisfacimento dei bisogni essenziali: salute, istruzione, cultura e nutrimento.
Infatti, il cinico ”Caesar Syria Civilian Protection Act”, un vero e proprio strumento genocidiale, fa parte degli strumenti di tortura, insieme all’occupazione USA dei campi petroliferi, agli incendi di campi di grano o al furto dei raccolti, che sta condannando al supplizio un intero popolo civile e valoroso.
Oltre 17 milioni di Siriani in questi giorni patiscono il freddo e la fame; gli ammalati non trovano farmaci; negli ospedali non c’è elettricità sufficiente; genitori non trovano latte per nutrire i loro bambini.
E la situazione diventa sempre più disperata, come riporta da Damasco la giornalista Vanessa Beeley nel messaggio sottostante.
Maria Antonietta Carta
Gli occidentali si lamentano dei propri problemi, ma pensiamo a ciò che la Siria sta attraversando in questo momento.
- Elettricità. Nella maggior parte di Damasco e della regione circostante è erogata solo 30 minuti – un’ora nelle 24 ore. Nel resto della Siria, soprattutto nelle zone rurali, niente elettricità per almeno 3 giorni.
- Scarse prestazioni della rete telefonica fissa e di Internet terrestre a causa della mancanza di carburante per far funzionare i generatori durante il periodo di interruzione di corrente, e persino le torri alimentate dall’energia solare sono quasi spente a causa del tempo nuvoloso.
- La maggior parte delle grandi fabbriche ha ridotto la distribuzione perché i loro mezzi di trasporto non hanno carburante. Molte terranno chiusi i battenti fino alla prossima settimana, paralizzando molte industrie e catene di distribuzione.
- Alcune istituzioni governative non hanno potuto effettuare transazioni elettroniche mercoledì e giovedì per l’assenza di elettricità o di internet.
- Negozi e mercati in tutta Damasco chiudono al tramonto perché non c’è combustibile per i loro generatori.
- I panifici privati hanno ridotto la produzione di pane perché non possono far funzionare macchine e forni.
- I ristoranti hanno ridotto la produzione e servono solo cibi freddi o barbecue per gli stessi motivi.
- Il gasolio e il carburante sono scomparsi anche dal mercato nero, dove 20 litri di carburante B [?] costavano 200.000 sterline [Lire?] siriane (lo stipendio medio è di 150.000, ma la maggior parte guadagna molto meno).
- Quasi tutte le stazioni di servizio sovvenzionate dal governo sono chiuse.
- Le code alle restanti stazioni di rifornimento durano più di 24 ore. Le quantità che arrivano non sono sufficienti per la domanda. C’è comunque una limitazione di 30 litri al mese.
- Esiste un sistema per inviare un messaggio ai proprietari di auto affinché vengano a prendere la loro razione di carburante – ora ci sono ritardi di tre settimane per la ricezione dell’SMS. Prima era di pochi giorni.
- Non c’è il gas domestico (bombole) e quando è disponibile al mercato nero una bombola, per altro di pessima qualità e pericolosa, costa 150.000 Lire siriane e oltre. Prezzo proibitivo per la maggior parte delle persone.
- Fermi i trasporti pubblici. Le strade sono letteralmente vuote. Ciò rappresenta un enorme problema per dipendenti e datori di lavoro perché il personale non può raggiungere il posto di lavoro, ecc.
Undici anni di guerra devastante e sanzioni barbare, disorganizzazione postbellica e confini insicuri. Le sanzioni del Caesar Act puniscono qualsiasi nazione disposta ad aiutare la Siria.
Il popolo siriano sta morendo di fame. Basta sanzioni! Gli Stati Uniti smettano di rubare il petrolio siriano e vadano via dalla Siria. La Turchia vada fuori.
Il “Caesar Syria Civilian Protection Act” qui citato è una delle porcherie del governo Trump (firmato nel dicembre 2019, in vigore dal giugno 2020), che Biden si è ben guardato dal rimuovere.
Il Caesar Act sanziona il governo siriano e il presidente siriano Assad, per crimini di guerra contro la popolazione siriana. La solita solfa: è la risposta dei “buoni” al “grido di dolore”.
L’atto però prende di mira anche uomini e ditte che forniscono finanziamenti o assistenza al presidente della Siria. E quindi sanzionano Russia e Iran, ovviamente.
Il Presidente degli Stati Uniti rinuncerà alle sanzioni se le parti si impegneranno in negoziati significativi e se cesserà la violenza contro i civili.
Il fatto che il Caesar Act sia esso stesso violenza inaudita contro i civili non passa nemmeno per la mente a un americano.
Ma Vanessa Beeley… Sì, lo so.
Vanessa Beeley è un’attivista e blogger britannica nota per aver condiviso teorie del complotto e disinformazione sulla guerra civile siriana e sull’organizzazione di volontariato siriana dei “Caschi bianchi”(5).
“Teorie del complotto e disinformazione” sono semplicemente l’informazione corretta di chi sceglie di non farsi ingabbiare dalla cornice mediatica. E del resto con la Siria basterebbe un “venite e vedete”, per capire come li abbiamo ridotti.(6)
Se dovessimo chiedere in giro «perché la Siria è sotto sanzioni?», nessuno saprebbe rispondere. O direbbero genericamente «perché Assad è un dittatore», come se il mondo non pullulasse di dittatori non sanzionati.(7)
L’orrore siriano creato dall’occidente non fa piangere nessuno. E non fa dire le decine di Rosario al sottoscritto Giovanni(8)& suocera Lilliana.
Perché l’orrore siriano è stato creato da “loro”.
E “loro”, oltre a essere signori della guerra e padroni della moneta, sono anche padroni dei media.
La Siria non si vede. E, quando si vede, “è colpa di Assad”(7). Continuiamo a dirlo anche dopo aver visto all’opera i tagliagole dell’ISIS.
Fine
Il Taglio Laser “spezzettato e incoerente” si conclude qui.
- Sono “loro” che gestiscono moneta, guerra e media.
- Sono “loro” che stabiliscono chi unificare e chi dividere.
- Sono “loro” che scelgono cosa si deve vedere e cosa no.
- Sono “loro” che assegnano le colpe e muovono il pianto.
- Sono “loro” che decidono da dove parte il “grido di dolore”.
Giovanni Lazzaretti
giovanni.maria.lazzaretti@gmail.com
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NOTE
- “Imperialismo immaginario e imperialismo reale”, Samizdat dal Paesello, 25-26 marzo 2022
- Citazione di non so più chi, mi resta solo nella memoria: «I nostri debiti sono denominati in dollari, non in euro o in sterline. Per cui non abbiamo debiti con nessuno. Ci basta far girare i torchi».
- «Ciascuno degli Stati italiani aveva avuto, anteriormente al 1859, una propria politica fiscale e diverse erano le condizioni delle finanze ereditate dal Regno d’Italia. Se ad esempio consideriamo i due regni più importanti, quello di Napoli era finanziariamente solido, con un debito pubblico scarso e imposte non gravose e ben armonizzate, e un servizio di tesoreria semplice ed efficiente; al contrario, nel regno di Sardegna le imposte avevano raggiunto livelli molto elevati, il regime fiscale presentava delle sovrapposizioni, fatte spesso senza criterio, e il debito pubblico era assai forte».
https://www.cronologia.it/storia/a1859a.htm
- Per i dettagli numerici della Libia vedere i Taglio Laser del 2015 “Grazie, Colonnello. Riposi in pace” e “Sette comandamenti per l’immigrazione” // del 2017 “Passeggiando col Colonnello” // del 2018 “San Muhammar Gheddafi martire”.
- Sui “Caschi bianchi” e altro vedere il Taglio Laser n.325 “Assad, c’è posta per te”. Adesso i Caschi Bianchi hanno perso parecchio del loro smalto, e sono sostituiti mediaticamente dall’organizzazione Violet. Stessa zuppa: organizzazioni “umanitarie” a servizio della “cornice mediatica consolidata”.
- Non riesci nemmeno a comprare una tovaglia per far sopravvivere gli artigiani locali. Provare per credere.
- Per avere una diversa visuale su Assad vedere anche i Taglio Laser n.110 “Gli sceneggiatori sono stanchi”, n.202 “San Charbel salvi la Siria”, n.204 “La Libia non ha insegnato nulla”.
- Qualche preghiera la dico, ma non una “liturgia strutturata” come per l’Ucraina.
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