PS: 10 Febbraio, Giornata del ricordo : Non chiedeteci di condividere!
in molti replicano e..."perchè no?"...!
Leggete tutto il post e alla fine esprimetevi........! Grazie.
umberto marabese
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Si comprendono i “ragazzi di Salò” e si accusano i “massacri dei partigiani jugoslavi”, si dedurrebbe anche italiani, visto che sono stati oltre cinquantamila i partigiani italiani che hanno combattuto contro il nazifascismo in Jugoslavia e sono morti in quelle terre per riscattare l’onore di un intero popolo, macchiato e infangato da vent’anni di fascismo e colonialismo contro altri popoli, come quello jugoslavo, che mai nella storia hanno aggredito il nostro paese.
Da destra e da “sinistra”, tutti concordano per la “riconciliazione”, e invece lavorano per rinfocolare odi, rancori, razzismo etnico. Questi signori dimenticano che la riconciliazione c’è già stata: è avvenuta il 25 aprile 1945, con la sconfitta del fascismo, la cacciata dell’invasore nazista e la vittoria della lotta di liberazione nazionale.
Il mito degli italiani “brava gente” è fondato sulla rimozione storica dei crimini di guerra commessi dall’esercito italiano nelle colonie e nei territori invasi e occupati della Seconda guerra mondiale; la nostra storia nazionale è ricca di rimozioni e “dimenticanze” di quello che è stato fatto ad altri popoli e paesi.
Dagli archivi delle Nazioni Unite emerge un dato che dovrebbe far vergognare chi ha proposto la giornata del ricordo per gli avvenimenti, sicuramente tragici e da rispettare per chi fosse perito innocente, delle foibe e dell’esodo: solo per il periodo coloniale e della 2° guerra mondiale i fascisti e l’esercito italiano hanno UCCISO oltre UN MILIONE di persone, di cui 300.000 nella sola Jugoslavia ( tutto documentato dallo storico americano M. Palombo, il cui lavoro “Fascist Legacy” è stato utilizzato anche dalla TV “La 7”).
800 Italiani furono dichiarati “criminali di guerra” dalla “ Commissione per i crimini di guerra delle Nazioni Unite” e mai processati.
Nei campi di concentramento italiani furono rinchiusi più di 100.000 jugoslavi (uomini, donne, bambini, e dove 11.606 vi morirono (quelli accertati).
Quasi 200.000 furono i civili falciati dai plotoni di esecuzione italiani, in quanto “ribelli e banditi”.
Nella sola Istria furono 60.000 gli slavi che in tre anni dovettero fuggire per non essere spazzati via dalla barbaria fascista o deportati nei lager italiani.
I morti accertati nelle foibe sono stati circa 2.000 (e non ci può essere nessun rallegramento di fronte a cifre che trattano di morte), ma va sottolineato che i fascisti e i collaborazionisti col nazismo, in quelle zone furono alcune decine di migliaia, che compirono ogni genere di atrocità e crimini contro la popolazione civile, documentata storicamente in studi, archivi e in alcuni documentatissimi libri che sono a disposizione. Non si può, mediante l’utilizzo di questo fatto revisionare storicamente e ribaltare i processi storici avvenuti e non contestualizzarli. E’ un operazione antistorica e faziosa, senza alcuna scientificità e credibilità, smaccatamente razzista, al di là delle opinioni soggettive.
Tutto deve partire dall’aggressione militare dell’aprile 1941, sbocco di quanto già era stato fatto in termini di snazionalizzazione, vessazione e persecuzione etnica di altri popoli, fino ad arrivare alle vere e proprie deportazioni, dalle infami e criminali politiche fasciste italiane, contro le popolazioni slave da sempre residenti nelle regioni del confine orientale, mischiate e coabitanti al di là dell’aspetto etnico; politica che teorizzava l’espansionismo e lo sciovinismo come obiettivi da conseguire. Senza dimenticare che già nel 1918 furono oltre 500.000 gli sloveni e croati “inglobati” dall’Italia di allora, il vizietto espansionista era quasi un dato di fatto.
Quando una giornata del ricordo e della richiesta di perdono agli altri popoli, in questo caso a quello jugoslavo, per queste vittime innocenti? Questo sì rappresenterebbe storicamente un atto di pace e riconciliazione definitiva.
Perché dover accettare che i carnefici diventino eroi, oltre ad essere vergognoso è anche oltraggioso verso la memoria storica di quella generazione di “ragazzi” che invece di andare a Salò o stare a guardare, è salita in montagna a combattere il nazifascismo pagando con la tortura e con la morte la scelta della lotta per la libertà.
Per noi l’unica giornata del ricordo e della riconciliazione, del riscatto e della distinzione dal fascismo, è, e resta il 25 APRILE, lasciatoci in eredità da quegli italiani che con il loro sangue avevano ridato libertà e dignità all’Italia.
Per questo sottoscriviamo e facciamo nostre le parole e il patrimonio di un italiano partigiano e antifascista, che ha combattuto per la nostra Italia: quella della giustizia e del popolo.
“…La storiografia revisionista si è così riempita di pidocchi revisionisti che pretendono di cambiare gli accaduti, la memoria, la toponomastica, i libri di testo… Quelli che combattevano al fianco dei nazisti…volevano la fine delle libertà. Furono invece i Partiti della Resistenza, a recuperare le libertà…”. I morti “diceva Pavese“ sono tutti eguali: partigiani e repubblichini”….Ma non erano uguali le loro storie, le loro idee. La pietà è una cosa che fa parte del sentimento umano solidale, ma la pietà per le idee non ha senso, non si può avere pietà per le idee barbare, assassine, non si può revisionare l’orrore, si può al massimo dimenticarlo…per pietà”. ( G. Bocca)
Un lavoro di ricerca e di documentazione storica, che permetta a coloro che vogliono approfondire o acquisire strumenti formativi, di reperire dati e aspetti storici spesso poco facilmente reperibili.
Questo il motivo della riproposizione di un vecchio testo editato trentuno anni fa e riguardante fatti del ‘41-’45, e non certo per motivi editoriali o librari, bensì perché la lettura/riproposizione di questo tragico diario, scritto da un cappellano militare italiano, testimone diretto delle efferatezze e crimini compiuti dal fascismo italiano in quelle terre, che accompagnava o portava l’estremo saluto alle vittime della barbaria fascista italiana, a partigiani, vecchi, donne e bambini, ha un valore incancellabile di memoria storica. Questo diario fu pubblicato quattro anni dopo la morte del cappellano e fu tagliato nelle sue parti dove, le efferatezze e i crimini superavano anche la “giustificazione bellica” e testimoniavano crudelmente la più barbara crudeltà, da parte degli occupatori italiani di quelle terre. Scorrendo le già terribili pagine del diario pubblico, possiamo solo immaginare cosa descrivessero le parti “censurate”, a cosa potevano essere arrivati con la ferocia, che don Brignoli aveva descritto, le truppe italiane occupanti. Per questa sua testimonianza, legata semplicemente a un senso di umana pietà e dolore per le vittime, e non certo per simpatie personali o ideologiche, essendo egli un convinto anticomunista, scampò per un soffio alla Corte marziale con l’accusa che già si mormorava di scarsa “italianità”.---
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