Da qualche giorno è stata inaugurata a Tallinn in Estonia la mostra Hetk “(Un istante), nell’ambito della quale quattro vedute dello spazio urbano distrutto da uno scontro bellico, sono esposte su enormi cartelloni pubblicitari nei quartieri popolari, abitati prevalentemente dalla gente di origine russofona.
Le immagini sono collocate accanto ai veri edifici presi come prototipi, per assicurare il massimo effetto visivo.
GLI ABITANTI DEI QUARTIERI POPOLARI DI TALLINN SCIOCCATI E TERRORIZZATI
Il risultato è sicuramente scioccante ma soprattutto inquietante, visto che proietta nell’immaginario collettivo non una verità ma una verosimiglianza che, ovviamente, terrorizza il pubblico.
Secondo le autrici, Andreen Estookin e Rebeca Parbus, era necessario posizionare quelle immagini proprio all’aperto su grandi manifesti pubblicitari per ottenere un risultato “concettualmente così forte”.
Che le immagini rappresentino il risultato di un attacco russo a seguito di un’invasione della Repubblica estone è chiaro a tutti. Non si tratta di un semplice riferimento agli orrori della guerra si tratta, lo anticipiamo, di pura propaganda.
LE MOTIVAZIONI DELLE DUE AUTRICI
Infatti in una intervista sul canale 2 nazionale nello spettacolo mattutino “Telehommik” le due ideatrici hanno parlato della loro mostra contro la guerra “Hetk”, che ha suscitato opinioni contrastanti anche in patria. Secondo le due l’idea della mostra nasce dal fatto “Che non dovremmo dare per scontate la nostra libertà e la nostra indipendenza” e che “La guerra ucraina è iniziata due anni fa e ha colpito anche noi”.
L’OPINIONE PUBBLICA E IL MONDO POLITICO ESTONI SONO DIVISI SUL GIUDIZIO ALL’INIZIATIVA
Questa settimana l’Estonia celebra il suo anniversario dell’indipendenza. il tempismo per esporre queste opere non è casuale perchè avviene in contemporanea con le celebrazioni che segnano la dissoluzione dell‘Unione Sovietica nel 1991. Inoltre il compleanno dell’Estonia coincide con l’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e questo è un assist eccezionale per chi vuole diffondere, nell’ombra delle celebrazioni, la paura verso Mosca.
Dai mezzi di informazione locali si apprende che la mostra ha reso evidente una certa spaccatura nella società estone, a cominciare dalla politica cittadina.
Joosep Vimm, vicesindaco, rappresentante del partito socialdemocratico, non ritiene che spetti al governo della città permettere o vietare quella che lui chiama arte. “Gli artisti hanno libertà creativa in una società democratica e, se il loro desiderio è esprimersi pubblicamente, non è appropriato dire che la discussione dovrebbe svolgersi a porte chiuse. A premere sui punti dolenti della società sono il diritto e la libertà degli artisti“, ha affermato il politico.
Di parere differente è il presidente del Partito di Centro e sindaco di Tallinn, Mihhail Kõlvart, che ha criticato la mostra “Hetk” durante il programma in lingua russa “Tallinn news”.
Secondo il sindaco della città si può discutere su cosa è adatto e cosa no, ma gli artisti, come i rappresentanti di altre professioni, devono avere una specifica responsabilità sociale:
“Secondo me” dice Kõlvart, “non bisogna dimenticare che è pur sempre uno spazio pubblico e qui la gente non ha scelta se vedere quell’opera oppure no. Ma soprattutto: questa non è solo la fantasia di un artista, vengono raffigurate case vere in cui vivono le persone. E cosa dovrebbero provare quelle persone che in questo poster vedono il vuoto invece del loro appartamento una casa distrutta, luoghi dove dovrebbe esserci un soggiorno, una camera da letto o una stanza per bambini?”
“Oggi, mentre la società è davvero preoccupata che da qualche parte sia in corso una vera guerra, che le persone muoiono e le case vengono distrutte, e il livello di ansia è già piuttosto alto, non sembra necessario aumentarlo ancora di più. Le persone capiscono già che viviamo in un mondo in cui sono possibili tutti i tipi di scenari peggiori” prosegue il sindaco della capitale estone.
Ovviamente non è il caso di applicare censure da nessuna parte, mentre è necessario chiamare le cose con il loro nome e non scambiare l’arte con la manipolazione delle menti:
A meno di considerare la manipolazione del pensiero come una vera e propria arte.
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