L’Unione Europea è da sempre stata presentata come un’alleanza solidale: decisioni condivise, aiuto reciproco, niente spazio per i personalismi né egoismi.
Eppure ad oggi, mentre l’Unione approva l’ottavo pacchetto di sanzioni alla Russia, i 27 paesi membri sembrano viaggiare ognuno per la sua strada.
Il motivo appare chiaro: l’UE guida la macchina diretta verso il burrone.
Nel tentativo ultimo di virare il volante, la trattativa per l’ultimo pacchetto è stata più sudata del previsto.
Le “eccezioni” alle sanzioni
Anche se l’Unione fa finta di non saperlo, Russia ed Europa hanno intrecciato nel corso della storia numerosi rapporti commerciali, quindi andare ad interromperli bruscamente, non può che creare un danno alle economie nazionali.
Non è una questione solo energetica, che al momento risulta comunque essere la più impellente, ma in gioco vi sono numerosi altri interessi. Per questo i 27 hanno chiesto di poter fare qualche “eccezione” sulle sanzioni.
L’Ungheria ad esempio non vuole un tetto al prezzo del petrolio russo. Belgio, Repubblica Ceca e Italia chiedono più tempo prima di imporre un embargo sui semi-lavorati di acciaio e ferro. Francia, Germania e Spagna hanno ottenuto delle eccezioni sul titanio ed il Belgio sui diamanti.
Nel complesso però, nonostante qualche piccola pressione, all’Unione si permette di agire indisturbata. In risposta ai referendum in Ucraina, considerati illegali, l’Europa impone il tetto al prezzo del greggio più una sfilza di limitazioni ed embarghi a beni e servizi proveniente dalla Russia.
Per Viktor Orban, presidente dell’Ungheria, si tratta dell’ennesima mossa che impoverisce l’Europa e arricchisce la Russia. Per l’Europa, prima o poi la Russia cederà.
L’asse Belgio-Germania
Nel frattempo i più furbi fra i 27 fanno buon viso a cattivo gioco. Lo scudo da 200 miliardi della Germania, che in teoria non si potrebbe fare a causa della violazione delle norme sugli aiuti di Stato, piace al Belgio, che anzi si complimenta. Questi due Paesi sono complici anche sulla questione del tetto al gas, perché mentre in UE si affermano fortemente contrari, la politica nazionale vira proprio verso l’approvazione di un tetto.
Da un lato quindi l’Unione porta secondo molti, persino secondo l’Economist, il vecchio continente alla recessione. Dall’altro, alcuni stati cercano di salvarsi, contravvenendo beatamente a quel che si dicono su a Bruxelles. Insomma, in tutto questo giochino, l’Italia sembra l’unica a non capirci niente.
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