La Cina varca la “Porta del Mondo della Germania”. Via libera definitivo del governo Scholz all’ingresso del colosso dello shipping Cosco nel Porto di Amburgo. Invece del 35% delle azioni (come previsto nel pre-contratto firmato nel 2021) la società di shipping con sede a Shanghai acquisirà solo il 24,9% del capitale limitandosi alla «partecipazione finanziaria semplice», con gran sollievo dei servizi segreti e dei ministeri federali interessati ultra-contrari all’ipotesi iniziale. Eppure il balzo di Pechino dentro al primo terminal tedesco rappresenta comunque l’ultimo tassello del gigantesco puzzle geopolitico per il controllo del commercio marittimo mondiale.
Una partita strategica che in Europa parte dal Mare del Nord e arriva fin nel cuore del Mediterraneo, dentro i principali porti italiani.
«L’operatore di container cinese non avrà il controllo del porto di Amburgo. L’acquisizione finanziaria non gli consente di esercitare alcuna golden share. Non ci sarà, dunque, nessun condizionamento nella gestione del principale terminal del nostro Paese» taglia corto il cancelliere Spd con le valigie pronte per la visita ufficiale a Pechino. Aveva difeso fin dall’inizio la partnership commerciale che serve anche, e non poco, al made in Germany. Nonostante la copertura cinese sia ormai praticamente totale. Amburgo è l’ottavo investimento in Europa di Cosco e uno dei 100 porti in 64 diverse nazioni direttamente collegati a Pechino.
IERI LA CINA è sbarcata in Germania, ma nel 2021 aveva già conquistato il porto israeliano di Haifa (scalo-chiave per il trasporto marittimo nel Mediterraneo) assicurandosi la gestione per i prossimi 25 anni attraverso la società statale Shanghai International Port Group. Haifa è un autentico avamposto militare: risulta nella lista dei punti di attracco della Sesta Flotta Usa.
Nel 2016 era invece “caduto” il Pireo con la partecipazione di Cosco passata dal 51% al 67%, il 357esimo terminal dei 36 porti gestiti in prima persona dal colosso dello shipping. Sono il risultato pratico della teoria della “Via della Seta Marittima” definita e incarnata dal presidente Xi Jinping. Negli ultimi anni ha visitato più porti che basi militari.
L’INDICAZIONE di Pechino non è certo un segreto: influenza diretta o attraverso gli agenti, oppure i subagenti come nel caso dell’Italia, come si legge sul sito web di Cosco Shipping Lines, operatore portuale con esperienza ventennale: «Il 28 febbraio 2005 a Genova è stata costituita la joint-venture tra Cosco Europe Gmbh e Fratelli Cosulich Spa, tra le più antiche compagnie di navigazione italiane, derivante dallo splitting dell’ex partnership Coscos Srl». Di pubblico dominio anche che Cosco Shipping Lines Italy Srl è l’agente generale in Italia per conto di Cosco Shipping Lines Co. Ltd, filiale di China Cosco Shipping Corporation Limited Shanghai.
È UNA LUNGA CATENA, e una rete capillare che copre qualunque rotta mediterranea: «I nostri principali porti di scalo sono Genova, Napoli, Livorno e La Spezia sul Tirreno e Ancona, Venezia, Ravenna, Rijeka e Trieste sull’Adriatico, da dove accettiamo merci da e per tutte le principali destinazioni mondiali. Sono stati aperti uffici a Napoli e Milano mentre in altri porti è stata organizzata una rete di subagenti per garantire una copertura totale da Nord a Sud e da Est a Ovest».
SONO DINAMICHE di business consuete, accettate in ogni Paese e da tutti i governi, nonostante i porti siano assetti strategici impossibili da rubricare solo alla voce commercio.
Non fa eccezione neppure Washington. Il governo Biden tiene un occhio mezzo chiuso sul ruolo seminascosto di China Merchant Group nella proprietà dei porti di Miami e Houston e Miami attraverso la joint-venture con la società francese Terminal Links. A metà fra il nemico in casa e «È il capitalismo, bellezza».
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