Come già emerso, un’opportunità per una pace tra Ucraina e Russia si era palesata all’inizio, poche settimane dopo l’invasione. Ora il quotidiano americano New York Times torna sulla vicenda riportando alcuni dei punti discussi all’epoca e che, due anni dopo, sono invece ancora tutti irrisolti. Richieste e concessioni che le due parti sembravano disposte ad accettare, quanti meno a trattare, ma che non si è riusciti a concretizzare, anche per effetto delle pressioni di alcuni alleati occidentali.

I documenti esaminati dal Nyt riguardano sessioni di colloqui che si sono svolti da febbraio ad aprile 2022. Ultima ed unica volta in cui funzionari dei due paesi si sono impegnati in colloqui di pace diretti. “Eravamo riusciti a trovare un vero compromesso”, ha detto Oleksandr Chalyi, membro del gruppo negoziale ucraino. “Tra metà aprile e fine di aprile (2022, ndr), eravamo molto vicini a concludere la guerra con una soluzione pacifica”.

I documenti hanno come oggetti principali lo status dei territori ucraini occupati da Mosca e le future garanzie per la sicurezza dell’Ucraina. In un primo momento Mosca ha chiesto il riconoscimento della Crimea come parte della Russia. “L’Ucraina riconosce la Repubblica di Crimea e la città di Sebastopoli come parte integrante della Federazione Russa e, a questo proposito, apporterà modifiche radicali alla legislazione nazionale”, si legge nelle bozze delle trattative. La questione Crimea è stata però poi successivamente esclusa. Altri documenti mostrano discussione su i termini della potenziale adesione dell’Ucraina all’Unione Europea e sull’abrogazione di leggi ucraine limitative della lingua e cultura russa. I negoziatori dell’Ucraina si sono offerti di rinunciare all’adesione alla Nato e di accettare l’occupazione russa di alcune parti del loro territorio, rifiutando però di riconoscere la sovranità di Mosca.

“L’Ucraina non aderisce ad alcuna alleanza militare, non schiera basi militari e contingenti stranieri…”, si può leggere nelle bozze pubblicate dal quotidiano. E ancora: “L’Ucraina, entro 30 giorni dalla firma del presente Trattato, rimuoverà tutte le restrizioni all’uso della lingua russa in qualsiasi area”. Kiev era pronta a diventare uno “stato permanentemente neutrale” che non avrebbe mai aderito alla Nato né avrebbe permesso che forze straniere si stabilissero sul suo territorio. L’offerta sembrava rispondere alla lamentela principale di Putin: ovvero che l’Occidente, secondo Mosca, stava cercando di usare l’Ucraina per indebolire fino a distruggere la Russia.

L’Ucraina ha per contro cercato il consenso della Russia alle “garanzie di sicurezza” internazionali, in base alle quali altri paesi sarebbero intervenuti in sua difesa se fosse stata nuovamente attaccata. Voleva che il trattato si applicasse ai “confini riconosciuti a livello internazionale”. Kiev chiedeva che i suoi alleati fossero vincolati dal trattato a intervenire se fosse stata attaccata, “chiudendo lo spazio aereo sopra l’Ucraina, fornendo le armi necessarie, utilizzando le forze armate per ripristinare e successivamente mantenere la sicurezza dell’Ucraina come stato permanentemente neutrale”.

La Russia chiedeva altresì l’azzeramento da parte dell0Ucraina delle sanzioni contro Mosca imposte dal 2014, e un impegno a sollecitare gli altri paesi a fare altrettanto. L’Ucraina avrebbe dovuto inoltre cedere il Donbass. Tra le altre richieste il divieto “dell’apologia e della propaganda in qualsiasi forma del nazismo e del neonazismo”. I funzionari americani, riporta il New York Times, erano allarmati dalle condizioni poste da Mosca. Negli incontri con le controparti ucraine, un funzionario Usa ha ricordato di aver detto: “Lo capite che si tratterebbe di un disarmo unilaterale, vero?’”.---------